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Educare gli adulti per proteggere i minori

07 febbraio 2023

Educare gli adulti per proteggere i minori

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«Al vuoto educativo si contrappone un pieno tecnologico». Ovvero la fragilità e i rischi che corrono i minori sempre più connessi alla rete, evidenziati durante la pandemia, poggiano su una situazione già compromessa in precedenza e la necessità di occuparsi di questo tema è oggetto di riflessione da parte delle istituzioni, della società civile ma soprattutto delle agenzie educative. E tra queste l’università. 

Raffaella Iafrate, delegata del rettore per le pari opportunità in Università Cattolica, ha così introdotto il convegno che Telefono Azzurro ha promosso in collaborazione con Humane Technology Lab dell’Ateneo il 6 febbraio in largo Gemelli. L’occasione del Safer Internet Day è stata propizia per presentare la ricerca realizzata da Telefono Azzurro con Doxa, intitolata “Tra realtà e metaverso. Adolescenti e genitori nel mondo digitale”.  

«L’Ateneo considera le pari opportunità come legate non solo alla parità di genere ma in senso più ampio anche alle pari opportunità tra le generazioni - ha spiegato la professoressa -. Occuparsi delle categorie più fragili come i minori è segno di questa responsabilità per tutti». Non serve spaventarsi davanti a fenomeni nuovi né è utile sentirsi inadeguati perché siamo boomers e non nativi digitali. Ricordiamoci che «l’umano eccede sempre il tecnologico». Piuttosto è bene trovare spazi in cui mettere a servizio le competenze coinvolte nello sviluppo tecnologico e lavorare in modo interdisciplinare.

L’evento, infatti, ha riunito professori ed esperti in molti ambiti: educativo, psicologico, etico, giuridico, economico, ingegneristico-informatico. Solo così, a partire dalla costruzione di un pensiero, sarà possibile passare all’azione.

I temi affrontati hanno toccato i punti critici dell’accesso alla rete, attraverso le molteplici tipologie di device, e le nuove frontiere che si stanno prospettando. Dal cyberbullismo al revenge porn, dai rischi di alterazioni del sistema nervoso nei bimbi sotto i due anni che utilizzano le tecnologie alle app che si sostituiscono alle persone che soffrono di solitudine. 

È stata Ginevra Cerrina Feroni, vice presidente del Garante per la protezione dei dati personali, a raccontare che è stata bloccata di recente la chatbox Replika, forma di intelligenza artificiale che creava legami di amicizia con gli utenti e addirittura proponeva contenuti promiscui. 

Programmati per conquistare la fiducia del minore, questi strumenti raccolgono dati personalissimi - altro tema controverso allo studio degli esperti - a volte durante confessioni sempre più intime che inducono gli utenti a condividere problemi, dubbi, passioni, dolori. 

La tutela legale non esiste? Certo che sì, diversi giuristi ed esperti come Gabriele Della Morte, docente di Diritto internazionale della Cattolica, Oreste Pollicino, docente di Diritto costituzionale e direttore del LLM in Law of Internet Technology della Bocconi,  Emilio Puccio, segretario generale dell’Intergruppo sui diritti dell’infanzia al Parlamento europeo, hanno fatto riferimento alle normative vigenti in Italia e in Europa e fatto appello alla Carta costituzionale dei diritti dell’uomo. 


Ma molto c’è ancora da fare e in tanti casi è facile eludere la normativa se si pensa che l’accesso a queste piattaforme, così come per i social, è vietato ai minori di 13 anni ma di fatto basta dichiarare un’età fasulla per entrare. Tra l’altro, è stato verificato che, quand’anche l’età dichiarata fosse inferiore, il robot continua a proporre contenuti non appropriati e sempre più espliciti. Il minore non può certo concludere un contratto validamente, eppure online tutto è fattibile anche se poi annullabile perché le società violano le norme relative all’età dei minori e all’utilizzo dei dati. In Italia in particolare l’age verification non esiste ma occorre intervenire con urgenza, gli strumenti esistono e anche gli enti certificatori sia pubblici sia privati.

Ha condiviso e rimarcato questa necessità Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro che, nell’esporre i dati dell’ultima ricerca “Tra realtà e metaverso”, ha messo in evidenza il problema dei rischi e della sicurezza online per i minori. Pur intervenendo tempestivamente dopo ogni segnalazione, il child sexual abuse e il cyberbullismo sono fenomeni preoccupanti per i quali è necessario fare di più. 

«I bambini sono sempre più connessi, sempre più precocemente in età prescolare e in modo più immersivo (in media tre ore al giorno) e i dati che forniscono alle diverse piattaforme e aziende aumentano - ha dichiarato Caffo -. Inoltre, nella rete i bambini costruiscono una propria identità che può essere rubata e falsificata. Occorre, quindi, un’attenzione sempre maggiore all’ascolto dei bambini per renderli più consapevoli dei diritti che hanno nella rete».

A fronte di queste considerazioni si apre anche il tema delle competenze digitali sottolineato da diversi relatori durante il convegno, che riguarda la privacy, l’empatia digitale, la gestione della cybersicurezza e del cyber bullismo.

Come ha sottolineato Milena Santerini, docente di Pedagogia generale in Università Cattolica e coordinatrice di Mediavox, Osservatorio sull’odio online «è importante rendere coscienti i ragazzi dell’ipnosi delle immagini, dell’effetto gregge, degli aspetti cospiratori, del ruolo degli algoritmi. Il web è un habitat favorevole per la violenza tra bambini (cyberbullismo, revenge porn) perché l’emotività è spesso più legata all’indignazione e alla rabbia che non all’emulazione del bene. E gli adulti che scatenano l’hate speech non sono un buon esempio».

Dobbiamo imparare a vedere i bambini e gli adolescenti come “spettautori”, ovvero consumatori, fruitori e produttori di contenuti al tempo stesso. Secondo la docente si aprono tre sfide sul web oggi: riusciremo a trasformare in un processo solidale i contenuti del gaming che ora propone soprattutto video giochi basati su violenza, guerra, uso della donna strumentale? Il metaverso apre nuovi scenari ma l’isolamento sociale e l’invasione nella privacy profonda dei ragazzi sono dietro l’angolo. Sapremo trovare un equilibrio? L’intelligenza artificiale è spesso usata per copiare i compiti. Troveremo il modo di delimitare il confine tra realtà virtuale e realtà? Un punto, quest’ultimo, condiviso da Annamaria Tarantola, presidente Fondazione Centesimus Annus Pro Pontefice, intervenuta al convegno per ribadire l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa che mette al centro di ogni azione e di ogni relazione il rispetto per la persona umana.

La realtà del digitale non lascia scampo. Anche i titoli in borsa si sono concentrati sull’intelligenza artificiale. Il tema d’ora in poi non sarà se accettare o meno di interfacciarsi con l’intelligenza artificiale, ma in che modo. Dati alla mano raccolti nel settembre 2020, Giovanna Mascheroni, docente di Sociologia dell’Università Cattolica, ha riportato che il 46% delle famiglie italiane con bambini piccoli (0-8 anni) aveva uno smart speaker e che il 30% dei bambini interagiva con Alexa, smart toys, dispositivi indossabili, oltre che con smartphone, tablet e pc.

Silvia Castagna, responsabile Relazioni istituzionali e Key clients, BVA Doxa, riferendosi ai dati emersi dalla ricerca su 800 ragazzi tra i 12 e i 18 anni e 800 genitori, ha spiegato che sia genitori sia ragazzi sono d’accordo rispetto alla pericolosità della rete e se circa la metà dei minori si è trovato in situazioni spiacevoli c’è una consapevolezza da parte dei ragazzi della preoccupazione dei genitori che, pur essendo connessi in media 2,3 ore al giorno (non molto meno dei figli) si sottovalutano rispetto alle competenze digitali e quindi amplificano le paure. Inoltre, come ha sottolineato Mascheroni, i genitori sono rassegnati alla sorveglianza, non si preoccupano della profilazione dei bambini attraverso i dati raccolti da questi strumenti.

Un altro rischio su cui riflettere è quello finanziario. Come gli adulti, anche i minori che entrano nelle piattaforme di e-commerce possono acquistare, attratti anche dalle rateizzazioni offerte senza interessi. E questo vale anche per l’acquisto dei bit coin (il 15% degli utilizzatori ha meno di 15 anni!). «Si tratta di attività molto rischiose perché non hanno un valore intrinseco, e non c’è una regolamentazione che tutela questi servizi finanziari a cui sono esposti gli adolescenti» - ha detto Alessandra Staderini, vice capo servizio Educazione finanziaria in Banca d’Italia.

La necessità di un’educazione digitale degli adulti, e degli educatori in particolare, è emersa chiaramente in molti degli interventi del convegno, tanto che nelle conclusioni Giuseppe Riva, direttore dello Humane technology Lab, l’ha riconosciuta come «l’idea su cui puntare per guidare i giovani verso comportamenti corretti. E l’Università, quale centro educativo, ha il compito di dare linee guida».  
 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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