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Banche e risk management. Parla Victor Massiah

07 luglio 2022

Banche e risk management. Parla Victor Massiah

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«Il risk management è ormai un ingrediente indispensabile del processo decisionale della banca in tutte le sue componenti: quella strategica, in quanto contribuisce alla definizione del posizionamento strutturale sulla curva rischio rendimento; quella tattica, in quanto supporta l’operatività del giorno per giorno nelle decisioni singole sul credito e sui mercati». Victor Massiah, banchiere di lungo corso, con alle spalle una grande esperienza in alcuni dei principali gruppi bancari italiani - ultimo dei quali Ubi Banca dove ha rivestito il ruolo di amministratore delegato - tratteggia così il futuro di un settore in continua evoluzione. E dove la formazione costituisce un tassello importante del puzzle per fronteggiare le situazioni di crisi. A lui il master in Credit Risk Management - Crerim, diretto dalla preside di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative Elena Beccalli e giunto alla sua tredicesima edizione, ha affidato la lezione conclusiva dedicata al tema “The evolution of the role of risk management”.

Quali sono le skill di cui deve dotarsi un professionista per gestire shock finanziari sempre più ricorrenti? Massiah parte da una premessa: «Non si tratta di avere il compito di predire crisi economiche. Quella del risk manager è una professione che molto più semplicemente segnala se ci si sta posizionando su profili di rischio molto elevati, basandosi sugli eventi che sono precedentemente successi e dando una dimensione del rischio a ogni singola situazione esistente». Poi, guardando alle skill, «sono fondamentali studi statistici o matematici e buone capacità di saper disegnare o almeno mantenere modelli statistici previsionali che riguardano la dimensione probabilistica di situazioni negative per singole transazioni». Competenze non solo statistiche ma anche di tipo digitale visto che, aggiunge Massiah nel risk management «la digitalizzazione favorisce l’acquisizione dei dati utili alla realizzazione di algoritmi più completi, permettendo una qualità di modellizzazione maggiore».

Le nuove tecnologie, appunto. Negli ultimi anni, infatti, hanno impattato sui business model delle banche, cambiando il modo di gestire il nostro denaro. «Abbiamo assistito, e non solo in ambito bancario, alla tendenza ad operare in ‘self service’. Nelle banche questo trend ha riguardato tutte quelle transazioni semplici che permettono attività da remoto: dall’interrogazione del conto al trasferimento di bonifici fino alle operazioni di acquisto e vendita in borsa. C’è stata, poi, una seconda ondata relativa alle simulazioni per quanto riguarda il processo decisionale dell’acquisizione o meno di un mutuo. A fronte di tutto ciò, però, è difficile pensare che si vada verso ulteriori fenomeni di digitalizzazione, soprattutto sul fronte della consulenza. Gli aspetti relativi all’asset allocation strategica dei propri investimenti sono attività che normalmente richiedono la consulenza di un professionista: un rapporto che può avvenire anche da remoto o attraverso l’utilizzo della videoconferenza. Una cosa ben diversa dal ‘self service’ di cui parlavo prima».

In questa prospettiva, dunque, la formazione di futuri professionisti dotati delle giuste competenze - tecniche e trasversali - resta cruciale. Ne è convinto lo stesso Massiah, da ceo di una primaria banca italiana a docente proprio in Cattolica. Tra i consigli che dà agli studenti c’è innanzitutto quello di «comprendere che la leadership è migliore quando sa far sintesi tra numeri ed emozioni e ha piacere di esplorare continuamente nuovi territori per trovare nuove idee». Insegnare, conclude il manager, «è per me una occasione di ‘give back’ entusiasmante: la freschezza e la curiosità degli studenti rappresentano un fantastico stimolo.  I ‘give back’ ma ricevo forse ancora di più».

 

Photo by Markus Spiske on Unsplash

Un articolo di

Katia Biondi

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