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Concorrenza, tutti gli ostacoli per una legge in Italia

07 luglio 2022

Concorrenza, tutti gli ostacoli per una legge in Italia

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Gli accordi sui balneari o la spinosa questione dei taxi, di nuovo sul piede di guerra, rappresentano solo la punta dell’iceberg in tema di concorrenza. Come testimoniano le cronache parlamentari. Per questo è urgente mettere a sistema tutto quello che nel nostro Paese «non funziona», «potrebbe funzionare meglio» o «andrebbe cambiato» dal punto di vista concorrenziale. Con questo intento nel 2009 è stata istituita dal Parlamento la legge annuale dell’Antitrust. Un obiettivo ambizioso, la cui rilevanza è stata richiamata all’attenzione dell’opinione pubblica anche dal presidente del Consiglio Mario Draghi in occasione del suo primo discorso d’insediamento nel marzo 2021.

Tuttavia, la legge sulla concorrenza nei suoi tredici anni di vita continua a incontrare sempre grandi ostacoli: il primo Ddl, che risale al 2014, è diventato legge solo nel 2017; il secondo, quello del governo Draghi, è in fase di approvazione. E, come già avvenuto in passato, il suo iter parlamentare non solo procede a rilento ma appare piuttosto complicato per via degli interessi economici in gioco. «L’approvazione della legge sulla concorrenza 2021 è sostanzialmente a metà. Dal Senato è passata alla Camera e sul finire del mese dovrebbe essere in dirittura d’arrivo».

A fare un bilancio sul ruolo dell’Antitrust in Italia è stato Guido Stazi, giuseconomista con una grande esperienza sulle autorità indipendenti, da poco nominato segretario generale dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm). Stazi, autore di numerose pubblicazioni sul tema tra cui “Sovranità.com. Potere pubblico e privato ai tempi del cyberspazio” e “Is competition a click away? Sfida al monopolio nell'era digitale” il 1° luglio è stato ospite dell’Università Cattolica per partecipare all’incontro “Le novità in arrivo con la Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021”, ultimo appuntamento del XXV ciclo dal titolo “Venerdì dell’Antitrust”, dedicato alla memoria del professor Alberto Mazzoni.

L’iniziativa, raccogliendo attorno al tavolo alcuni tra i maggiori esperti della materia in Italia - da Michele Grillo, docente di Economia politica all’Università Cattolica e componente dell’Agcm dal 1998 al 2004, a Mario Siragusa, del Collège d’Europe, Bruges - ha fornito lo spunto per fare una discussione a più ampio raggio sull’evoluzione che il diritto della concorrenza ha avuto in Italia e su alcune importanti innovazioni contenute nel disegno di legge in discussione in Parlamento.

Nell’esame delle leggi Antitrust, ha osservato Stazi, le «forze parlamentari» subiscono le «lusinghe» del tutto legittime dei vari gruppi di interesse. Ma tirando la coperta da una parte e dall’altra si resta scoperti. Ce lo insegna l’esperienza del 2014: la legge, approvata nel 2017, fu sostanzialmente negativa perché «spolpata» di tutte le sue principali segnalazioni. Da allora non è più stata fatta una legge sull’Antitrust che invece dovrebbe essere annuale.

«La valutazione della legge annuale della concorrenza deve confrontarsi con la vicenda storica problematica relativa all’iniziativa, voluta nel 2009, di un sistematico intervento del Parlamento sulle condizioni della concorrenza in Italia», ha chiarito Michele Grillo. «Si parlò fin dall’inizio di una legge annuale della concorrenza. Ma son passati ben tredici anni e di leggi sulla concorrenza il Parlamento ne ha finora discusse solo una e mezzo». Di fronte a questa evidenza negativa, ha aggiunto il docente di Economia politica, «l’accademia non deve limitarsi a una valutazione specifica dei provvedimenti sottoposti al voto parlamentare». Deve sforzarsi di «dare un contributo per comprendere le ragioni delle difficoltà che incontra il Paese nel trovare consenso politico su riforme istituzionali che favoriscono la concorrenza nei mercati». In questa prospettiva un motivo di portata generale è da ricondurre alla circostanza che «il mercato è un contesto rischioso» e, per indurre i soggetti economici a guardare con favore a un assetto che chiede loro di operare in condizioni di rischio, «le istituzioni a favore del mercato devono accompagnarsi a istituzioni sociali che abbiano una adeguata portata assicurativa», ha affermato Grillo. Questa esigenza è ancora più forte in una fase come quella attuale dove «l’evidenza sull’operare dei mercati digitali costringe a fare i conti con le implicazioni politiche del potere economico-privato, il cui controllo è l’obiettivo fondamentale del diritto della concorrenza».

Ma quali cambiamenti introdurrebbe l’approvazione della legge sulla concorrenza attualmente all’esame del Parlamento? Secondo Mario Siragusa la prima modifica importante riguarda la notifica di operazioni di concentrazione “sotto soglia”. Per evitare le “killer acquisition”, vale a dire l’acquisizione da parte dei grandi operatori di piccole imprese, si introduce il «principio che dà all’Autorità il potere di richiedere la notifica delle operazioni, anche se sono sotto la soglia». Una novità interessante oggetto già di dibattito visto che il timore è che questo tipo di normativa possa avere un «effetto negativo sul mercato delle start up» che sognano di essere acquisite dai grandi operatori, con l’incertezza che un’operazione dopo essere stata conclusa possa essere «soggetta a un controllo ex post».
 
Altre modifiche, poi, sono soprattutto aggiustamenti che allineano la legge italiana a quella europea, attribuendo una maggiore flessibilità di intervento all’Autorità Antitrust nei mercati oligopolistici. È il caso del test sostanziale per l’esame delle concentrazioni, del trattamento delle imprese comuni, della richiesta di informazioni alle imprese prima dell’apertura del procedimento, dell’introduzione della procedura di transazione, del calcolo di fatturato per il settore bancario.

C’è tuttavia un’ultima modifica che, pur trattandosi di un adeguamento alla normativa dell’Unione, potrebbe suscitare contestazioni, secondo Siragusa. «È la norma relativa all’introduzione di una presunzione di dipendenza economica da parte delle imprese che utilizzano le grandi piattaforme digitali per arrivare alla loro potenziale domanda». Ma oggi tutti gi operatori, che ormai sono la grande maggioranza, le utilizzano per la vendita dei loro prodotti e, quindi, «potrebbero essere presunti di essere in una posizione di dipendenza economica verso la piattaforma digitale». Un modo per dire che la corsa a ostacoli della legge Antitrust non si ferma.

 

Un articolo di

Katia Biondi

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