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La Banca d’Italia, una lente per leggere la storia del Paese

03 febbraio 2023

La Banca d’Italia, una lente per leggere la storia del Paese

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La «stabilità» del sistema finanziario è il problema fondamentale per le banche centrali, ancor più della politica monetaria: «con la banca si può rischiare molto di più, anche per eventi che possono apparire modesti». È uno dei passaggi dell’intervento pronunciato dal Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco che, venerdì 3 febbraio, ha partecipato alla presentazione del libro dal titolo “Storia della Banca d’Italia. Formazione ed evoluzione di una banca centrale, 1893-1943”. L’iniziativa promossa dall’Università Cattolica congiuntamente con il Laboratorio di analisi monetaria dell’Ateneo (Lam) e dall’Associazione per lo sviluppo degli studi di banca e borsa (Assbb), che nel 2023 celebra i cinquant’anni della sua istituzione, è stata anche l’occasione per ricordare l’autore del volume, lo storico economico Gianni Toniolo scomparso lo scorso novembre.

Dell’immagine simbolica della Banca d’Italia come istituzione ha parlato il Rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli che, aprendo il dibattito, ha ricordato l’economista della Cattolica Luigi Pasinetti, un maestro che ha segnato la scuola economica del nostro Ateneo. «La Banca d’Italia evoca due suggestioni. La prima è la categoria della stabilità. Soprattutto nelle scelte di ordine economico e monetario, dove tutto è mutevole e incerto, abbiamo bisogno di ancoraggi e la Banca d’Italia è una delle istituzioni cui possiamo affidarci. L’altra suggestione è che la Banca d’Italia non è soltanto la sede in cui vengono assunte le decisioni di governo della moneta e del sistema creditizio, ma è anche un agente culturale e di formazione: un luogo in cui si elabora conoscenza, indispensabile supporto per le decisioni operative, e si coltivano talenti preziosi per il Paese».

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Il Governatore Visco - raccomandando la lettura del libro, perché «racconta la storia dell’Italia» e del ruolo che riveste nel nostro Paese -, ha richiamato alla memoria il cruciale passaggio dell’istituto centrale negli anni ’20 quando gli si attribuirono anche compiti di vigilanza. «Il paradosso - ha spiegato Visco citando il volume di Gianni Toniolo - è che approfondendo l’operato del governatore dell’epoca, Bonaldo Stringher, non sono sicuro che volesse la vigilanza. La chiedeva e capiva che era essenziale ma aveva il timore che si sarebbero attribuite alla Banca d'Italia delle responsabilità che non aveva». Visco ha ricordato, infatti, che nell’assumere il compito della vigilanza Stringher precisò che i depositi messi nelle banche sono garantiti solo dalla “correttezza dei banchieri”. Inoltre, riprendendo una frase di Stringher riportata nel volume, Ignazio Visco ha affermato come il «rapporto tra Stato e Banca non può essere di dissidio. Comune deve essere l’intento di migliorare le sorti del Paese. Per questo è fondamentale l’autonomia».

 

 

Durante il dibattito, moderato dal Presidente della Fondazione Corriere della sera Ferruccio De Bortoli, sulla rilevanza storica del libro di Gianni Toniolo è ritornato anche il Presidente di Assbb Nazzareno Gregori. «La storia ci insegna moltissimo. Dobbiamo stare attenti all’interpretazione degli eventi per apprendere e migliorare il nostro Paese, la nostra società. Ecco perché quest’incontro è un momento importante per l’Associazione: è la testimonianza che guardiamo al passato per pensare al futuro».

Per Massimo Bordignon, docente di Political and Public Economics in Cattolica, il libro di Toniolo offre «un grande affresco di storia economica del Paese, analizzata a partire da un punto di vista particolare: la formazione del central banking in Italia, ricostruito attraverso l’Archivio storico della Banca d’Italia, il carteggio e le comunicazioni dei vari governatori». Una ricostruzione storica che, ha fatto eco Stefano Ugolini, dell’Università di Tolosa, testimonia come l’Italia, contrariamente alla mitologia che circola nella letteratura, sia stata la culla del central banking, anticipando tutto quello che negli anni ’20 avverrà nelle altre banche centrali. Insomma, ha continuato Ugolini, «una tradizione che ha lasciti durevoli senza i quali è impossibile capire come è evoluto il sistema monetario in Italia».

Secondo l’economista della Cattolica, inoltre, sono due gli elementi che ripercorrono il libro: il primo riguarda il dibattito sulla «pluralità versus l’unicità degli istituti di emissione», che in un certo senso richiama quello attuale sulle criptovalute. Il secondo riguarda «l’autonomia della Banca Centrale che nel libro significa soprattutto autonomia nell’uso degli strumenti, non nella fissazione degli obiettivi, che resta prerogativa del governo». In altre parole, ha osservato Bordignon, «quello che ci ricorda Toniolo è che queste conquiste non siano date per sempre, già negli anni ’20 le Banche Centrali avevano conquistato un elevato grado di indipendenza, cancellata con le Grandi Crisi degli anni ’30». In periodi di crisi come questo, ha aggiunto, «le tensioni tra governi, che vorrebbero bassi tassi di interesse per sostenere l’economia e la Banca centrale, che deve sconfiggere l’inflazione anche con tassi alti, sono destinate a riprodursi. Nell’area euro si può naturalmente discutere l’operato della Bce ma bisogna stare attenti a non metterne in discussione l’indipendenza, per non pagare prezzi più alti in futuro».

Di banche centrali come «istituzioni di innovazione» ha parlato Pier Carlo Padoan, Presidente di Unicredit. «Sono meccanismi che hanno una enorme capacità di innovare e di rispondere alle innovazioni che vengono dall’ambiente in cui operano», ha dichiarato Padoan, finendo il suo intervento con un richiamo al ruolo del “Sevizio Studi” della Banca d’Italia, mettendone in evidenza il valore aggiunto dell’elemento analitico frutto dell’attività giornaliera.

 

 

Un articolo di

Katia Biondi

Katia Biondi

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