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Charity@Home, un’estate al servizio degli altri

29 settembre 2021

Charity@Home, un’estate al servizio degli altri

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Ogni estate è diversa, ma qualcuna può esserlo ancora di più. È l’estate di chi sceglie di destinare il tempo della vacanza e del riposo al servizio degli altri facendo un’esperienza di volontariato. Così è stato per Jacopo Varisco e Matilde De Vito, 24 e 20 anni, entrambi di Monza, tra gli studenti che quest’anno hanno partecipato al programma Charity@Home, un’edizione tutta italiana del programma di volontariato internazionale promosso dal Centro di Ateneo per la Solidarietà Internazionale (CeSI) dell’Università Cattolica.


Jacopo si è laureato a marzo in Scienze politiche e relazioni internazionali e l’anno prossimo proseguirà con gli studi magistrali, mentre Matilde è al secondo anno di Scienze linguistiche e letterature straniere. Questa estate hanno soggiornato quattro settimane nella foresteria Civico 81 a Cremona, prestando servizio presso Rigenera, l’esperienza di Agricoltura Sociale della Cooperativa Sociale Nazareth, il centro diurno “Giona” (sempre gestito dalla cooperativa Nazareth) e l’associazione Drum Bun, che in romeno vuol dire “Buon viaggio”. L’associazione, con la quale il CeSi collabora dal 2017, è nata dall’intuizione e dall’entusiasmo di don Pier Codazzi che nell’estate 1997 radunò un piccolo gruppo di giovani cremonesi per vivere un’esperienza di volontariato in Romania. A bordo di un pulmino rosso, carico di materiali di riciclo, berretti e attrezzi da giocoleria, il gruppo raggiunse due località vicino a Bucarest, Ploiesti e Buzau, dove sono attive comunità cattoliche. Da quel momento l’associazione Drum Bun non si è più fermata e dal 2006 è arrivata anche in Albania. In Italia i suoi volontari sono attivi a Cremona presso il Centro “Giona” (partecipando ad attività formative, espressive e sportive che coinvolgono adolescenti e giovani in situazione di difficoltà sociale e familiare) e in Calabria a Fuscaldo e Paola, dove è attiva la Cooperativa “Il segno” che si occupa di agricoltura biologica e sociale.


A raccontarcelo è Giulia Fiammenghi, referente del progetto Drum Bun e responsabile della tutela minori all’interno della Cooperativa Nazareth, dove coordina l’equipe di educatori che si occupa dei ragazzi minorenni, raccordandosi con il comune di Cremona e gli altri enti sul territorio.

Drum Bun, Nazareth, Giona e Rigenera rappresentano una realtà poliedrica che, in sinergia con altri enti e istituzioni, abbraccia diversi ambiti del sociale con la progettazione, realizzazione e gestione di servizi educativi e assistenziali rivolti ai minori e alle famiglie. Formazione e sostegno scolastico, animazione, percorsi guidati di inserimento lavorativo, accoglienza di minori non accompagnati e di richiedenti asilo adulti nei progetti Sai (Sistema Accoglienza Integrazione) sono alcune delle attività.


Jacopo e Matilde hanno dato il loro aiuto ai minori stranieri non accompagnati, supportato gli educatori nell’insegnamento della lingua italiana, trascorso del tempo insieme ai ragazzi durante le attività sportive e di svago, li hanno accompagnati nella raccolta delle more nell’azienda agricola Rigenera, una volta alla settimana, in gita, e nelle attività del laboratorio di falegnameria.

A quest’ultimo partecipano non soltanto i minori stranieri, ma anche soggetti con problematiche psichiatriche e altri giovani coinvolti in progetti contro la dispersione scolastica sul territorio. Qui si imparano sia le nozioni tecniche, la conoscenza dei materiali, l’uso e la manutenzione degli attrezzi e dei macchinari, sia le regole di comportamento sul posto di lavoro.


«Vai, buttati» è l’invito che Giulia rivolge ai volontari che arrivano a Cremona ogni anno – una quarantina in epoca pre-covid – molti dei quali pensionati. Oggi, a causa della pandemia, il numero è sensibilmente inferiore e comprende per lo più tirocinanti, data la ridotta capacità di accoglienza delle varie strutture.

«Il valore dell’esperienza – racconta Giulia – è soprattutto relazionale, i volontari entrano in contatto diretto con i nostri ragazzi, si confrontano con altre generazioni, origini e storie diverse, rompendo alcuni confini mentali».


Voglia di mettersi in gioco, uscire dalla propria comfort zone e dedicare del tempo agli altri. Sono queste le motivazioni che hanno spinto Matilde ad aderire al bando di Charity@Home. «Durante la pandemia sono emerse con più forza le diseguaglianze sociali – racconta Matilde – mi sono accorta di essere privilegiata rispetto a tante altre persone. Così ho deciso di dedicare del tempo a chi è meno fortunato di me».


Anche per Jacopo l’idea è stata quella di «fare qualcosa di buono per gli altri», soprattutto in un momento, come quello vissuto nei mesi scorsi, dove c’è stata una maggiore sensibilizzazione verso l’aiuto del prossimo.

Ogni momento quotidiano di socialità – come preparare i cannelloni per il pranzo della domenica – è stato per loro un’occasione preziosa per imparare a conoscersi e a relazionarsi, ma anche per comprendere meglio «come funziona il sistema dell’accoglienza nel nostro Paese», dice Jacopo, e «acquisire quelle competenze soft tanto utili per affrontare il mondo del lavoro», aggiunge Matilde.


«Nonostante storie di vita ‘pesanti' – racconta quest’ultima – ho trovato persone con il sorriso, con tanta voglia di ripartire». La speranza per entrambi gli studenti è di essere stati utili, di aver lasciato qualcosa a qualcuno. «In un’esperienza di volontariato come questa è davvero tanto quello che ti porti a casa – conclude Jacopo – che ti domandi se sei riuscito a donare altrettanto».

Un articolo di

Valentina Stefani (testo) e Nicholas Berardo (foto)

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