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Vaccini anti-Covid, il nodo per la responsabilità medica

01 aprile 2021

Vaccini anti-Covid, il nodo per la responsabilità medica

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Da una parte, le falle del sistema di responsabilità medica e dei costi della medicina difensiva, mosse in gran parte dall’incertezza causale che è pressoché endemica in materia sanitaria. Dall’altra, le soluzioni possibili per l’emendazione e il rinnovamento dell’intero sistema medico, nei suoi punti più deboli e più disfunzionali. Di questo si è discusso nel webinar “Recovery Lab per la sanità: il nodo per la responsabilità medica”, organizzato mercoledì 31 marzo nell’ambito del gruppo di lavoro Recovery Lab dell’Università Cattolica, nato per contribuire al rinnovamento della pubblica amministrazione e del modo di fare le politiche pubbliche in vista di strategie di ripresa e resilienza del sistema Paese. Seduti alla tavola rotonda virtuale, Nicola Rizzo, docente di Diritto sanitario all’Università di Pavia, l’avvocato Marco Greco, presidente dell’European Patients’ Forum e membro del Management Board dell’Ema, Cesare Zoia, neurochirurgo e delegato Eans, Emanuele Vendramini, docente di Economia aziendale nel campus di Piacenza, Dario Focarelli, docente dell’Università Cattolica e direttore generale dell’ANIA.

Il dibattito non poteva non toccare, nel giorno dell’approvazione dello scudo penale a beneficio del personale somministratore dei vaccini anti-Covid, il ruolo dell’incertezza causale in ambito vaccinale, per rimediare alla quale il suggerimento di una parte degli operatori del diritto va nel senso di scollarsi dal sistema giurisdizionale tradizionale di risoluzione dei conflitti – in sintonia, peraltro, con la linea delle riforme del Governo sul tema della Giustizia più in generale – per allinearsi sulla scia dei sistemi no fault e no blame angloamericani, al fine di alleggerire il paziente dalla prova della fonte del pregiudizio a lui occorso in seguito all’inoculazione del vaccino, e di assicurargli così un ristoro più agile e sicuro. Al costo di forzare il sistema di responsabilità? O, semplicemente, di collocarsene all’esterno, abbandonando schemi risarcitori a beneficio di logiche apertamente indennitarie. Del resto, ci ricorda l’Associazione Nazionale delle Imprese Assicuratrici, il sistema di responsabilità medica improntato alla colpa medica per inadempimento contrattuale senza limiti di indennizzo prefissati ex ante è quello in assoluto più costoso per il sistema, alimentando inevitabilmente i meccanismi di medicina difensiva tanto deprecati.

Se quello dei vaccini è un tema cruciale, anche in vista della risoluzione definitiva, e radicale, del problema, le criticità del sistema sanitario scoperte dalla pandemia in corso sono più ampie, rispecchiando tutti i settori colpiti dalle strategie di medicina difensiva stratificatesi negli anni e mosse anche, ma non solo, dalle conseguenze dell’incertezza causale sul personale sanitario e sui pazienti. E, volendo immaginare delle soluzioni per macrocategorie, queste non possono ignorare punti nodali quali la pianificazione (con adeguati piani nazionali di emergenza, con la formazione di personale medico secondo le esigenze reali del Paese nei prossimi anni, con la valorizzazione della ricerca); la digitalizzazione (che permetterebbe una maggior interazione interregionale e interdisciplinare); il territorio (con l’assistenza domiciliare, l’istituzione di case della salute, di infermieri di comunità, ecc.); l’alleviamento dei livelli di burocrazia nel sistema, e, non ultimo, il finanziamento della sanità pubblica, ridimensionata eccessivamente nel corso degli anni e impreparata oggi all’ordinario così come alle emergenze, e che andrebbe invece potenziata e “completata” con il pilastro integrativo di sanità (revisione del sistema integrativo privato sotto una regia pubblica, rafforzando il sistema di complementarietà).

Quest’ultimo tema è anch’esso al centro di un importante dibattito, principalmente per l’inappropriatezza dell’offerta sanitaria privata e la difficile gestione del rapporto pubblico-privato: ai fini della riduzione del divario tra le due offerte, e di quello territoriale tra le Regioni, imprescindibili si presentano, agli occhi della classe medica, misure quali l’interazione tra ospedale e territorio, il finanziamento su base capitaria - previa valutazione delle caratteristiche demografiche, epidemiologiche e orografiche del territorio -, una reale equiparazione tra erogatori pubblici e privati, il rafforzamento della governance e il coinvolgimento degli enti locali. Una maggiore omogeneità dell’offerta sanitaria nazionale, ai fini di una complessiva sua maggiore efficienza, passa necessariamente, perciò, da un diverso impiego dei fondi pubblici, da investire principalmente su prevenzione, territorio ed ospedale, all’insegna, questa volta, di una effettiva collaborazione tra pubblico e privato, secondo un sistema integrativo o di complementarietà.

Il Recovery Lab resta vigile, offrendo tempo, energie e competenze affinché le riflessioni gemmate da incontri come questi, sotto un profilo giuridico, medico, economico ed etico, un’occasione di sintesi tra la revisione dell’impianto di responsabilità medica e la progettazione del bene comune. Seguiranno perciò certamente, inseguendo il vento di cambiamenti in atto, ulteriori considerazioni e proposte, di cui questo laboratorio vuol essere dimora e impulso ad un tempo.

Un articolo di

Daniela M. Frenda

Daniela M. Frenda

Professore associato di Diritto privato

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