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“Sfondato” il soffitto di cristallo della politica

20 novembre 2022

“Sfondato” il soffitto di cristallo della politica

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Al di là di qualsiasi considerazione di natura politica ed ideologica, il fatto che il nuovo governo abbia a capo la prima premier donna nella storia della Repubblica Italiana non può non sollecitare interrogativi e riflessioni sul ruolo delle donne nella gestione della cosa pubblica e nelle posizioni di potere.

Una prima serie di riflessioni prende avvio dai dati del Global Gender Gap Report del 2022, che mostrano la tendenza molto forte nel nostro Paese a non consentire alle donne di raggiungere posizioni apicali nei loro contesti lavorativi, fenomeno del cosiddetto “soffitto di cristallo”, che ben si può applicare anche alla politica sia a livello nazionale, sia internazionale. In questo senso fa notizia l’elezione di una Premier donna, così come la fecero le elezioni in Italia di Presidentesse della Camera e, a livello internazionale, l’ascesa di leader politiche donne, che hanno cambiato la storia dei loro Paesi.

Ma esistono peculiarità specifiche nella leadership al femminile? Molta letteratura psicosociale ha cercato di rispondere a questa domanda. Diversi studi, partendo dalla teoria dei ruoli sociali, hanno evidenziato una tendenza di uomini e donne ad esercitare il potere e la leadership in modo differente. Secondo questa prospettiva, gli uomini sarebbero più inclini a concepire la leadership come potere e dominio mentre le donne la eserciterebbero in una modalità più comunitaria. Le donne inoltre mostrerebbero comportamenti più improntati al dialogo e all’ascolto, all’attenzione ai bisogni degli altri e sarebbero orientate a far crescere gli altri più che a rivolgere esclusivamente il lavoro alla produttività. Inoltre, lo stile di leadership femminile sarebbe più centrato sulla collaborazione e la democraticità rispetto ai modelli maschili più autocentrati e direttivi. Tuttavia, la retorica dell’uomo come leader orientato al compito (“agentic”) e della donna come leader orientata alla relazione (“communal”) sembra legata ad una visione stereotipata delle differenze di genere oggi ormai superata. In una visione più attuale e complessa ci si sta infatti avviando verso un modello integrato di leadership, la cosiddetta “leadership trasformazionale” che potrebbe essere tradotta nella capacità di guidare avendo una visione, un obiettivo, accrescendo al tempo stesso la consapevolezza dei membri e puntando su valori condivisi che possano ispirare il cambiamento nelle persone stesse, spingendole ad andare oltre gli obiettivi meramente personali per mettersi al servizio della collettività. Queste evidenze della letteratura conducono alla consapevolezza, oramai assodata, che la leadership più efficace unisca in sé sia la competenza e l’orientamento al compito e alla prestazione, spesso associate al modello di ruolo maschile, sia la cura dei legami, l’ascolto, le capacità di mediare, di mettere in rete e di far crescere le relazioni, a lungo ritenute appannaggio del solo genere femminile e spesso sottovalutate nel loro valore produttivo.

Un “alert” nella riflessione sul tema “donne e potere” riguarda dunque la sottolineatura di come una sapiente regia delle relazioni, la capacità di cura, intesa come “farsi carico” (I care) dell’altro siano aspetti da valorizzare, evitando il rischio che la parità di genere nella gestione della leadership si traduca in uno scimmiottamento di un vecchio modello di sapore maschilista incentrato prevalentemente sul compito e poco attento ai legami.

Particolarmente rilevanti ai fini della nostra riflessione sono però, a mio parere, altre due aree di studio che consentono di evitare interpretazioni pericolosamente semplicistiche del tema, ma ne evidenziano i chiaroscuri che lo caratterizzano: si tratta del filone di ricerca dedicato al “female role model” e a quello dedicato alla cosiddetta “queen bee syndrome”.

Il primo tema dei “modelli di ruolo al femminile” riguarda il fatto che sia molto importante che le donne possano assistere a percorsi di altre donne che arrivano ad assumere ruoli di responsabilità e posizioni apicali, perché questo sarebbe fonte di ispirazione per il genere femminile e faciliterebbe l’emulazione, incoraggiando le altre donne a perseguire mete più ambiziose, rafforzando la loro motivazione ad un posizionamento sociale di rilievo.

Ma va detto che il fatto che una donna possa arrivare al potere non è sufficiente per garantire una effettiva parità tra i generi, ossia per “sfondare” il soffitto di cristallo: è molto importante infatti capire come la donna interpreti il potere. Esiste al proposito un filone della letteratura che analizza il fenomeno della “sindrome dell’ape regina” (queen bee syndrome) che viene applicato alle donne che hanno raggiunto il successo in campi tradizionalmente dominati dagli uomini e tendono a relazionarsi solo con colleghi dell'altro sesso, che ritengono alla propria altezza, squalificando e confinando a ruoli marginali le altre donne.

 La riflessione sui rischi che il potere femminile può portare con sé deve dunque rappresentare un monito alle donne di successo affinché la loro posizione possa veramente favorire e non ostacolare il proprio genere di appartenenza.

In sintesi, la valorizzazione della femminilità unita al dialogo con l’altro sesso, l’assunzione di un ruolo ispiratore per le altre donne e la prudenza nell’esercitare un potere che sia veramente aperto all’altro, sono le caratteristiche che si auspica possano essere riconosciute nell’esercizio di una responsabilità politica da parte di qualsiasi donna, che rivesta una carica di rilievo politico-sociale.

Resta comunque  il fatto che, al di là di un potere al maschile o al femminile, solo una politica che, come afferma Papa Francesco,  “abbia davvero a cuore la società, il popolo, la cura dei più deboli: gli affamati, i disoccupati, i senza tetto, gli immigrati, i popoli indigeni, gli anziani sempre più soli e abbandonati, i bambini ancora nel grembo delle madri…tutti gli sfruttati e quanti la società attuale dello scarto ha trasformato in rifiuti”, potrà consentire un esercizio del potere al servizio del bene comune e potrà dirsi  davvero la “più alta forma di carità”. L’auspicio è che le donne, che per molto tempo hanno subito le sorti delle minoranze fragili e che ancora in parte le subiscono, scelgano, quando riescono ad arrivare al potere, di esercitarlo con questa consapevolezza.

Un articolo di

Raffaella Iafrate

Raffaella Iafrate

Delegata del Rettore alle Pari Opportunità

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