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Donne e regia, per l’equità di genere serviranno ancora 20 anni anche se sono già le più brave

06 settembre 2024

Donne e regia, per l’equità di genere serviranno ancora 20 anni anche se sono già le più brave

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Nonostante Paola Cortellesi con il suo film d’esordio C’è ancora domani abbia troneggiato in tutte le categorie prese in esame nell’anno 2023, il quarto Rapporto Gender Balance in Italian Film Crews realizzato da Almed per il Ministero della Cultura-Direzione Generale Cinema e Audiovisivo ci dice che serviranno ancora 20 anni per raggiungere l'equità di genere alla regia e oltre 50 per avere un eguale numero di direttrici e di direttori della fotografia nelle produzioni cinematografiche italiane.

Un’analisi molto dettagliata, con luci e ombre, che è stata presentata alla Biennale Cinema di Venezia, martedì 3 settembre, da Mariagrazia Fanchi, direttrice dell’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo (Almed) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

«Uno scenario in miglioramento» fa notare la professoressa Fanchi. «Resta tuttavia ancora un importante divario da colmare: è del 22% la quota di professioniste alla direzione di lungometraggi nel 2023; fra il 20 e il 30% quella delle sceneggiatrici, delle montatrici e delle supervisor di effetti speciali; al 12% la percentuale delle direttrici della fotografia e ancora sotto la soglia del 10% quella delle direttrici delle musiche e delle sound designer; costumi e trucco restano professioni a prevalenza femminile».

L'incremento del numero di registe in attività ha fatto crescere anche la quota delle produzioni italiane dirette da donne o da team a prevalenza femminile: 19% nel 2023, + 3 punti percentuali rispetto all'anno precedente. Il 2023 è stato anche caratterizzato dal netto superamento della percentuale di film a direzione femminile distribuiti in sala: il 76% rispetto al 69% di quelli a direzione maschile. Anche la media del box office è significativamente cresciuta, come conseguenza del successo del film di Cortellesi: 683.325 € rispetto ai 247.257 € in media dei film a direzione maschile.

Da segnalare anche che nel 2023 le opere a direzione femminile hanno ricevuto mediamente più candidature a premi e vinto più premi di quelle a direzione maschile: rispettivamente 2,6 candidature rispetto a 1,5 delle opere a direzione maschile, e 1,3 rispetto a 0,9 delle produzioni a regia maschile.
Restano invariati i trend già emersi nei precedenti rapporti: la tendenza delle donne a lavorare di più nelle produzioni a costo basso, l'aumento della presenza femminile nelle iniziative produttive dirette da donne, il legame elettivo con il documentario.

Spesso è anche o soprattutto una questione di budget. ll 25% dei progetti guidati da donne sono realizzati con somme inferiori a 200.000 €, mentre la percentuale di progetti ad alto costo (oltre 3.500.000 €) diretti da donne rimane inferiore a quelli diretti da uomini. 

Le opere guidate dalle donne offrono maggiori opportunità alle professioniste, soprattutto nei ruoli dominati dai maschi. La minore disponibilità di risorse per le registe rappresenta  un ostacolo alla possibilità di cimentarsi con generi di finzione, tipicamente più costosi dei documentari. Tuttavia negli ultimi due anni sono aumentate le opere a regia femminile di genere thriller e si contano persino degli horror. ( dal 2021 al 2023, rispetto a quelli del 2017-2019, indica una tendenza verso un maggiore equilibrio sia nelle opere guidate dalle donne che in quelle guidate dagli uomini, ad eccezione di musica e suono.

Alla presentazione avvenuta all’Hotel Excelsior all’interno dell’Annual Seminar in Gender Equality and Inclusivity in the Film Industry, è intervenuto anche Andrea Del Mercato, direttore generale della Biennale, che nell’introdurre la tavola rotonda ha sottolineato i successi ottenuti dalle produzioni italiane, evidenziando che le opere a conduzione femminile concorrono di più e ottengono più premi. Certamente chi ha un budget più alto ottiene risultati maggiori al botteghino. «L’impegno per il futuro sarà quello di aumentare il sostegno elargito a progetti con conduzione femminile e incoraggiare la partecipazione femminile in ruoli sia creativi che tecnici e aiutare lo sviluppo delle competenze da parte delle professioniste donne. Ma anche dare maggior visibilità a progetti dedicati a inclusione e diversità, a best practices che ci sono sul mercato».

 Mario Schwetz, direttore della sede veneziana del Consiglio d’Europa e Enrico Vannucci, vice direttore esecutivo di Eurimages, il fondo che sostiene la coproduzione e distribuzione dei film europei, hanno sottolineato come il divario di genere nelle professioni del cinema non sia solo un problema italiano, tanto da essere oggetto da tempo di politiche e azioni a livello europeo volte a mitigarlo. 

Sulla circolarità delle produzioni, un’occhiata al box office delle registe è stata proposta da Domizia De Rosa (President, Women in Film, Television & Media Italia), da Barbara Bladier (Distribution Manager, Vision Distribution), e Antonietta De Lillo (Director, Author, Founder of marechiarofilm). Confermano che l’andamento della presenza delle donne nel cinema è positivo a livello europeo; che le opere prime di registe già conosciute sono andate meglio, come ad esempio quelle di Paola Cortellesi, di Alice Rohrwacher, di Liliana Cavani e Pilar Fogliati.

Tutte d’accordo nel ritenere che il cinema è un’industria molto speciale perché crea dei prototipi, si tratta sempre di un progetto artigianale su grande distribuzione. E poi, ritornando al successo della Cortellesi, molto ha contato il tema, il momento giusto e la confezione ovvero la bellezza del film. Poi viene la distribuzione e chi la governa, dove nei ruoli apicali la presenza maschile supera il 90%. 

Molti dati, molte letture, ma una considerazione univoca: bisogna dare fiducia alle donne, portarle sullo schermo e lasciare che sia il pubblico a giudicare. 
 

Un articolo di

Antonella Olivari

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