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Piacenza, effetto Covid

03 aprile 2021

Piacenza, effetto Covid

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Piacenza, città simbolo della prima ondata di pandemia da Covid 19, sotto la lente della ricerca condotta dalla Facoltà di Economia e Giurisprudenza dell’Università Cattolica insieme agli Educatori di strada, che ha fornito un quadro di insieme del modo in cui nei primi sei mesi dell’epidemia il virus abbia toccato profondamente la comunità piacentina, tra le più colpite in Italia anche in termini di decessi. 

I numeri confermano gli effetti negativi: a subire l’impatto maggiore sono state soprattutto le donne e gli effetti psicologici hanno toccato in modo particolare i giovani. La paura di contrarre il virus ha riguardato il 25% delle persone interpellate, in particolare le donne (30%). E poi si registra l’aumento di stress e ansia. Se la prima ha interessato il 25% di chi ha risposto al questionario, soprattutto le donne e chi vive da solo, di stress ha sofferto il 75% degli intervistati. Ad avvertirlo, però, sono stati più i giovani degli anziani.

Fattori, questi, che hanno condotto a un aumento generalizzato della percentuale di sonno disturbato, che tocca l’11% del campione nei casi più gravi, mentre in quelli meno gravi addirittura il 60%. Anche in questo caso sono le donne ad avere sofferto dei disturbi più intensi.

Il 54% dei giovani ha confessato un aumento delle tensioni familiari e solo il 13% dichiara di avere migliorato i rapporti con gli altri componenti del nucleo familiare. «Con il lockdown chi vive in famiglia ha dovuto rinegoziare la propria convivenza» spiega la sociologa della Cattolica Barbara Barabaschi, specificando come dall’indagine emerga che le difficoltà maggiori abbiano riguardato gli under 30 «che hanno visto rarefarsi le relazioni con gli amici». 

E sempre con riferimento ai giovani, il tempo libero generato dalla pandemia non pare abbia comportato un aumento di hobbies «l’utilizzato di chat e videochiamate è balzato alle stelle, ma solo il 6% degli intervistati ha scoperto nuovi interessi». Un campanello di allarme secondo Barabaschi, che sottolinea la necessità di  «tornare a investire sui giovani per fare recuperare loro quello che hanno perso». E, rispetto agli over 60, sono proprio i giovani ad avere i dubbi maggiori sul mondo che li attende dopo la pandemia. 
Il futuro è visto all’insegna dell’incertezza, anche in questo caso più avvertita dalle donne: in cima alle preoccupazioni ci sono l’economia (91%) e il lavoro (59%). 
 
E il rapporto con le istituzioni pubbliche? Quali sono i giudizi espressi in merito alle regole anti Covid 19? «La valutazione prevalente è quella di pieno o significativo consenso sule iniziative introdotte per contrastare l’epidemia (81%)» spiega Paolo Rizzi, direttore del Laboratorio di Economia Locale della Cattolica. «Le differenze più rilevanti sono legate al titolo di studio posseduto e al tipo di professione. Il disaccordo e la critica è risultata leggermente più diffusa in corrispondenza di livelli di istruzione medio-bassi: questo rivela l’importanza, in situazioni come un’epidemia, di trovare canali di informazione corretti e verificati». «Il grado di fiducia che i cittadini hanno nei confronti del governo e delle istituzioni è oggi considerato da molti studi uno tra i fattori che hanno aiutato a contenere le conseguenze nefaste del Coronavirus in termini di morti e di contagi» conclude Rizzi.

«L’ultimo World Happiness Report conferma da un lato che il benessere soggettivo sia legato strettamente alla fiducia della popolazione nella propria comunità e dall’altro lato che la fiducia diffusa abbia contribuito a proteggere dagli effetti peggiori della pandemia».

In effetti, la fiducia negli altri e nelle istituzioni in Italia e in alcuni paesi occidentali risulta significativamente inferiore rispetto ad alcuni paesi del Nord Europa, piuttosto che dell’Asia Orientale o dell’Oceania, dove il rispetto delle regole a volte quasi autoritarie (caso dei paesi asiatici come Cina e Corea del Sud) o per profondo senso civico (casi come la Nuova Zelanda o i paesi scandinavi) sembra aver dato migliori risultati in termini di morti e infetti.  

Nell’indagine dell’Università Cattolica e degli Educatori di strada in merito agli aspetti comunitari emerge la speranza di un miglioramento in futuro «Gli intervistati auspicano una riscoperta del valore della comunità per rispondere ai problemi. Larga parte degli intervistati crede che il periodo difficile legato alla quarantena, i lutti e la situazione di crisi vissuta facciano maturare una maggiore consapevolezza sociale: si spera così di riscoprire “il bello” delle comunità locali e rafforzare il senso di appartenenza».
 
Forse è questo l’esito più importante di questa tragedia che ha toccato il mondo e Piacenza nell’ultimo anno: la riscoperta del valore della comunità, quale antidoto fortissimo al malessere e all’infelicità. 

Quasi un vaccino per vivere meglio.
 

Un articolo di

Sabrina Cliti

Sabrina Cliti

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