L’indagine
È emerso che in Italia il numero complessivo di PS e servizi DEA è passato da 808 del 2011 a 693 del 2023, mentre il numero di Medici di Emergenza-Urgenza per PS + DEA è passato da 3,8 a 6,9, quasi un raddoppio. E ancora, è emerso il progressivo incremento in termini assoluti dei medici specializzati in E-U tra il 2011 e il 2018. Dal 2018 in avanti il contingente diminuisce in termini assoluti ma in modo relativamente lieve.
Più precisamente, secondo l’analisi condotta sui dati del Conto Annuale della Ragioneria Generale dello Stato, Ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’Annuario Statistico del SSN pubblicato dalla Direzione dei Sistemi Informativi del Ministero della Salute, i medici E-U sono passati da 3.033 nel 2011 a 5.217 nel 2018 raggiungendo il picco di periodo, per poi scendere progressivamente ed arrivare a 4.748 nel 2023. In termini percentuali sul totale dei medici di ogni specializzazione, quelli di E-U passano dal 2,8% del 2011 raggiungendo proprio nel 2018 il livello di incidenza massimo (4,7%) per poi di nuovo calare a 3,9% nel 2022 e 4,1% nel 2023; tra il 2018 e il 2023 vi è un calo del 9% (calo del 16,6% se confrontiamo il 2022 con il picco del 2018).
Osservando i trend è evidente l’impatto generato dal Covid-19 tra il 2020 e il 2022 che sembra rientrato proprio a partire dal 2023.
A livello regionale c’è ampia variabilità: nel 2023 la quota di medici di E-U rispetto al totale varia tra lo 1% dell’Umbria al 7,2% dell'Abruzzo o il 7% della Calabria e della Toscana (considerando le sole regioni a statuto ordinario). Sembrano sussistere politiche regioni molto diverse e caratterizzate da percorsi “storici” differenziati. Se infatti la Campania, l'Abruzzo e la Toscana nel periodo considerato 2011-2023 mostrano sempre un contingente di medici di E-U superiore al 6%, l'Umbria, le Marche e la Lombardia non ha mai superato il 2% dei medici in E-U sul totale dei medici in servizio (anche qui considerando le sole regioni a statuto ordinario).
Quanto agli accessi in pronto soccorso, il tasso per mille abitanti è passato da 363 nel 2011 a 311 nel 2023. Il numero di accessi (per 1.000 abitanti) al pronto soccorso per Medico di Emergenza-Urgenza è passato da una media di 18,11 del 2011 ad una media nazionale di 7,69 nel 2023. E ancora, la percentuale dei pazienti ricoverati dopo un accesso al pronto soccorso è passata da 14,9% a 13%.
Diverse possono essere le ragioni di questa dinamica tra cui la minore gravità media dei pazienti che giungono in PS. Anche in questo caso si registra una eterogeneità regionale significativa in tutti gli anni considerati.
Una analisi trasversale degli indicatori disponibili, precisano gli esperti, mostra che ogni regione ha una “storia” e le scelte originarie effettuate decenni fa hanno impresso una traiettoria sotto il profilo infrastrutturale ed organizzativo che non sembra essere mutata (e quindi adattata) nel tempo.
Lo studio restituisce uno scenario che sembra contro-intuitivo rispetto ad una situazione che si caratterizza per lunghe attese e pronto soccorso affollati. I dati, parlano di risorse infrastrutturali “razionalizzate” più che depauperate, e di dotazioni di personale medico specializzato crescente a fronte di una riduzione degli accessi dei pazienti nei PS/DEA per 1.000 abitanti. Tra il 2011 e il 2023 il trend mostra la disponibilità di più medici per meno ingressi in pronto soccorso. La fotografia però rimane e impone attenzione per prendere decisioni politiche fondate su elementi oggettivi che possano portare al miglioramento di una situazione che evidentemente sconta altri elementi di criticità: l’analisi infatti non fornisce elementi sulla disponibilità dell’altro personale sanitario (infermieri, tecnici, ecc.) né tantomeno sulla dotazioni tecnologiche e soprattutto sulle modalità organizzative che – visti i numeri – sono molto diverse tra regione e regione.
Le politiche regionali restano frammentate e riflettono percorsi storici molto diversi, ribadiscono gli esperti, rendendo evidente la necessità di un coordinamento nazionale per garantire equità territoriale e sostenibilità del sistema d’emergenza.
“Should I stay or should I go”? Restare o andarsene dal SSN, analisi dei ricercatori Altems sul personale sanitario
Accanto a queste evidenze la professoressa Federica Morandi rileva le intersezioni di questo studio con un’altra ricerca che il gruppo di lavoro di Altems sta portando avanti e che ha come oggetto le motivazioni dei professionisti sanitari a rimanere nella professione o abbandonarla. «Ne emerge che non è la retribuzione il principale motivo che spinge i professionisti sanitari ad abbandonare la professione - afferma la professoressa - quanto piuttosto la mancanza di condizioni di lavoro adeguate, ad esempio le infrastrutture, ma anche il clima organizzativo, la valorizzazione delle competenze e le reali opportunità di crescita. È su questi aspetti che si gioca la motivazione dei professionisti sanitari a restare o abbandonare la professione, come evidenziato dai dati raccolti nella nostra ricerca», continua.
«Investire in innovazione, valorizzazione delle competenze, crescita professionale all’interno di contesti organizzativi stimolanti - conclude - è la leva su cui agire per il futuro dei professionisti e del nostro servizio sanitario nazionale più in generale».