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Tutte le sfide del Governo Meloni

25 novembre 2022

Tutte le sfide del Governo Meloni

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Dopo il successo elettorale del 25 settembre la coalizione di centrodestra il 22 ottobre ha prestato giuramento. A guidare il Governo, per la prima volta nella storia repubblicana, è una donna: Giorgia Meloni.

A un mese dal suo insediamento, con il contributo dei docenti dell'Università Cattolica, abbiamo provato ad analizzare alcune peculiarità del nuovo Esecutivo come l'introduzione dei concetti di “Natalità”, "Merito" e “Sovranità alimentare" all'interno dei dicasteri della Famiglia, dell’Istruzione e dell'Agricoltura e le sfide che lo attendono: la guerra in Ucraina e i delicati equilibri internazionali, la gestione dei fondi del PNRR, la crisi ambientale e quella energetica. Temi decisivi per il futuro del nostro Paese.

La prima riflessione, però, è rappresentata dal fatto che il nuovo Presidente del Consiglio, per la prima volta, sia una donna. Un evento storico che rappresenta, a prescindere da qualsiasi riflessione di natura politica, che ha una grande rilevanza sociale, come del resto l’elezione, in Italia, di Presidentesse della Camera e, a livello internazionale, l’ascesa di leader politiche donne, che hanno cambiato la storia dei loro Paesi.

Un articolo di

Redazione

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«La valorizzazione della femminilità – spiega la professoressa Raffaella Iafrate, delegata del Rettore alle Pari Opportunità dell’Ateneo - unita al dialogo con l’altro sesso, l’assunzione di un ruolo ispiratore per le altre donne e la prudenza nell’esercitare un potere che sia veramente aperto all’altro, sono le caratteristiche che si auspica possano essere riconosciute nell’esercizio di una responsabilità politica da parte di qualsiasi donna, che rivesta una carica di rilievo politico-sociale».

“Sfondato” il soffitto di cristallo della politica 

«La speranza – conclude Iafrate - è che le donne, che per molto tempo hanno subito le sorti delle minoranze fragili e che ancora in parte le subiscono, scelgano, quando riescono ad arrivare al potere, di esercitarlo con questa consapevolezza».

PNNR, lo specchio dell'Italia

Il mito del posto fisso ormai tra i giovani italiani non va più. Stipendi bassi, poca flessibilità, alta probabilità di doversi trasferire distruggono il fascino della PA nella generazione Z. Un problema non da poco se ad andarci di mezzo è il PNRR, una delle ultime occasioni per l’Italia di tornare a crescere. Come si muoverà il governo di Giorgia Meloni per non perdere l’ultimo treno verso il futuro?
 


Per Barbara Boschetti, docente di Diritto pubblico e coordinatrice del progetto RecoveryLab «la messa a terra del PNRR richiede una PA funzionante ma la riforma della pubblica amministrazione non ha i tempi del Recovery Plan. Il vero problema è che anche se mettessimo tutte le risorse sul tavolo i giovani non sono attratti dal brand PA. Per questo il governo ha pensato a dei team di supporto esterni soprattutto per le amministrazioni locali. Ma 1000 unità per aiutare 8000 comuni sono troppo poche».

La politica estera sotto un cielo minaccioso

Tensioni, guerre vicine e lontane, pericoli per la democrazia. Il neonato governo italiano si trova a confrontarsi con un quadro estero inquietante che richiede diplomazia, fermezza nell’affermare i valori della pace e del rispetto delle sovranità nazionali. Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta scuola in Economia e relazioni internazionali dell’Università Cattolica (ASERI), ha appena affrontato queste tematiche nel suo ultimo libro Il posto della guerra (ed. Bompiani), che verrà presentato in Ateneo lunedì 28 novembre in un incontro con Angelo Panebianco e Paola Peduzzi.
 

«Sulla questione del sostegno alla resistenza ucraina per la liberazione dei territori invasi dalla Russia – spiega Parsi - questo governo sembra in sintonia sia con il governo precedente che con gli alleati. L'unico 'vulnus' è la posizione latente da parte di alcuni partiti e personalità i cui i rapporti di carattere politico e commerciale con Putin non sono mai stati completamente chiariti. Questa è l'unico vero interrogativo che si pongono i nostri interlocutori».

«Per quanto riguarda invece i rapporti con la Cina qualcosa di interessante si è aperto all'ultimo G20 dove Pechino ha chiarito che non necessariamente i suoi interessi coincidono con la Russia. Anche se la Cina ha un interesse a modificare il suo rango e il suo status ha di fronte a sé due scelte: aspirare a essere la prima potenza nel mondo sostituire negli Stati Uniti e in questo caso è chiaro che costruirà un sistema internazionale a ricalco dei suoi principi domestici, inaccettabile per le democrazie occidentali, oppure – conclude il direttore di Aseri - non essere seconda a nessuno e ottenere un riconoscimento di pari rango accanto all'Europa e al fianco degli Usa all'interno dell'ordine internazionale. Questo è compatibile con i nostri interessi politici, economici e normativi. E va anche nell'interesse cinese».

Natalità, Merito e Sovranità alimentare. Tre temi per tre ministeri

Un tema che, da subito, è stato oggetto di dibattito è nato dalla scelta da parte del nuovo Governo di assegnare alcune significative denominazioni a tre dicasteri. La Natalità per il Ministero della famiglia, il Merito per quello dell’Istruzione e la Sovranità alimentare per l’Agricoltura.

Nascite, giovani e donne sono tre sfide intrecciate cruciali per il futuro dell’Italia. Nella sua analisi il professor Alessandro Rosina, demografo del nostro Ateneo, mette in guardia sul fatto «che l’Italia si gioca l’ultima possibilità di invertire la tendenza negativa delle natalità. I motivi di questa ultima finestra sono due: in positivo le condizioni di opportunità uniche di questo momento storico, in negativo la prossimità al punto di non ritorno degli squilibri accumulati».

Denatalità, gli squilibri del Paese rischiano di condannarci a un declino irreversibile 

«Il primo motivo – spiega Rosina - è legato all’opportunità, grazie al fondo Next Generation Eu, di poterci affrancare dall’alibi delle risorse che mancano. Il secondo è rappresentato dalla trappola demografica in cui siamo entrati e che rischia di condannarci in modo irreversibile a una spirale negativa. Riguardo ai giovani uno dei freni principali è costituito dai limiti della transizione scuola-lavoro e della transizione, in generale, alla vita adulta. Un altro cruciale freno alla natalità è rappresentato dalle difficoltà di conciliazione tra lavoro e responsabilità familiari. L’Italia presenta una delle peggiori combinazioni tra bassa fecondità e bassa occupazione femminile».

«Ci sono tre dati – conclude Rosina - che ci consentiranno di capire se questo Governo sarà stato in grado di essere all’altezza della sfida di questo cruciale momento storico del nostro paese. Primo: il rialzo delle nascite verso quota 500 mila. Secondo: la riduzione di un terzo del tasso di Neet. Terzo: il dimezzamento del gap occupazionale di genere. Se nella seconda metà di questo decennio tali obiettivi non verranno raggiunti, l’ultima finestra di opportunità si chiuderà con squilibri destinati a rimanere irrecuperabili».

«Il tema del merito – secondo Paolo Balduzzi, docente del Dipartimento di Economia e finanza della Cattolica - è avvincente; parlarne è utile; agire è quantomai necessario. Tuttavia, prima di farlo, il governo farà bene a chiarire alcuni punti. Il primo è naturalmente che cosa si intende con questo termine».

Che cos’è il merito 

«Al momento, questo è solo un titolo, una parola, un’appendice. Il concetto è ancora tutto da riempire. Che cosa si intende per merito? O meglio: che cosa si dovrebbe intendere? Un approccio che ponesse l’intera enfasi sui risultati sarebbe errato. Su questi, infatti, influiscono almeno due elementi. Il primo è ovviamente lo sforzo. È corretto retribuire o premiare chi si sforza di più e chi lavora meglio. Il secondo elemento è invece definito dalle condizioni di partenza. E premiare qualcuno in base a un risultato (un’occupazione, uno stipendio, un voto scolastico) che dipende dall’ambiente in cui quella persona vive e cresce è invece profondamente sbagliato; anzi, è proprio l’opposto del concetto di merito. Questo approccio è noto in filosofia politica e in economia come “uguaglianza delle opportunità».

«Se dovessimo immaginare una battaglia bipartisan in Parlamento – conclude Balduzzi - probabilmente quella sul merito sarebbe la prima che ci verrebbe in mente».

Sul concetto di Sovranità Alimentare, invece, secondo il professor Paolo Sckokai, direttore del Dipartimento di Economia agro-alimentare, «se questo nome implica che l'atteggiamento del Ministero sarà quello di dare grande valore ai prodotti del Made in Italy, è ovviamente un elemento positivo. Quello che in qualche modo bisogna avere presente però è che “sovranità alimentare” non può mai significare una sorta di autarchia dal punto di vista delle produzioni di alimenti perché se è vero che i prodotti tipici sono importanti, basta pensare che fanno più o meno il 20% del valore della produzione, l'altro 80% è fatto essenzialmente di prodotti alimentari di qualità che hanno bisogno di materie prime, che solo in parte sono prodotte in Italia, di cui abbiamo assolutamente bisogno. Per valorizzare il prodotto alimentare italiano, quindi, serve sia la valorizzazione dei prodotti del nostro territorio, che hanno già un valore molto importante, sia tenere i mercati aperti per avere tutto quello che serve per produrre cibo di qualità nella misura necessaria».

Ghiacciai, nucleare e rigassificatori: il Governo Meloni e la sfida ambientale

Ma un tema decisivo, come hanno dimostrato un’estate rovente e un autunno a dir poco primaverile è quello legato alla crisi climatica che, complice la guerra in Ucraina, deve fronteggiare anche una grave crisi energetica. Si va delineando così uno scenario estremamente delicato con un equilibrio sempre più complesso da gestire. Come affronterà il governo Meloni il tema ambientale? Rigassificatori e termovalorizzatori sono ancora le armi di distrazione di massa che permettono all’Italia di posticipare la risoluzione dei problemi?

 



Per il professor Giacomo Gerosa, docente di Ecologia e Fisica dell’Atmosfera, «Puntare sul gas è un errore multiplo. Significa rimandare ancora una volta gli obbiettivi che ci siamo dati come Paese sulle emissioni di carbonio fossile. Le trivellazioni nel mar Adriatico sono un modo per raschiare il fondo del barile. Il nucleare sulla carta è una fonte di energia pulita ma ha il problema dello stoccaggio delle scorie, per costruire una centrale occorrono 15 anni e inoltre non ci rende “indipendenti” perché dovremmo importare l’uranio. E indovinate chi è il maggior esportatore al mondo? La Russia».

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