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La cooperazione internazionale per un patto di civiltà

21 ottobre 2025

La cooperazione internazionale per un patto di civiltà

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Mettere la cooperazione internazionale al servizio di un “patto di civiltà”. È la prospettiva della due giorni del 16 e 17 ottobre, promossa da Università Cattolica del Sacro Cuore e Fondazione Sfera, in collaborazione con Lumsa University Africa Center. Una traiettoria che richiede - come afferma il rettore dell’Ateneo Elena Beccalli aprendo, nel Salone Vanvitelliano di Palazzo Loggia a Brescia, la tavola rotonda conclusiva dopo l’introduzione del direttore del Sole 24 Ore Fabio Tamburini - «un cambio di paradigma da un punto di vista teorico e valoriale». 

Secondo la professoressa Beccalli, «come Ateneo dei cattolici italiani, da anni interpretiamo la cooperazione non solo per rispondere a dei bisogni materiali ma rispettando pienamente le persone e i popoli. E in questo senso il nostro Piano Africa, che poggia sulla leva educativa che è una delle più efficaci per attivare dei processi trasformativi è un esempio molto concreto e attuale».

Un cambio di paradigma che è stato ben tratteggiato dal direttore del Centro sviluppo dell’Ocse Federico Bonaglia. «Bisogna guardare all’Africa perché non è il continente del futuro ma è il continente del presente» afferma. «Da qui al 2050 la popolazione africana raddoppierà mentre la demografia europea è tale per cui la metà della popolazione dell’Europa ha più di 47 anni. In Africa la metà della popolazione ne ha meno di 20. Abbiamo perciò una situazione di demografie che si rispecchiano, una piramide invertita tra l’Europa e l’Africa». Per questo motivo «è molto importante che noi iniziamo a lavorare con l’Africa per definire il nostro futuro comune. Per esempio, sul tema della formazione, perché noi abbiamo bisogno di lavoratori qualificati e anche in Africa i mercati del lavoro richiedono competenze che non necessariamente vengono fornite dal sistema educativo. Questa volontà di lavorare con l’Africa, per l’Africa e per l’Europa è sicuramente una priorità e l’università e il sistema educativo italiano sono già ben posizionati per fare fronte a questa esigenza comune».

Secondo l’ambasciatore Pietro Sebastiani, direttore del Lumsa University Africa Center, il mondo degli Stati, paragonato a «esseri viventi che hanno bisogno di comunicare tra di loro e di affrontare insieme delle sfide che da soli non possono assolutamente risolvere», chiede di «cominciare di nuovo a scrivere delle regole perché quelle che abbiamo steso dopo la Seconda Guerra mondiale non sono più adeguate ai tempi». Abbiamo bisogno di «grandi ideali e bisogni concreti», come concreta è la cooperazione internazionale. 

Un articolo di

Paolo Ferrari

Paolo Ferrari

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Su questo fronte la professoressa emerita dell’Università di Bergamo Stefania Gandolfi mette in luce l’importanza di «una governance democratica, che metta in pratica le politiche basate sui diritti dell’uomo», e di «un partenariato basato su valori condivisi». Di particolare importanza è la cooperazione Sud-Sud e triangolare, su cui la professoressa ha portato il caso di un progetto tra Università della Tanzania e Università della Cambogia, triangolata con la Fondazione Tovini di Brescia.

Di pace come «conseguenza di un sistema di sicurezza che è oggi saltato, comprimendo anche la cooperazione» ha parlato il professor Vincenzo Buonomo, rettore della Pontificia Università Urbaniana, che ne indica la «funzione preventiva» e il suo ruolo nel «garantire la transizione dal conflitto alla pace», oltre che essere strumento di «governance internazionale».  

Per tutti questi motivi «la cooperazione internazionale è lo strumento per realizzare un nuovo patto di civiltà, che deve promuovere la cultura del dialogo e dell’incontro» sostiene monsignor Vincenzo Zani, presidente di Sfera, secondo cui «l’investimento più importante va fatto per la formazione dei futuri leader, perché la cooperazione internazionale non funziona se non ci sono persone che abbiano una visione, una capacità e l’individuazione degli strumenti più adatti per svilupparla».

E ai nuovi scenari della cooperazione internazionale è dedicato l’appello conclusivo dell’iniziativa di Brescia, presentato da monsignor Zani. Un documento diviso in tre parti (“Coltivare una corretta comunicazione”; “Ripensare la cooperazione: dalla visione alle strategie”; “Consolidare gli interventi operativi”) che raccoglie i contributi dei due giorni di convegno per «calarsi nella crisi attuale e collaborare a costruire la casa comune». 

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