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Venezia 81, i 70 anni del piccolo schermo tra cinema e tv

04 settembre 2024

Venezia 81, i 70 anni del piccolo schermo tra cinema e tv

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Settant’anni fa, quando nel gennaio 1954 nasce la televisione in un regime di monopolio, cinema e tv sembrano ancora due mezzi estranei: una situazione di indifferenza che ben presto diventa una più o meno aperta conflittualità. «Siamo decisi a condurre fino in fondo la guerra alla televisione» commentava nel 1970 Carmine Cianfarani, allora presidente Anica. In realtà da quel momento in poi, più che conflittualità, si può parlare di un progressivo avvicinamento che in questi ultimi 50 anni ha visto una trasformazione radicale dell’ecosistema mediale.

Prima a intervenire nella sala Italian Pavillon dell’Hotel Excelsior è Antonella Sciarrone Alibrandi, ordinario di Diritto dell’economia all’Università Cattolica, oggi giudice della Corte Costituzionale, che ha sottolineato come il diritto sia sempre stato presente in questi 70 anni di storia della tv.

«La televisione è frutto di scelte giuridiche che rispondono a una certa visione, a partire dalla forma iniziale del monopolio – ha dichiarato –. Il diritto riesce a perseguire una visione di lungo o almeno medio-lungo periodo e la storia della tv nei suoi rapporti con altri mezzi di comunicazione conferma come sia figlia di una visione che ha però sempre più bisogno di guardare al futuro».

Dopo il saluto di Sciarrone Alibrandi, ha preso parola Massimo Scaglioni, ordinario di Storia ed Economia dei media, direttore del Centro di Ricerca sulla Televisione e i Media Audiovisivi (Ce.R.T.A.), che ha ringraziato don Davide Milani, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, per la favorevole collaborazione che da alcuni anni vede coinvolta l’Università Cattolica al Lido.

«Nell’incontro di oggi dal titolo "Cinema e televisione, a 70 anni dalla nascita del piccolo schermo” – ha spiegato il professor Scaglioni – vorremmo muoverci tra passato e presente, sottolineando il ruolo essenziale dei broadcaster e delle società legate ai broadcaster nella produzione di cinema nazionale, in fasi molto diverse della storia dei media. Abbiamo la fortuna di avere rappresentate i tre grandi mondi che, per dirla con Alberto Barbera, dalla seconda metà degli anni Settanta, hanno “salvato” il cinema della Grande Crisi della Seconda Metà del Novecento».

 

Un articolo di

Anna Simonati

Anna Simonati

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Si apre così il dibattito con Cecilia Valmarana, vice direttrice, Rai Cultura; Giampaolo Letta, vice presidente e amministratore delegato, Medusa Film ed Emanuele Marchesi, Haed of Content Development di Sky Studios. Con Cecilia Valmarana, data la sua lunghissima esperienza nella produzione e programmazione di cinema per RAI, si ripercorre il momento cruciale fra gli anni Settanta e Ottanta quando viene impostata una strategia editoriale e produttiva che si snoda fra la produzione dei film dei grandi autori (come Olmi, Fellini, Bertolucci, Cavani, Antonioni) e le sperimentazioni e gli esordi (ad esempio con Amelio), fino al boom del 1977/78 con le prime palme d’oro a Padre Padrone (dei fratelli Taviani) e L’albero degli zoccoli (di Ermanno Olmi), oltre a Prove d’orchestra (di Federico Fellini). Negli anni successivi la Rai ha continuato a condurre un ruolo essenziale non solo in termini produttivi (con la nascita di Rai Cinema) ma anche grazie alla programmazione, sia dei canali generalisti che di quelli specializzati (Rai Movie).

Un modello che oggi può funzionare con un’attenzione particolare alla programmazione nei palinsesti. «Il cinema è un’opera di dibattito, di dossier, quindi le televisioni tematiche funzionano però riportandolo sulle generaliste, che potrebbe essere l’occasione per alfabetizzare generazioni che non lo conoscono – ha affermato Valmarana –. Quello che serve è un appuntamento fisso e strategie per indirizzare lo spettatore».  

Anche la storia di Medusa intreccia indissolubilmente quella dell’industria culturale nella connessione fra cinema e televisione. Una storia molto complessa, che passa attraverso la fondazione di Penta Film (1988) per poi tornare a Medusa (1995) e si incrocia anche con il nuovo quadro normativo, ovvero l’approvazione, per la prima volta, della legge sulle quote di investimento, alla fine degli anni Novanta, in seguito all’introduzione della Direttiva Europea.

«Il modello Medusa – ha spiegato l’amministratore delegato Giampaolo Letta – ha delle basi forti che rimarranno le medesime con una offerta e una programmazione sempre più varie ma in un contesto più difficile perché c’è più selettività da parte degli spettatori abituati, soprattutto dopo la pandemia, a una visione casalinga e su tanti media differenti. La sfida sarà individuare storie e opere che possano avere grande capacità attrattiva e adeguare le sale: la scelta dello spettatore di andare al cinema è più difficile, bisogna quindi rendere l’esperienza più coinvolgente e “unica”».

Arrivando alla terza fase di questa storia, quella più recente, è sempre più comune parlare di “prodotto audiovisivo”, dove spesso la qualità del grande cinema si trova nella produzione seriale di alto livello. Sky ha certamente segnato una svolta generando quella che viene chiamata “tutta un’altra fiction”, si pensi a titoli come “Romanzo Criminale” e “Gomorra”, fino ad arrivare a “M. il figlio del secolo” che non a caso sarà presentato proprio in questa edizione di Mostra del Cinema di Venezia.

Dalla svolta di Sky nel 2007/2008, la strategia produttiva ed editoriale della pay tv italiana è cambiata, puntando sulla “qualità cinematografica”. Questo però implica una sempre più attenzione alla promozione del nuovo prodotto per avvicinare più target diversi. Emanuele Marchesi, Haed of Content Development di Sky Studios, ha parlato di “eventizzazione del lancio”, possibile proprio grazie alla visione televisiva. «Diventa fondamentale una programmazione tv che guidi lo spettatore a riconoscere il prodotto cinematografico da quello più commerciale, anche valorizzandone l’investimento produttivo/dell’editore».

Il rapporto tra televisione e cinema continuerà a evolvere nell’industria mediale. Quello che è certo è che una buona programmazione di cinema, il prodotto mediale più longevo di tutti, porta valore ai palinsesti tv per il suo essere un “contenuto premium” e alla sua industry per valorizzarne gli investimenti.

La sfida sarà riuscire a conciliare alta qualità e professionalità con necessità commerciali, adeguando e rendendo sempre più chiaro anche il quadro regolamentativo.

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