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Sapere, saper fare, saper essere: con il camice bianco verso il futuro

27 marzo 2025

Sapere, saper fare, saper essere: con il camice bianco verso il futuro

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Il titolo dell’inspirational speech al centro della cerimonia “White Coat” del corso di laurea in Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica che si è tenuta nel campus di Roma il 26 marzo, “Sapere, saper fare, saper essere”, è una perfetta sintesi della professione, anzi, della missione del medico, ancor più di un medico che ha scelto di formarsi e vivere nella Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

L’evento – dedicato al rito della vestizione con il camice bianco degli studenti del terzo anno di Corso che inizieranno a frequentare il secondo triennio del piano di studi, quello clinico, con le attività di apprendimento anche nei reparti ospedalieri, dopo il primo triennio biologico trascorso nei laboratori e nelle aule universitarie - è stato aperto dal professor Domenico D’Ugo, Presidente del Corso di laurea, che ha ringraziato tutti gli studenti, quasi 400, “per essere così partecipi ad una cerimonia simbolica e importante che rappresenta un momento cruciale dell’evoluzione del vostro percorso di studi: si impara a fare il medico soprattutto accanto ai pazienti. E i vostri colleghi del sesto anno che hanno significativamente accompagnato il vostro solenne ingresso in sala sono qui a dimostrarlo”.

La Cerimonia del camice bianco, nata negli Stati Uniti nei primi anni '90 e ormai diffusa anche in Europa e in Italia, è un rito molto coinvolgente che, grazie alla presenza di professori e studenti dei diversi anni di Corso, rappresenta uno scambio ideale di conoscenze e esperienze sia fra gli studenti sia fra docenti e discenti: «Questa cerimonia, sempre molto emozionante, e sempre nuova, perché nuovi sono i protagonisti, non presenta in realtà nulla di nuovo – ha detto il professor Alessandro Sgambato, vicepreside della Facoltà di Medicina e chirurgia – poiché, al di là delle innovazioni tecnologiche e dei progressi della ricerca, eterni sono i valori sui quali da sempre si basa l’arte medica che è scienza insieme alla cura, è professionalità insieme all’umanità, è conoscenza per il servizio agli altri, per ogni persona malata che incontrerete in un momento di grande fragilità e in cui massimo è il bisogno e il desiderio di potersi affidare a qualcuno che abbia la giusta professionalità per poter essere d’aiuto e la giusta umanità per farlo nel rispetto della persona e della dignità umana».

Il discorso centrale, tenuto dalla professoressa Maria Antonietta Gambacorta, Ordinario di Radioterapia Oncologica, ha toccato e attraversato ogni fase della quotidianità degli studenti del Corso di laurea, che dal prossimo anno accademico entreranno in corsia, passando dallo studio delle scienze mediche precliniche a quelle cliniche: «Abbiamo scelto tutti di studiare all’Università Cattolica guidati dai criteri di eccellenza, conoscenza e competenza; ma lo abbiamo fatto anche e soprattutto perché qui, nella Facoltà di Medicina e chirurgia e nel Policlinico Universitario “Agostino Gemelli”, scienza e cura convivono, ogni giorno».

«Conoscenza, esperienza e capacità, cioè i tre saperi dai quali siamo partiti e ai quali tutti dobbiamo mirare – ha continuato - si concretizzano non solo nel curare la malattia, ma nel prendersi cura di ogni persona malata e, quindi, fragile. Fino ad arrivare a quel prezioso sentimento di meraviglia, cioè alla gioia che proverete pensando a ciò che per gli altri ciascuno di voi farà».

Un articolo di

Federica Mancinelli

Federica Mancinelli

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«Questa cerimonia è un momento fondamentale per voi e per tutta la comunità, universitaria e ospedaliera, della Sede di Roma – ha concluso S. E. Mons. Claudio Giuliodori, Assistente Ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, prima di benedire i nuovi camici e il nuovo percorso degli studenti -. Questo camice bianco rivela un’identità e definisce una missione: essa si caratterizza ancor più oggi nell’anno del Giubileo che prevede una particolare attenzione ai malati. Un anno in cui l’umanità si interroga sulla direzione del proprio cammino del quale voi siete i primi protagonisti come veri segni e volti di speranza per tutti, soprattutto per i più fragili e i più bisognosi».

A nome dei loro colleghi, seduti in platea a formare la nuova bianca coreografia, gli studenti del terzo anno Giuseppe Briscese, Francesca De Marco, Tommaso Giambattista, Serena Telesca, Beatrice Nervoso e Marco Trapasso, hanno indossato all’unisono con tutti il nuovo camice consegnato dai docenti, in un ideale futuro passaggio di testimone. Così vestiti, i futuri medici scenderanno fra qualche mese dai primi luoghi del campus fino ai reparti del Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” IRCCS, dove per la prima volta inizieranno a incontrare davvero le persone malate e, insieme a loro, a imparare i metodi dell’assistenza insieme agli sguardi, ai gesti e alle parole della cura.

Al termine della cerimonia quattro studenti del sesto anno di corso, Damiana Belcastro, Valeria Conti, Caterina Mariotti e Antonio Palmieri, prossimi laureandi, hanno guidato la recita corale del Giuramento di Ippocrate, con quelle frasi che da millenni rappresentano non solo indicazioni e regole, ma soprattutto quel “sapere essere” che in realtà fonda e continuamente accompagna i saperi precedenti, citati nel titolo dello speech e di questa pagina – la conoscenza, l’azione, l’umanità - e che costituisce l’essenza della formazione integrale e umana, non solo scientifica e clinica, di ogni studente della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.


Le parole degli studenti: il camice bianco promessa di cura e dedizione verso ogni persona

Durante la cerimonia tre studenti del corso di laurea in Medicina e chirurgia hanno rivolto ai colleghi parole di incoraggiamento, gratitudine e testimonianza.

«Oggi celebriamo non solo l’ingresso in un percorso di responsabilità, ma l’inizio di un impegno che durerà tutta la vita – ha esordito Michela Myriam De Maio, studentessa del sesto anno - il camice che avete ricevuto, infatti, non è solo un indumento, ma il simbolo della scelta che avete fatto tre anni fa, una scelta coraggiosa, forse la più coraggiosa di tutte. Allora forse non conoscevate fino in fondo i sacrifici e le responsabilità di questo percorso, ma oggi, indossandolo, confermate quella scelta con maggiore consapevolezza. Oggi non siete più solo studenti: scegliendo di portare questo camice, vi votate a una missione fatta di studio, dedizione e sacrificio, ma anche di immensa soddisfazione. Accettate gli oneri e gli onori della professione medica, il peso della fiducia che i pazienti riporranno in voi e il privilegio di poter fare la differenza nelle loro vite. Indossarlo è più di un gesto: è una promessa. Una promessa di cura, di rispetto e di impegno verso ogni persona che affiderà a voi la propria salute. Quindi, è il momento di riconoscere ciò che abbiamo ricevuto e di rivolgere un pensiero a ciò che ci aspetta».

«Grazie – ha detto Federica Finetti, studentessa del quarto anno -. Grazie, a chi ci ha sostenuto nei momenti difficili, ricordandoci il senso di questa scelta, credendo in noi anche quando noi stessi abbiamo vacillato. Grazie, alle nostre famiglie, per averci cresciuto con amore, pazienza e il coraggio di insegnarci a perseguire i nostri sogni, anche quando sembrano in salita. Grazie, a chi ci insegna, con impegno e passione, a sviluppare le competenze necessarie per affrontare le sfide che ci aspettano, e a essere resilienti nei momenti di difficoltà. Grazie, ai nostri colleghi, compagni nel bene e nel male, nella difficoltà e nei momenti di frustrazione, ma anche nelle risate e nel sostegno reciproco, soprattutto nella stessa missione. Grazie, a chi ci ha insegnato che essere medici significa prima di tutto essere presenti. Ai pazienti, che con il loro coraggio ci mostrano ogni giorno il vero significato di questa professione. A questo camice, che non è solo un simbolo, ma una promessa di dedizione, cura e responsabilità, umanità, mani tese, di vite salvate, talvolta perse. Grazie, a noi, per non smettere mai di scegliere questa vita, per la forza con cui abbiamo superato ogni ostacolo, per la pazienza che abbiamo imparato e per il coraggio di continuare a crescere».

E, infine, Giuseppe Briscese, in rappresentanza di tutti gli studenti del terzo anno, protagonisti della giornata, facendo eco alla collega con una parola che è soprattutto un verbo, importante per il futuro di tutti: «Prego – ha risposto -. Prego di non dimenticare mai il senso profondo di questa scelta, anche quando il cammino sarà impervio. Prego di affrontare ogni sfida con la stessa determinazione che ci ha portato fino a qui, senza mai perdere di vista l’umiltà. Prego di essere sempre pronti ad ascoltare, a capire, a essere presenti per chi ci chiederà aiuto, ricordando che la vera forza sta nell’essere umano prima che nella conoscenza. Prego di essere, per i nostri pazienti, un punto di riferimento di speranza, un aiuto concreto in ogni momento di difficoltà. Prego di non smettere mai di crescere, di imparare, di metterci in gioco, anche quando la strada sembra più difficile. Prego di portare con noi, ogni giorno, la passione e il coraggio che oggi ci fanno essere qui. Prego di essere sempre degni di questo camice, con la consapevolezza che il nostro impegno oggi è solo l’inizio di una vita di cura, sacrificio e responsabilità. Prego di guardare avanti, con lo stesso entusiasmo che ci accompagna oggi, pronti ad affrontare ciò che il futuro ci riserva».

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