NEWS | Piacenza

Un biscotto proteico per i bambini del Burundi

09 febbraio 2021

Un biscotto proteico per i bambini del Burundi

Condividi su:

È un biscotto ad alto contenuto proteico, semplice e ben bilanciato. E ha un superpotere: è nato per aiutare i bambini del Burundi (ma non solo).

Lo hanno progettato Davide Reggi e Gaia Alessio, laureati con 110 e lode della laurea magistrale in Scienze e tecnologie alimentari dell’Università Cattolica, grazie a una tesi di laurea in Ricerca e Sviluppo svolta presso il DiSTAS (Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari per una filiera agro-alimentare Sostenibile) in collaborazione con Andre’ Ndereyimana, il PhD Agrisystem che cinque anni fa ha dato vita in Burundi, sua terra d’origine, alla Start Up Buslin (Burundi Smallholders Livestock Network), per la lotta alla malnutrizione e alla povertà.

Stimolati dalla sfida lanciata durante una lezione della professoressa Giorgia Spigno da André Ndereyimana nell’ambito del progetto dell’Università Cattolica “C3S, produzione di cibo appropriato: sufficiente, sicuro, sostenibile”, Davide e Gaia non ci hanno pensato nemmeno un secondo e hanno cominciato a lavorare sullo sviluppo di un prodotto alimentare che utilizzasse materie prime semplici e facilmente reperibili in Burundi.

Mettere al servizio quanto imparato in università per un obiettivo che va al di là dell’ambizione professionale: cosa vi ha spinto?

GAIA: «Ho scelto questo progetto di tesi per la componente solidale a livello internazionale che racchiude. Ho potuto creare qualcosa che, oltre a far bene alla salute dei bambini malnutriti, fa bene anche a noi.

DAVIDE: «Vedere un’utilità precisa in quello che faccio mi appaga. Sono concreto, pertanto un obiettivo preciso mi aiuta a lavorare meglio, con più convinzione e impegno. Il fatto poi che fosse legato ad un progetto di solidarietà, e che lavorarci implicava tanta ricerca e curiosità su una cultura a me sconosciuta, le sue usanze e i suoi prodotti mi ha solo stimolato ancora di più».

La vostra tesi sperimentale presenta diversi tratti originali

D. «Abbiamo avuto una possibilità che non capita a tutti: fare qualcosa di diverso e creativo, grazie alle conoscenze tecniche che abbiamo acquisito, ma anche alla curiosità e alle skills di problem solving  maturate in 5 anni di università. La facoltà ci ha essenzialmente lasciato carta bianca. Il dottor Ndereyimana e la professoressa Spigno non ci hanno fornito una strada stretta e diritta da seguire, ma tanti spunti diversi, e la libertà di rielaborarli secondo le nostre idee, andando per tentativi. Una libertà formante, sia per il nostro futuro, ma anche per il nostro presente qui in università».

G. «Senza le conoscenze tecnico-scientifiche imparate nell’aula della professoressa Spigno su un prodotto da forno, sarebbe stato difficile realizzarlo. Il Dott. Ndereyimana ci ha aiutato a calarci nella realtà burundese, che presenta molteplici criticità e difficoltà».

Veniamo al biscotto: dalle 13 ricette sviluppate sono emerse 3 opzioni ottimali: su quali caratteristiche avete puntato. E come arriverà nelle mani dei bambini del Burundi?

G. «I tre biscotti scelti oltre ad essere di piacevole gusto e struttura, raggiungono l’obiettivo prefissato: avere 12% di kcal fornite da proteine (valore necessario per poter definire un alimento “fonte di proteine”). I tre frollini finali hanno tutti gli stessi ingredienti, ma in diversa proporzione. Niente burro nè latte, ma solo materie prime reperibili nel territorio in cui verranno consumati (come farina di frumento, sorgo, riso, patata dolce, farina di arachide e uova come fonte di proteine nobili), per mantenere il costo del biscotto basso e per poter dare un contributo all’economia e all’agricoltura del territorio. Speriamo che piacciano!».

D. «Il biscotto potrà arrivare in Africa attraverso molteplici combinazioni: sia attraverso il Dott. Ndereyimana che rientrerà proprio a fine gennaio in Burundi, sia attraverso il progetto C3S, oppure attraverso aziende italiane che avvalendosi della “responsabilità sociale di impresa”, potrebbero essere interessate a finanziare questa produzione, mediante un impianto pilota in Italia oppure sostenendo uno sviluppo locale».

E adesso cosa vi aspettate? Quali sono le vostre aspirazioni professionali e come questo lavoro di tesi può contribuire a realizzarle?

G e D. «Questa ricerca di tesi ha già portato i primi frutti a livello professionale. Siamo entrati come collaboratori scientifici nel team di lavoro per il “Progetto C3S, produzione di cibo appropriato: sufficiente, sicuro, sostenibile”. Dopo nemmeno un mese dalla nostra laurea, siamo passati da compagni di studi e di tesi a colleghi di lavoro».

Un articolo di

Sabrina Cliti

Sabrina Cliti

Condividi su:

Newsletter

Scegli che cosa ti interessa
e resta aggiornato

Iscriviti