Lo stato dell’arte sulla condizione giovanile oggi è stato ricavato dai rapporti dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo con le relazioni della sociologa Rita Bichi e del demografo Alessandro Rosina, che hanno delineato i vari tipi di profili dei giovani individuati dalla sociologia: del resto vari tipi di generazioni si susseguono in modo veloce in seguito ai processi di globalizzazione che creano profondi cambiamenti. Dopo la pandemia, ad esempio, c’è un nuovo modo di intendere la vita e di guardare il mondo del lavoro. Il fenomeno del “degiovanimento” vede i giovani come risorse scarse per il mondo del lavoro a fronte dell’aumento degli anziani con relativo incremento dei fondi pubblici per le pensioni e la sanità. «Urge, quindi, un potenziamento qualitativo per compensare quello quantitativo. A nuovi rischi corrispondono nuove opportunità e nuove sfide nel mondo che cambia».
Il convegno è poi entrato nel vivo presentando esperienze concrete di valorizzazione dei giovani nel mondo del lavoro. Sul contributo della Chiesa alla formazione e all’accompagnamento dei giovani, don Nazario Costante, responsabile del Settore per la Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Milano, ha fatto riferimento agli oratori con la loro vasta gamma di attività sociali improntate alla cura dei più piccoli, al rispetto reciproco, alle leadership da coltivare, al dialogo tra generazioni. «Il ruolo della Chiesa è quello di educare anche al lavoro per costruire esperienze e relazioni significative, e aiutare i giovani a prendersi cura della casa comune sostenendo il mondo del lavoro tramite la formazione ad un’etica professionale improntata ad insegnare ai giovani non solo a lavorare “per qualcuno”, ma anche a lavorare “per qualcosa” in una dimensione più ampia».
In quest’opera di formazione importante è anche il contributo degli enti preposti, come ha evidenziato Paolo Cesana, central director della Fondazione Luigi Clerici, che si è soffermato su «una formazione articolata nei processi educativi e delle politiche del lavoro, adeguata ai bisogni dei sistemi produttivi, grazie ad azioni inclusive, attività di orientamento, incentivazione della mobilità internazionale per essere cittadini del mondo, non dimenticando il ruolo prezioso della famiglia quale alleato strategico».
Un’ulteriore esperienza di attenzione ai giovani attuata tramite il loro coinvolgimento attivo è stata quella proposta dal professor Sebastiano Nerozzi, segretario del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani. In vista della Settimana sociale che si svolgerà a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024 «i giovani sono stati coinvolti nella scelta dei temi e verrà loro lasciata la parola per aprire spazi di ascolto e di innovazione perché loro non rappresentano solo il futuro, ma soprattutto il presente, dato che se intesi solo come futuro cadono nella classifica delle priorità».
Sulla necessità di una formazione permanente per assorbire nel mondo del lavoro le fasce deboli, è tornato Luciano Gualzetti, direttore Caritas Ambrosiana, che ha portato l’esperienza dei centri d’ascolto della Caritas: «c’è chi non trova lavoro, ma anche chi ha un contratto di “lavoro povero” (perché poco qualificato professionalmente) che viene meno appena c’è una crisi, e chi ha contratti normali ma fa fatica a gestire il budget familiare a causa degli alti costi della vita. Da qui la richiesta di alleanze tra diverse realtà, scuola, aziende, Terzo settore, come fa da quattro anni il “Fondo Diamo lavoro”».
A tirare le fila dei numerosi interventi sulle sfide indicate è stato invitato l’arcivescovo di Milano e presidente Istituto Toniolo, monsignor Mario Delpini. Evidenziando l’importanza del fatto che il convegno si svolgesse proprio in Università Cattolica, luogo dove si pensa, si studia e si fa ricerca, ha chiesto una riflessione critica su quanto succede nel mondo del lavoro: pare che l’unica preoccupazione sia quella di inseguire i cambiamenti in atto per adeguarsi. Ma a tal proposito è anche opportuno, da parte dell’università, svolgere una funzione critica su quanto succede senza necessariamente rincorrere le novità. Questo comporta, quindi, non un mero adeguamento al sistema, addestrando in tal senso i giovani, ma un condurli a considerare la loro “vocazione” che intende la ricerca della motivazione per farlo, fatto salvo il ruolo della politica attiva nella cura per il bene comune. Praticamente «non si tratta solo di addestrare i giovani, ma di qualcosa di più complesso che adeguarsi al sistema: di vivere con una motivazione».
Questa prospettiva lega il lavoro alla dignità della persona, considerandolo non solo come una necessità di sostentamento, ma come elemento per la realizzazione personale e per la costruzione del bene comune e quindi anche della comunità.