Studiare l’idea di “Occidente”, da una prospettiva inedita. La recente apertura degli Archivi vaticani per gli anni del pontificato di Pio XII offre agli storici l’opportunità di mettere in discussione approcci eccessivamente schematici e omologanti al concetto di “identità occidentale”. Questo è il motivo che ha portato quattro atenei - Università Cattolica del Sacro Cuore, Pontificia Università Gregoriana, Universidad de Navarra e Universidade Católica Portuguesa - ad avviare un rapporto quadriennale di collaborazione per la realizzazione del progetto di ricerca “Occidentes. Orizzonti e progetti di civiltà nella Chiesa di Pio XII”.
Nell’arco di quattro anni il progetto – il cui coordinamento scientifico è affidato ai professori Paolo Valvo, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, don Roberto Regoli, della Pontificia Università Gregoriana, Pablo Pérez López, dell’Universidad de Navarra, Paulo Fernando de Oliveira Fontes, della Universidade Católica Portuguesa – si concentrerà su quattro ambiti di studio: 1) La Santa Sede e l’Occidente nell’ordine mondiale postbellico; 2) Civilizzazione, inculturazione, indigenismo. Ai confini dell’Occidente; 3) Chiesa, cattolici e democrazia: esperienze a confronto; 4) Guidare lo sviluppo. I cattolici e la modernizzazione socioeconomica.
«L’idea di “Occidente” è stata oggetto, fin dall’antichità, delle più diverse interpretazioni, che hanno tentato di definirne estensione e limiti, in un crescendo di complessità soprattutto a partire dalla scoperta del Nuovo Mondo americano», osserva Paolo Valvo, docente di Storia della civiltà e della cultura europea all’Università Cattolica. «All’inizio del ’900 il ricorso sempre più frequente al concetto di “Occidente” è stato funzionale a legittimare l’ideale passaggio di testimone dall’Europa agli Stati Uniti come guida morale di quello che per comodità si può chiamare “mondo occidentale”, mentre all’indomani della Seconda guerra mondiale i processi di interconnessione economica, politica, culturale e sociale, che hanno attraversato quello stesso mondo, hanno contribuito a plasmare un’idea di Occidente come entità organica, animata dai medesimi valori di fondo, alimentando un immaginario che è andato rafforzandosi nei decenni della Guerra Fredda».
In discontinuità con questa visione omologante, la Chiesa cattolica nelle sue varie articolazioni si è contraddistinta, durante il pontificato di papa Pacelli, per una significativa pluralità di approcci, in Europa come nelle Americhe, contribuendo a mantenere viva la dialettica tra idee e modelli differenti di “Occidente”. «La possibilità di accedere agli Archivi vaticani per gli anni del pontificato di Pio XII offre un’occasione preziosa per studiare un periodo storico cruciale per l’evoluzione dell’idea stessa di “Occidente” e del suo rapporto con la Chiesa e il cattolicesimo», afferma don Roberto Regoli, direttore del Dipartimento di Storia della Chiesa alla Pontificia Università Gregoriana. «Gli anni del pontificato di Pio XII (1939-1958) appaiono infatti rilevanti per l’elaborazione, da parte del mondo cattolico, e in particolare della Santa Sede, di un approccio peculiare alla realtà sociopolitica internazionale, a cominciare dal contesto europeo, dove il confronto tra le diverse idee di Occidente risente particolarmente delle lacerazioni prodotte dal Secondo conflitto mondiale».