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Uscire dalla crisi investendo nella sostenibilità: tre lezioni pratiche per le Pmi italiane

08 aprile 2021

Uscire dalla crisi investendo nella sostenibilità: tre lezioni pratiche per le Pmi italiane

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C’è un aneddoto che mi ha sempre fatto molto ridere.

Si racconta che un passante, aggirandosi per le strade di New York, chiese indicazioni al celebre violista Jascha Heifetz su come arrivare alla Carnegie Hall¹. Quello gli rispose: “Con la pratica!”.

A dire il vero, la storiella in questione apre il campo a tutta una serie di ragionamenti fondamentali sia per gli imprenditori che per chi ricopre una posizione manageriale. Nello specifico, all’interno di questo articolo vorrei fare una riflessione sul tema dell’apprendimento organizzativo, in particolare quando collegato a progetti di cambiamento e innovazione legati alla sostenibilità². Trovo cruciale fare questo genere di riflessioni adesso poiché il periodo storico che stiamo vivendo richiede una forte capacità di adattamento ad uno scenario in continuo divenire.

Infatti, l’emergenza sanitaria ha messo a ferro e fuoco, oltre che le nostre vite, il modo con cui facciamo organizzazione e la direzione strategica che stavamo percorrendo. Per uscire da questo stallo, il sentimento diffusosi tra molte PMI³ è quello di dover cambiare investendo nella sostenibilità. Ma come è possibile ri-orientarsi e ri-organizzarsi verso la sostenibilità?

Avendo la possibilità di vivere questo mondo dal suo interno da molti anni – in famiglia portiamo avanti un’azienda che produce detergenti ecologici da 45 anni e che esportiamo in 23 paesi nel mondo – ho spesso avuto modo di discutere con consulenti, fornitori, clienti riguardo tematiche di organizzazione e di business in relazione a progetti di sviluppo orientati alla sostenibilità (lancio di nuovi prodotti, nuovi processi produttivi, campagne di comunicazione, ecc.). Non di rado ho avuto la percezione che questi temi vengano affrontati con superficialità. Con questo, non intendo dire che i progetti orientati alla sostenibilità vengano intrapresi con minor professionalità o, tantomeno, come semplice greenwashing.

Intendo, invece, che tende ad essere sottovalutato l’impatto più vasto che questo genere di progetti di sviluppo comporta sull’azienda. Il rischio, infatti, è quello di aprire un vero e proprio vaso di pandora, che, in conclusione, determinerà il fallimento del progetto oppure un suo considerevole ridimensionamento.

Non è mia intenzione quella di trattare sistematicamente le sfide in cui è possibile imbattersi lungo il percorso. Ne ipotizzo una a semplice titolo d’esempio: implementare un nuovo processo all’interno di una funzione organizzativa comporta una minaccia aperta ai rapporti di potere presenti al suo interno – i vecchi detentori del sapere rischiano di essere scavalcati dai nuovi e rampanti specialisti del nuovo processo, minacciando lo status sociale presente – e, pertanto, il progetto potrebbe fallire non a causa della tecnologia, ma perché il conflitto sociale non è stato preso in carico e gestito correttamente.

Vorrei invece concentrarmi sulle fasi del percorso stesso. Infatti, sebbene per ogni realtà l’esperienza di cammino sarà diversa, le ricerche effettuate in questo ambito ci dicono che molto i passi saranno gli stessi per tutti (Thomas & Ely, 1996; Schutz & Hatch, 2003; Mirvis & Googins, 2006). Nello specifico, gli studi evidenziano un andamento tipico che sta dietro al cambiamento organizzativo fondato sull’apprendimento. Nel tentativo di riassumerli, possiamo indicare tre fasi sequenziali.

Fase dell’adesione. Quando un’organizzazione progetta una nuova strategia orientata allo sviluppo sostenibile, tende ad interpretare questi temi – ambientali, sociali, economici – come problematiche sociali e non organizzative. Un’azienda potrebbe quindi decidere di voler ottenere una certificazione di sostenibilità con il semplice scopo di adeguarsi ad un nuovo standard, senza la pretesa di spingersi oltre.

Questo accade anche perché la paura del cambiamento indotto dalla nuova strategia spesso crea una resistenza all’interno dell’organizzazione, motivo per il quale molte aziende non vanno mai oltre questa fase. Ad esempio, seguendo l’esempio del percorso di certificazione, l’irruzione dell’organismo di controllo potrebbe essere vissuto come minaccia al know-how aziendale e quindi indurre dei meccanismi di difesa.

In conclusione, siccome in questa fase l’interesse è limitato agli adempimenti di base, il vantaggio relativo alla transizione alla sostenibilità sarà molto limitato.

Fase dello sfruttamento. Per le aziende che hanno realizzato con successo la prima fase, possiamo immaginare che la riorganizzazione, dopo aver interessato per prime le aree funzionali più dirette (area produzione), cominci ad estendersi anche a quelle prossimali (acquisti, vendite, ricerca e sviluppo). A seguito della certificazione, i venditori cominceranno a proporre il prodotto a nuove tipologie di clienti e porteranno dei nuovi feedback all’interno dell’azienda. La percezione dell’ambiente cambia e, pertanto, verranno sviluppati nuovi prodotti in grado di soddisfare le nuove esigenze cominciando, quindi, a portare i primi segnali positivi dal percorso di sviluppo sostenibile.

Anche qui tuttavia ci sono dei limiti. Utilizzando le parole di Thomas e Ely, l’organizzazione si limita a sfruttare le novità introdotte, ma non le esplora. Infatti, le opportunità che vengono sfruttate in questa fase sono sempre legate alle idee presenti nella strategia iniziale. C’è quindi come un soffitto invisibile che non permette di andare oltre.

Fase dell’esplorazione: Le aziende che arrivano alla terza fase sono quelle che intuiscono dei vantaggi che in fase iniziale non erano preventivabili. Il nuovo si integra con il vecchio e l’apprendimento organizzativo permette al cambiamento di penetrare negli strati più profondi della cultura organizzativa, dove i valori vengono rivisitati e spesso anche rivitalizzati.

In questa fase le aziende ridefiniscono i propri mercati, i prodotti, le strategie, le pratiche operative e le culture organizzative in base all’accettazione del contributo fornito dalla sostenibilità. L’apprendimento viene interiorizzato e nascono nuove opportunità che non avrebbero mai immaginato prima, come nuove idee di prodotto, nuove basi di clientela e nuovi business.

Ad un’ultima osservazione, la certificazione di sostenibilità ha avuto come risultato un cambiamento ben più profondo all’interno dell’organizzazione. Possiamo immaginare che, in futuro, l’organizzazione sia capace di dettare lei i nuovi standard e diventare punto di riferimento per quella specifica area di business.

Quello che emerge da questo andamento tipico sono tre lezioni pratiche, che sono utili per coloro i quali sono in fase di partenza – oppure per chi è già in cammino – per riorientare le aspettative e superare le trappole presenti lungo il percorso.

Essere disponibili a farci sorprendere dalle scoperte. I veri benefici derivanti da un percorso di sviluppo orientato alla sostenibilità si cominciano ad ottenere quando si ha il coraggio di esplorare al di fuori degli orizzonti inizialmente previsti. Tante volte, invece, presi dai problemi del quotidiano, prendiamo le novità positive come inconvenienti.

L’apprendimento organizzativo non si può telecomandare. I vantaggi si ottengono quando l’organizzazione impara a fare qualcosa di nuovo e, questo, è possibile perché qualcuno ha cominciato a fare qualcosa in modo diverso da come lo si è sempre fatto. La metafora che aiuta è quella della Jazz Band. Quando cominciano a suonare, i musicisti si attengono al tema dominante del brano. Via via che suonano, alcuni musicisti introducono delle variazioni sul tema. Alla fine, il tema complessivo sarà sempre quello ma si sarà arricchito di tutte le variazioni.

Mettere in discussione le credenze date per certe. Stroncare sul nascere l’apprendimento emergente è fin troppo facile. Durante tutto il percorso dobbiamo imparare ad agire la riflessività mettendo in dubbio gli assunti ed i valori dati sempre per scontati.


¹ La Carnegie Hall di New York è la sede dei concerti più famosa di New York.

² Con sostenibilità intendo il concetto di sviluppo sostenibile, la cui definizione universalmente accettata è quella che si trova nella pubblicazione “Our Common Future”, redatta nell’aprile 1987 dalla World Commission on Environment and Developement: lo sostenibile è “lo sviluppo che fa fronte ai bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di fare fronte ai propri”.

³ Secondo i risultati di una ricerca pubblicata lo scorso novembre (2020) e condotta dal Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con BVA Doxa, oltre l’80% delle 477 PMI intervistate in tutta Italia ritiene che la sostenibilità sia un elemento importante nelle scelte strategiche e d’investimento e più della metà del campione ha in programma di integrare queste considerazioni all’interno della strategia complessiva dell’impresa. Ben 1 azienda su 3 ritiene che integrare la sostenibilità tra i criteri che guidano le scelte strategiche possa contribuire ad uscire più rapidamente dalla crisi economica scatenata dalla pandemia di Covid-19. Il dato raggiunge il 39% tra le aziende con almeno 50 dipendenti.

Un articolo di

Gianmaria Carpi

Gianmaria Carpi

Sales&Marketing Manager Almacabio, Alumnus della Facoltà di Psicologia e di ALTIS

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