C’è una parola che può unire modelli di sharing economy, onlus che operano a sostegno dei poveri e un’esperienza missionaria nel sud dell’Algeria. Si scrive “relazione” e possiamo intenderla come il fattore che spinge qualcuno a uscire dalla propria comfort zone, mettersi in gioco nel rapporto con l’altro e, se si lascia colpire da chi si ha di fronte, portarsi a casa un guadagno, un dono. Sull’approfondimento di questa parola si è incentrato il secondo incontro del ciclo “Be present, volontariato al centro”, organizzato dal Centro Pastorale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per riflettere sul valore dell’esperienza del volontariato che l’ateneo propone ai suoi studenti attraverso lo sportello Be Present nella sede di Milano. Il titolo di questo appuntamento era “Relazione: prossimità senza confini” ed è stato moderato da Matteo Brognoli, educatore dell’ufficio Mondialità del Pontificio Istituto Missioni Estere e collaboratore del Centro Pastorale dell’ateneo.
Il valore della relazione Padre Piero Masolo, missionario del Pime, l’ha compreso nel Sud dell’Algeria, a 2000 km dall’Italia. «Trovarsi fuori dal contesto in cui sei nato e cresciuto ti fa tornare bambino – spiega Padre Masolo-. Se uno è disposto ad andare oltre a ciò che conosce trova un dono. Io, per esempio ho visto nella concretezza di una copia cos’è il vero dialogo interreligioso. Non si tratta di una questione di massimi sistemi ma del rapporto tra la cristiana Marina e il musulmano Mohammed: trent’anni di matrimonio in cui rispetto e bene prevalgono sulla fatica e la difficoltà. E oggi i suoi figli, musulmani, si arrabbiano se lei non fa il presepe cristiano in casa loro. Non tutte le relazioni sono così ma se alla base di esse c’è la disponibilità a incontrarsi lasciano il segno».
Dopo l’11 settembre e l’attentato alle Torri Gemelle invece ha trovato sempre più spazio il racconto di uno scontro tra mondo occidentale e mondo musulmano: «Poi però ti trovi a vivere come missionario in un’oasi del sud dell’Algeria e ti rendi conto che lì la Chiesa non potrebbe sopravvivere senza l’aiuto di centinaia di musulmani -continua Padre Masolo-. L’esperienza del volontariato è simile a quella del missionario: lasci ciò che conosci per lanciarti in contesti in cui creare ponti passando attraverso gli spiragli creati dalle fratture che dividono il mondo».