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Elio e Acampora: "Per la disabilità servono più fatti"

07 dicembre 2023

Elio e Acampora: "Per la disabilità servono più fatti"

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Il centro congressi Mazzocchi della sede piacentina dell’Università Cattolica non aveva un posto a sedere libero, tanti erano gli studenti che hanno partecipato al seminario “Dire… Fare… Includere! Verso la valorizzazione delle unicità” organizzato da Scienze della formazione. Davanti a loro Elio, al secolo Stefano Belisari, frontman del gruppo Elio e le Storie Tese, e Nico Acampora, fondatore di PizzAut, la pizzeria gestita da ragazzi autistici, mentre l’attrice Sabrina Paravicini si è collegata da remoto. Entrambi, Elio e Acampora, sono padri di due ragazzi con disturbo dello spettro autistico e condividono l’opinione che alle famiglie con figli che hanno una disabilità «manchi tutto quello di cui hanno bisogno».

«Parlare della disabilità è importante - dice Elio - ma non può bastare, bisogna passare ai fatti».

Il messaggio arriva nell’incontro organizzato in Università Cattolica, che ha voluto dare voce a chi vive vicino a persone con disabilità. «Con questo incontro abbiamo inteso dare voce a chi è sul campo - dice la docente Elena Zanfroni - occorre il contributo di tutti per fare in modo che l’inclusione sia un obiettivo che riguardi ognuno di noi, in tutte le età della vita e non qualcosa che finisca con la scuola». «Quando quest’ultima ha termine - continua - c’è ancora tanto da fare per quanto riguarda il mondo del lavoro delle persone più fragili e il “dopo di noi” per trasformare la vita di tutti in qualcosa che abbia un valore. Noi vogliamo trasmettere la necessità di un impegno comune, di tutti, poco importa ragionare sulla rilevazione precoce delle difficoltà dei bambini o dei ragazzi, se poi c’è il vuoto».

Il vuoto, appunto. «Se ricevi una diagnosi o se hai il dubbio che tuo figlio sia affetto da autismo - dice Elio - non sai dove sbattere la testa. Non esiste niente di istituzionale, neppure un ente che conti i casi di autismo, che costruisca statistiche su cui intervenire». Un esempio di questo vuoto, Elio e Acampora lo portano quando si chiede loro cosa serva a una famiglia con figli disabili: «La risposta è semplice e breve» dicono: «Manca tutto». Acampora porta un esempio: «La diagnosi precoce è un mantra a cui siamo abituati. La diagnosi avviene a 2 anni, ma la presa in carico a 6. Per 4 anni la famiglia ha la diagnosi in mano e si dispera da sola, perché nessun servizio è in grado di farsene carico. Davvero c’è bisogno di tutto». «Serve un percorso - aggiunge Elio - persone come Acampora si occupano del cammino dei ragazzi quando sono in età da lavoro. Manca tutto quello che viene prima del lavoro».


Rivolto ad Acampora, Elio lo definisce «un campione del fare». «È un uomo che è stato preso per pazzo, ma in Italia è colui che per il mondo della disabilità fa più di chiunque altro. In giro c’è tanta gente che di disabilità parla e basta».

PizzAut, nei suoi due ristoranti, dà oggi lavoro a 35 ragazzi autistici. «All’inizio non ci credeva nessuno - racconta Acampora - mi sentivo ripetere la parola “impossibile” quando manifestavo l’idea di un ristorante completamente gestito da persone autistiche. Forse avevano ragione su di un fatto: uno era impossibile, per questo ne abbiamo fatti due». Acampora non ha intenzione di fermarsi. «Duplicare ristoranti è difficile, più semplice duplicare i nostri truckfood, che noi chiamiamo pizzAutobus» afferma. Così il nuovo obiettivo è realizzarne 107, uno per ogni provincia italiana. «Li vogliamo acquistare per darli in comodato d’uso alle associazioni, che fanno più fatica a fare investimenti così importanti». Un truckfood costa più o meno 100mila euro, spiega, aprirne 107 significa dare lavoro a 535 persone autistiche, perché in ogni truckfood lavorano 4 o 5 ragazzi. «Sarebbe una rivoluzione» dice Acampora. Poi spiega il perché. «Ogni ragazzo che lavora è una persona che non finisce in un istituto o in un centro diurno, luoghi che hanno costi fra i 50 e i 200mila euro l’anno. Per lo Stato italiano 500 posti di lavoro sono un risparmio: in primo luogo i ragazzi stanno meglio, inoltre sono contribuenti e non solo utenti».

Un messaggio ai ragazzi arriva anche da Simone Stabilini, che insegna informatica all’istituto Luca Pacioli di Crema e che ha un disturbo dello spettro autistico. «Quando avete vicino a voi una compagna o un amico particolare - dice - che interagisce meno con gli altri, che parla meno, che fatica di più a farsi coinvolgere, date a lui più tempo, non escludetelo dalla vostra vita. Poi, in un secondo momento, deciderete se vi è più o meno simpatica o simpatico. Agli autistici serve un po’ più tempo, diamoglielo, non perdiamo l’occasione di conoscere una persona, perché quello che perdiamo oggi non tornerà più».

Un articolo di

Sabrina Cliti e Filippo Lezoli

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