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Vita da studenti a passeggio tra abbazie

12 luglio 2022

Vita da studenti a passeggio tra abbazie

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In un’estate calda come questa restare in città nel tempo libero può essere l’occasione per cambiare lo sguardo sul luogo dove si vive e scoprire che il suo cuore pulsa anche nelle pieghe meno visibili delle periferie. Milano e la sua cintura offrono, infatti, luoghi silenziosi e spirituali che abitualmente non si frequentano o magari nemmeno si conoscono.

In questa direzione alcuni studenti della Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università Cattolica ripropongono sotto forma di testimonianza tre escursioni fatte nel mese di marzo insieme alla professoressa Maria Pia Alberzoni.    



di Riccardo Belvisi, Anna Cova, Iacopo Francavilla, Adriano Mancini e Pietro Trevisan


«Qui son li frati miei che dentro ai chiostri / fermar li piedi e tennero il cor saldo» (Dante Alighieri, Paradiso XXII, 50-51). Ci è sembrato che queste parole di Dante, messe sulla bocca di san Benedetto nel XXII canto del Paradiso e citate da madre Ignazia durante la nostra visita all’abbazia di Viboldone, rispecchino bene l’esperienza che abbiamo vissuto quel giorno. Il 26 marzo, infatti, una cinquantina di studenti di Lettere, insieme alla professoressa Maria Pia Alberzoni, docente di Storia medievale e Storia della storiografia medievale, e ai suoi collaboratori Alberto Spataro e Giacomo Campagna, ci siamo recati in visita in alcuni luoghi significativi per la storia del monachesimo lombardo: le abbazie di Morimondo, Chiaravalle e Viboldone. 

La prima tappa dell’escursione è stato il complesso abbaziale di Morimondo, fondato all’inizio del XII secolo al confine tra le diocesi di Milano e di Pavia. Sebbene non vi abitino più i monaci cistercensi, gli edifici che abbiamo visitato hanno testimoniato la loro vita. In particolare lo scriptorium, dove i monaci imparavano a scrivere e a trascrivere i codici e gli ambienti di lavoro così ben restaurati, ci hanno consentito di comprendere il fervore culturale legato al monachesimo benedettino: nel monastero, come recita la Regola di Benedetto, la preghiera ha uguale dignità del lavoro manuale, in particolare la realizzazione di manoscritti per i diversi usi della comunità, dalla scuola, alla biblioteca e alla liturgia. È in buona parte merito dei monaci, infatti, se si sono conservati il patrimonio letterario e filosofico dell’antichità, nonché le opere dei Padri della Chiesa e poi degli autori medievali. A testimonianza del lavoro svolto nello scriptorium, sulle pareti dello stesso sono presenti numerose che ricordano le stelle, tutte diverse tra loro, e anche alcune prove di scrittura e di disegno. 

Ci siamo poi spostati in un'altra località decisiva per la storia cistercense del medioevo lombardo: l’abbazia di Chiaravalle. In questo monastero, la cui fondazione risale ai discepoli di san Bernardo, i monaci sono ancora presenti e testimoniano l’attualità della regola di Benedetto, non una serie di regole, ma l’origine di una vita. Qui non si è trattato tanto della visita di un complesso monumentale, ma abbiamo seguito la preghiera dei monaci e subito dopo abbiamo incontrato l’abate, padre Stefano, che ci ha testimoniato una profonda letizia nelle cose della vita quotidiana.

Uno di noi gli ha chiesto come anche il lavoro può essere offerta a Dio, come lo è la preghiera, e padre Stefano ha spiegato che è la preghiera a cambiare l’uomo mentre lavora, così come in ogni sua altra attività. Una risposta resa credibile guardando alla sua stessa persona. 
Su un altro punto l’Abate ci ha sorpreso: quando gli è stato chiesto come si possa essere liberi nell’obbedire a una regola (per i Cistercensi, quella di san Benedetto), padre Stefano ha risposto che si è veramente liberi proprio quando si obbedisce a qualcosa che è il bene più grande per sé. 

L’ultima tappa della nostra escursione è stata l’abbazia di Viboldone, nei pressi di San Giuliano Milanese. Le origini di questo luogo sono legate alla presenza degli Umiliati, un Ordine religioso sorto alla fine del XII secolo e composto da persone di ogni classe sociale e genere; dopo la loro soppressione (1571), a Viboldone si insediarono gli Olivetani e, infine, dal 1940, dopo secoli di abbandono, sono presenti le monache benedettine.

Cosa accomuna queste esperienze? Ce lo ha dimostrato un’altra testimone “in carne ed ossa”: madre Ignazia, da moltissimi anni residente in questo monastero. Facendo riferimento alle sue parole, “un luogo dove seguire Gesù” (riporto le parole della madre stessa). Questo è l’unico intento che da quasi novecento anni anima chi abita questo luogo.
Anche le monache benedettine di oggi si mantengono con le loro attività, in particolare ora con il restauro di libri antichi, con una tipografia e con l’ospitalità di persone singole e di gruppi. Anche qui è parso evidente come la vita monastica non sia una fuga dal mondo, ma un tentativo di dare vita a un luogo caratterizzato da rapporti di gratuità fondati sull’amore per Dio. 

Questa escursione è stata per noi significativa per tre fondamentali ragioni.

In primo luogo abbiamo potuto sia vedere come quello che abbiamo studiato sia ancora presente e vissuto anche in luoghi a noi vicini. Ci siamo, inoltre, accorti di quanto i grandi ideali all’origine degli Ordini religiosi siano ancora oggi vivi e incontrabili nelle persone e nella bellezza di questi luoghi.  Infine, è stata un’occasione per riscoprire i rapporti tra noi compagni di corso. Dopo due anni di alterni lock-down, zone rosse e isolamenti, questa è stata la prima occasione per vivere un’esperienza di studio e di bellezza insieme alle persone con cui condividiamo lo studio. Abbiamo apprezzato la possibilità di potersi parlare liberamente, condividere le scoperte e le cose che ci stupivano senza la mediazione, pur fondamentale in questi anni, dello schermo del computer. Guardarsi davvero in faccia e scoprirsi uniti dal desiderio di conoscere, per chi ci sta.

Grazie, quindi, ai nostri accompagnatori che hanno pensato per primi questa giornata e l’hanno resa possibile. 

Una testimonianza degli

Studenti della Facoltà di Lettere e filosofia

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