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150 anni del jeans, storia di un'icona

19 maggio 2023

150 anni del jeans, storia di un'icona

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Nati come pantaloni da lavoro e diventati nel corso degli anni un’icona da indossare, i jeans hanno accompagnato intere generazioni restando al passo con la moda e i cambiamenti della società. Chiunque ne ha almeno un paio nell’armadio, ogni stilista e brand di moda ne ha un modello nelle proprie collezioni, il jeans è il capo d’abbigliamento che ha raggiunto tutte le classi sociali, le età e ogni parte del mondo. A far divenire leggenda i blue jeans sono stati un sarto, Jacob Davis, e un fornitore di tessuti, Levi Strauss che il 20 maggio del 1873 ne depositarono il brevetto.

In occasione dei 150 anni dei blue jeans, la professoressa Carla Lunghi del Centro per lo studio della moda e della produzione culturale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ci ha raccontato la loro storia, e come sono riusciti a trasformarsi in un vero e proprio simbolo identitario in differenti periodi storici.

«La storia del jeans affonda le sue radici nel XV secolo, quando in Europa inizia a circolare un tipo di tela molto resistente, il fustagno blu tinto con il guado. Questo tessuto, usato soprattutto sulle navi per coprire le merci, diviene ben presto una “specialità” della città francese di Nîmes: da qui il temine denim ossia tela di Nimes (De Nîmes). Ma è dal porto di Genova che il denim viene diffuso e trasportato in tutto il mondo. I pescatori genovesi lo utilizzano per produrre indumenti da lavoro e la sua tonalità (il blu) in poco tempo, diventa il colore tipico del capoluogo ligure: il denim verrà chiamato anche blue de Genes (blu di Genova), da cui il termine blue jeans».

Ben presto dall’Europa i jeans non tardarono a raggiungere le coste americane...

Negli Stati Uniti il denim conosce una forte diffusione soprattutto fra i minatori, gli operai e gli agricoltori, sempre alla ricerca di un materiale robusto ma economico con cui confezionare abiti da lavoro adatti ad attività prettamente fisiche. Nel 1873, Jacob W. Davis, un sarto del Nevada, inizia a produrre pantaloni in denim con una brillante intuizione: al fine di evitarne rotture e usure, inserisce rivetti di rame in alcuni punti critici come le tasche. La sua innovazione è talmente vincente che ben presto, dato il vertiginoso aumento delle richieste, decide di trovare un finanziatore per avviarne una produzione industriale. È nel 1880 che si mette in società con un mercante di denim, Levi Strauss: nasce allora la Levi Strauss & Co, che ne ottiene in breve tempo anche il brevetto.

Come avvenne il passaggio da semplice e pratico indumento da lavoro a capo di moda?

Dopo la Seconda Guerra mondiale, il processo di trasformazione culturale del jeans, che da tenuta lavorativa diventa in pochi decenni un capo versatile, utilizzato per lo più nel tempo libero e dai giovani, viene alimentato soprattutto dal cinema statunitense. Il selvaggio West diviene una forma popolare di intrattenimento e i suoi protagonisti - i grandi attori di Hollywood come James Dean e Marlon Brando – indossano comunemente i jeans, dentro e fuori dal set. Anche il mondo musicale, in particolare il rock’n’roll con i suoi idoli (come Elvis Presley) ne marca un cambiamento generazionale nell’uso e nei significati: i jeans sono l’emblema di quella generazione, bella, giovane e ribelle.

Nel tempo i jeans divengono lo specchio e l’emblema dei cambiamenti sociali e culturali: dalla conquista dei diritti delle donne nella società e nel mondo del lavoro, alla contestazione del 68 fino ad oggi, i jeans con i loro diversi modelli segnano e seguono  cambi di epoca…

Nel corso degli anni Sessanta, un’ulteriore attribuzione semantica ne segna la storia: diventano la tenuta preferita degli hippy e dei giovani contestatori in un’ottica anticonsumistica e antiborghese. Anche le femministe ne fanno un indumento “politico” con cui dimostrare un’agognata parità e libertà sessuale. Simbolo della controcultura, della ribellione giovanile, dell’emancipazione delle donne si modificano radicalmente nella forma: da skinny e attillati negli anni 60, nel decennio successivo si allargano a forma di zampa di elefante e diventano unisex.

Ma gli anni Settanta segnano anche l’entrata dei jeans nel mondo della moda..  

Il primo ad accorgersi dell’enorme potenziale è Calvin Klein, che nel 1976 li porta in passerella e qualche anno più tardi li rende un capo femminile e super sexy grazie a un’audace campagna pubblicitaria con una giovanissima Brooke Shields, fotografata in pose sensuali da Richard Avedon. A partire da quel momento il fashion system se ne appropria per non lasciarli mai più. Tutti i grandi stilisti iniziano a produrli e a modificarli secondo i gusti e le tendenze del momento: colorati, sexy, casual, eleganti, sportivi... non c’è da allora passerella o griffe che non li riproponga in qualche nuova (o forse antica?) versione.  

In occasione dei loro primi 150 anni di vita è legittimo quindi domandarsi: ma i jeans passeranno mai di moda?

Non credo perché di fatto, paradossalmente, non sono un capo di moda ma sono al di fuori della moda. Rimanendo sempre di moda, infatti, i jeans sfuggono alle regole ferree del mercato, che impone a ogni prodotto di esser di tendenza solo per breve tempo e di andare rapidamente fuori moda; sono, dunque, a tutti gli effetti un interessantissimo esempio di oggetto culturale universale che accomuna lo stile di vita e di consumi di tutte le società occidentali.

Un articolo di

Graziana Gabbianelli

Graziana Gabbianelli

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