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Chiavi di lettura per decifrare il Medioriente

09 novembre 2021

Chiavi di lettura per decifrare il Medioriente

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La tentazione che attraversa chi cerca di capire il Medioriente è di liquidare la questione perché troppo intricata o di affidarsi a semplificazioni veicolate per lo più da alcune interpretazioni dominanti. Ma, secondo Rosita Di Peri, docente di Scienza politica e relazioni internazionali all’Università di Torino, «comprendere la politica mediorientale non è complicato e richiede di coglierne la complessità, leggendo traiettorie storiche e politiche, che si inseriscono all’interno di dinamiche globali».

Può essere utile, allora, farsi aiutare dalla Guida alla politica mediorientale (Mondadori Università), curata dalla stessa Rosita Di Peri insieme a Francesco Mazzucotelli, docente di Storia e cultura del Medioriente all’Università di Pavia. «Un inquadramento teorico importante sia per uscire dal realismo sciatto della divulgazione e della pubblicistica sulla politica internazionale in Italia sia perché toglie l’idea che esista un pensiero solo sulla materia» come spiega il professor Vittorio Emanuele Parsi, che ha coordinato l’ultimo Aserincontra.

La Guida parte dell’idea che non ci sia un eccezionalismo mediorientale e cerca di decostruire interpretazioni che hanno generato narrazioni e semplificazioni nel dibattito pubblico. A partire da una lunga teoria centrata sull’Arab Mind, cioè sul fatto che esista una predisposizione araba all’arretratezza e all’autoritarismo che deriva dal concetto ancestrale di dispotismo orientale.

Secondo il professor Mazzucotelli «negli ultimi 25 anni l’analisi si è focalizzata sul fondamentalismo religioso, sul radicalismo, sulle identità etniche e tribali e confessionali, sulla politicizzazione di tutto questo e sul jiadismo. Non è possibile leggere quello che succede nel Medioriente solo attraverso questa chiave di lettura. Bisogna guardare come teorie e pratiche politiche esterne alla regione sono state recepite». Non si può dimenticare il ruolo giocato dalla fine dell’impero ottomano, dalla guerra fredda o, per fare un esempio ormai fuori dai radar, dalla storia di partiti e sindacati marxisti nell’area.

Un altro fatto storico, che ha determinato una particolare semplificazione nella comprensione della politica mediorientale, è l’11 settembre 2001 con le sue conseguenze. «Dopo quella data alcune letture sulla regione sono diventate dominanti» fa notare Rosita Di Peri. «Oltre a quella sull’islamismo, sono divenuti quasi un’ossessione gli studi sul terrorismo. Di pari passo con l’inaugurazione di una serie di politiche che hanno contribuito alla frammentazione della zona».

Il caso dell’Iraq è esemplare. «Alcune strategie di politica estera, soprattutto americana, hanno contribuito alla destabilizzazione della regione e a fare emergere letture binarie e semplificatorie di quella realtà. L’analisi della settarizzazione sunniti/sciiti si è diffusa, anche grazie alle analisi di molti think-tank, nella rappresentazione e nella narrazione del Medioriente contemporaneo portando a leggere tutte le relazioni regionali in termini di settarismo. Una lettura che ha avuto un peso non solo sulla comprensione ma anche sulle politiche che sono state implementate. E non ci ha aiutato a comprendere le società».

Anzi, «le differenze perché diventino divisioni hanno bisogno di imprenditori politici che le cavalchino» chiosa il professor Parsi. «Probabilmente cavalcare la frattura tra sunniti e sciiti è servita anche a far passare l’Arabia saudita come un Paese arabo moderato».

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Il prossimo appuntamento con AserIncontra, "Sovrane. L’autorità femminile al governo", si terrà lunedì 15 novembre alle 18.30. Interverranno Annarosa Buttarelli, Università di Verona, e Chiara Volpato, Università Milano Bicocca. Introduce il professor Vittorio Emanuele Parsi, direttore Aseri.
 

Un articolo di

Paolo Ferrari

Paolo Ferrari

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