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Filiera del latte, una ricerca lega il territorio al prodotto finale

03 giugno 2022

Filiera del latte, una ricerca lega il territorio al prodotto finale

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Innovazione e ricerca: è questo di cui si occupa il paper dal titolo "A combined metabolomic and metagenomic approach to discriminate raw milk for the production of hard cheese" pubblicato sulla rivista scientifica "Foods", peer reviewed internazionale che si occupa di agroalimentare. L'articolo è stato selezionato dalla rivista per essere inserito fra i migliori che riguardano latte e formaggi (Editor's Choice Articles), entrando a fare parte del novero di ricerche che possono rappresentare uno standard di riferimento negli anni futuri. Ne parliamo con i due autori dell'Università Cattolica del Sacro Cuore: Gabriele Rocchetti, 31 anni, ricercatore in chimica degli alimenti, e Paolo Bellassi, 32 anni, assegnista di ricerca.

Lo studio ha analizzato tipi di latte raccolti nell’area di produzione del Parmigiano Reggiano, quindi nel comprensorio della cosiddetta “Po Valley” e ha avuto ampio risalto nella comunità scientifica.

«In Università Cattolica - spiegano i ricercatori - lavoriamo sulla tracciabilità degli alimenti, analizzando opportune banche dati, tramite l’analisi del profilo chimico possiamo risalire al legame che questi prodotti hanno con il territorio e con l’alimentazione dei bovini da latte». Nello specifico, spiegano, c’è un disciplinare di produzione, la cosiddetta Dop, per la produzione del formaggio come Parmigiano Reggiano e Grana Padano, dove sono scritte le regole ferree da seguire per l’alimentazione degli animali. Ad esempio, per il Parmigiano Reggiano la regola è un po’ più stringente perché si usano solo foraggi freschi e fieni.

«Con questo studio - dicono Rocchetti e Bellassi - ci siamo chiesti se fosse possibile trovare correlazioni fra il tipo di alimentazione e il profilo chimico e microbiologico del latte destinato alla trasformazione in formaggio. Abbiamo così coperto tutta la filiera della lavorazione»

Di fatto l’obiettivo è tracciare la storia che va dall’alimentazione dell’animale alla qualità finale del prodotto destinato al consumo. «Se nel disciplinare di un determinato prodotto è regolamentato che il bovino può mangiare solo un determinato tipo di foraggio o di mangime, ci aspettiamo durante le analisi chimiche composti chimici correlati a quel tipo di alimentazione».

Quella di Bellassi e Rocchetti è una ricerca che interessa sia il cittadino-consumatore sia l’azienda produttrice, perché garantisce la qualità e nel medesimo tempo rafforza il legame fra il luogo dove avviene la produzione e il profilo finale del prodotto. «Grazie alla collaborazione fra il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari per una filiera agro-alimentare Sostenibile (DiSTAS), diretto dal professore Lorenzo Morelli, e il Dipartimento di Scienze animali, della nutrizione e degli alimenti (DiANA), guidato dal professore Francesco Masoero, siamo in grado di sviluppare un approccio di analisi metabolomica per quanto concerne la chimica e un’analisi metagenomica da un punto di vista  microbiologico».

L’analisi metabolomica è un’analisi complessa che consente di ottenere “l’impronta digitale” del prodotto finito dal punto di vista della composizione chimica, indagando i piccoli metaboliti che caratterizzano un determinato alimento. «In Cattolica - spiegano Rocchetti e Bellassi - disponiamo di spettrometri di massa all’avanguardia, che permettono di individuare il “finger print” per ogni elemento di interesse».

L’analisi metagenomica permette invece di profilare la popolazione batterica all’interno di un alimento, facendo luce sulla composizione microbiologica di un formaggio oppure quella presente nel latte, aspetto essenziale per questo tipo di prodotti.

«Nell’articolo pubblicato su “Foods” - aggiungono i due ricercatori - sulla base dell’analisi del latte siamo stati in grado di capire l’effetto del tipo di alimentazione tipica dei bovini dal cui latte è ricavato il formaggio. Dal momento che nel latte si conserva l’impronta di quanto mangiato dall’animale, questo ci consente di valutare l’effetto di un’alimentazione a base di erba rispetto a una a base di fieno».

«Il latte è un collettore di tutto ciò che accaduto a monte - concludono Bellassi e Rocchetti - rappresenta un marcatore del regime alimentare adottato in azienda. In Cattolica abbiamo piattaforme che permettono di tracciare la filiera e di valutare la qualità del latte destinato alla caseificazione».

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Redazione

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