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Affido familiare, associazioni, istituzioni e famiglie in dialogo

18 giugno 2024

Affido familiare, associazioni, istituzioni e famiglie in dialogo

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Loro sono Michele, Debora, Francesco e Giorgio, ragazzi tra i 20 e i 24 anni come tanti. Con un nome e un vissuto di difficoltà familiari che li hanno portati a vivere in comunità e/o in famiglie affidatarie. Sguardi e voci trasmettono la fatica di una vita giovanissima e già messa alla prova, ma ad un tempo la conquista di un nuovo equilibrio e la speranza saldamente riposta nel futuro.

Un video commovente con testimonianze in primo piano ha aperto il convegno “Rilanciare l’affido familiare: l’interesse del minore nei percorsi di accoglienza”, promosso dal Centro di Ateneo Studi e ricerche sulla famiglia dell’Ateneo in collaborazione con il master “Affido e adozione e nuove sfide dell’accoglienza familiare: aspetti clinici, sociali e giuridici”, l’“Associazione Cometa” e “Famiglie per l’accoglienza” che ha realizzato il video, venerdì 14 maggio in largo Gemelli a Milano. 

L’evento ha voluto dare voce e creare un ponte tra i numerosi protagonisti che affollano la complessa scena dell’affido, ovvero i minori, le famiglie, le associazioni, gli operatori sociali e le istituzioni, offrendo un luogo di confronto e dibattito pubblico per condividere domande, conoscenze, esperienze e modalità innovative di intervento. Al centro dell’attenzione sono i minori che vivono una esperienza di fragilità del proprio nucleo famigliare, per offrire loro la possibilità di vivere elazioni familiari affidabili e tenaci nella famiglia affidataria, essenziali per lo sviluppo della propria identità e per instaurare in futuro legami soddisfacenti con i pari, nello studio, nel lavoro, negli affetti.

Studiosi, magistrati, avvocati, famiglie affidatarie e operatori dei servizi si sono interrogati sulla grave crisi antropologica attuale che ha colpito le relazioni famigliari e sul pericolo di un disinvestimento politico ed economico su di esse che non fa che accrescere la sfiducia nella capacità della famiglia di essere sostegno e motore della società, se pure con le sue fragilità. 

Il tutto avendo presente il quadro normativo a partire dalla legge 184 del 1983 che ha introdotto la disciplina dell’affido familiare, per arrivare alla approvazione delle nuove Linee di indirizzo da parte delle Regioni per guidare le politiche sociali per i minori verso una uniformità di interventi, fino alla recente discussione del disegno di legge sull’affido presentato a febbraio dalla ministra per la famiglia, Eugenia Roccella, e all’entrata in vigore della riforma Cartabia sulla giustizia minorile prevista per il 14 ottobre ma passibile di uno slittamento di almeno un anno. 

 

Su questo punto la presidente del Tribunale per i minorenni di Milano Maria Carla Gatto ha espresso una perplessità in quanto ci si occupa solo di questioni urgenti legate prevalentemente alla salute, mentre «non si riesce ad assicurare la tutela dei minori a Milano perchè sono troppi. 13.000 procedimenti pendenti riguardano un numero ancora maggiore di bambini perché un procedimento può riguardare diversi fratelli» - ha aggiunto Gatto. E al tempo stesso sono 72 i giudici onorari attualmente presenti in Tribunale  che saranno probabilmente aboliti con la conseguenza che non sarà possibile garantire procedure fondamentali come la preparazione dei bambini al passaggio dalla famiglia affidataria a quella adottiva.

Alla base dei provvedimenti sta sempre un’idea da salvaguardare. In questo caso l’idea di figlio che Eugenia Scabini, già direttrice del Centro di Ateneo studi e ricerche sulla famiglia, ha ricordato essere fondata sulla generatività: «Essere figli vuol dire avere un’appartenenza familiare generazionale, questo è lo zoccolo duro dell’identità» e «il bene della vita che è all’origine ha bisogno di essere accompagnato da un altro bene che è la cura, in questo caso del bambino e dei suoi bisogni». Il difficile compito dell’affido è la situazione di confine tra la lealtà verso la famiglia che ha dato la vita e la famiglia che offre nuove opportunità.

Un processo graduale che richiede un’accoglienza reciproca, come hanno evidenziato diversi relatori, e la fiducia nell’altro da sè. Raffaella Iafrate, prorettrice dell’Ateneo delegata alle Pari opportunità e psicologa esperta di affido, ha detto che «l’affido è un atto di fiducia collettivo e comunitario, come se ciascun soggetto dicesse “io mi fido di te” perché ha in mente il bene. Un atto che richiede a ciascuno di essere disposto anche perdere qualcosa per riuscire a realizzare l’incontro». Un incontro che per essere positivo nel tempo ha bisogno delle istituzioni, ovvero dei servizi sociali e dei tribunali minorili, che devono essere accanto alle famiglie affidatarie e alle reti familiari. Diversamente il numero continuerà a diminuire e non si riuscirà a garantire un futuro ai 14.000 minori oggi accolti in famiglia, mentre altrettanti sono ospitati nelle comunità.

La denatalità non aiuta, come ha sottolineato Assunta Morresi, vice capo di Gabinetto della ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. «È un fatto il calo delle nascite, soprattutto nei cosiddetti Paesi sviluppati, e anche quello delle famiglie disponibili all’affido. Ma la richiesta continuerà ad aumentare perché si riscontra una crescente fragilità delle famiglie». Sempre dalla Morresi è arrivata la rassicurazione che la discussione parlamentare del disegno di legge finalizzato alla raccolta strutturata e costante di dati riguardanti i minori in affido e le famiglie affidatarie potrà essere l’occasione per un confronto pubblico tra addetti ai lavori con l’obiettivo di considerare l’affido come risposta al supporto dei minori fragili secondo il principio della sussidiarietà. 

Michele Cantatore del Servizio Coordinamento affidi del Comune di Milano, ha esemplificato il problema, snocciolando cifre su cui riflettere. «A Milano nel 2023 ci sono stati 315 affidi giudiziari a tempo pieno e 150 famiglie hanno svolto il percorso di formazione specifico. Gli affidi durano in media 8-9 anni e, al termine, il 20% dei minori va in adozione alla famiglia affidataria, un 20% permane nella stessa famiglia e solo il 7% torna alla famiglia d’origine». A fare richiesta di affido sono anche  single, le coppie omogenitoriali, e coppie che cercano in questa forma peculiare di genitorialità la realizzazione di un progetto generativo. «Lo scorso anno, su 150 coppie e singoli che hanno chiesto di partecipare ai percorsi di formazione per l’affido, solo una parte di queste ha realizzato questo progetto.».

Nel complesso è fondamentale individuare strategie innovative per rilanciare e sostenere l’affido. Si tratta di un investimento anche economico i cui frutti si potranno vedere nel lungo termine.

All’evento sono state presentate le ricerche che in quarant’anni di operato il Centro di Ateneo studi e ricerche sulla famiglia ha portato avanti sull’affido e la psicologa della Cattolica Giulia Lopez ne ha spiegato le diverse forme: a tempo parziale, d’emergenza, culturale, potenziato, forme peculiari di affido come quello dei giovani tra i 18 e i 21 anni o dei minori stranieri o l’affiancamento familiare rivolto a tutto il nucleo familiare.

Inoltre, molte sono state le testimonianze di associazioni come “Cometa”, “Famiglia per l’accoglienza”, l’ANFAA, Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie, intervenute alla tavola rotonda del pomeriggio. E a gran voce tutti hanno riconosciuto e fatto un appello all’importanza dell’ascolto, quell’ascolto che Michele, Debora, Francesco e Giorgio hanno chiesto con delicatezza che fosse posto al centro della relazione con i servizi e le istituzioni.
 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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