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Gas, navi e cooperazione. La nuova centralità del Mediterraneo

12 maggio 2021

Gas, navi e cooperazione. La nuova centralità del Mediterraneo

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Mare Nostrum, centro della cultura, periferia, fulcro di guerre e commerci. La percezione del Mar Mediterraneo è cambiata nel corso dei secoli in un modo unico al mondo. Oggi la regione ha ritrovato centralità, divenendo hub energetico e commerciale: ci sono miliardi di metri cubi di gas da estrarre, dalle sue acque passa oltre il 15% dei traffici commerciali marittimi mondiali. Le sfide e gli scenari futuri del bacino mediterraneo sono stati i temi del seminario "The new role of the Mediterranean as an energy and commercial hub" organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dalla Missione navale europea a guida italiana, EUNAVFOR MED “Irini”. L’incontro era il terzo appuntamento di Shade Med, il percorso che porterà in autunno alla conferenza annuale sul Mediterraneo tenuta da Irini.

«L’Italia dovrebbe mettere in evidenza, sia in Europa che a livello internazionale, questa potenziale centralità positiva del Mediterraneo, enfatizzando l’importanza della creazione di una nuova strategia a lungo termine per affrontare gli squilibri e i fattori di instabilità presenti nella regione - ha dichiarato il rettore dell’Università Cattolica, Franco Anelli aprendo il convegno -. Una visione olistica, che non si basa solo sugli interessi di un singolo attore, ma che mira a promuovere la sicurezza di tutti i popoli del Mediterraneo e delle aree di quel bacino. L’unica risposta razionale a cambiamenti sconvolgenti ed epocali è tentare di tenerli sotto controllo e adattarci ad essi, non ignorarli.  È essenziale tutelare la libertà e la sicurezza di chi fugge dalla miseria, lavora, commercia, ma è altrettanto importante attivare nuove forme di dialogo e di cooperazione tra le nazioni europee, africane e mediorientali coinvolte. Il mondo della cultura, della ricerca e della formazione può e deve fare la sua parte anche mediante il consapevole esercizio di forme creative di cultural and scientific diplomacy per preparare e accompagnare le tradizionali azioni diplomatiche».

La nuova rilevanza del bacino è stata analizzata dal professor Paolo Sellari, direttore del master in “Geopolitics and Global Security” dell'università di Roma La Sapienza, secondo cui il Mediterraneo «è diventato un mare di passaggio tra gli oceani Atlantico, Indiano e Pacifico», cambiando così ancora una volta il suo ruolo nella Storia. «Se da un lato la regione sembra aver recuperato una sua centralità -ha ribadito il professor Riccardo Redaelli, direttore del Centro di Ricerca sul Sistema Sud e il Mediterraneo Allargato (CRiSSMA) dell’Università Cattolica - dall’altro lato, si tratta di una centralità geopolitica quasi subita più che desiderata, frutto delle tante guerre, crisi politiche, di sicurezza e drammi umanitari che dilaniano la sponda sud. Un caos che ha spinto l’Europa a “ritirarsi” da questo mare, riducendo le sue tradizionali politiche comunitarie verso i paesi rivieraschi e che ha favorito l’ascesa di movimenti sovranisti che hanno speculato sull’immagine di un bacino da cui difendersi».

L’Unione Europea vuole invertire questa tendenza, ben consapevole dell’importanza della regione: «Gli obbiettivi posti dalla Dichiarazione di Barcellona del 1995 sono ancora lontani – ha dichiarato Stefano Sannino, ambasciatore e Segretario Generale del Servizio Europeo per l’Azione Esterna-. Uno di questi era la creazione di un’area di libero scambio nella zona ma oggi notiamo come l’importanza dell’Ue come partner commerciale per le nazioni del Sud stia declinando, tranne che per paesi come Tunisia e Marocco». Un campo fondamentale in cui l’Europa deve giocare un ruolo di primo piano è quello dell’energia: «L’Unione europea intende raddoppiare a 50 miliardi di euro gli investimenti nel settore della rete elettrica nei Paesi vicini nel decennio 2020-2030 -ha confermato Sannino, sottolineando la centralità delle rinnovabili in questa partita-. Il settore eolico offshore nel Mediterraneo, potrebbe aumentare la sua efficienza di 20 volte entro il 2050».

Un altro settore chiave è quello del gas: «Si stima che le riserve di gas neutrale nascoste nei fondali del Mediterraneo orientale ammontino a 132 miliardi di metri cubi, di cui 60 sono già state scoperte in Israele, Egitto, Cipro e Libano: una cifra, quest’ultima, che già da sola supera le riserve di gas naturale stimate in Libia – ha sottolineato Sannino-, questo ha portato a più cooperazione ma ha anche aumentato tensioni tra Turchia, Cipro e altri paesi dell’area».

Il mare Mediterraneo è lo scenario dove opera Irini, la missione navale europea nata nel 2020 dopo la Conferenza di Berlino per implementare l’embargo di armi in Libia e comandata dall’ammiraglio della Marina Militare Italiana Fabio Agostini: «Operazione EUNAVFOR MED IRINI è parte di un processo che coinvolge aspetti militari, politici, economici ed umanitari. Rappresenta l’approccio olistico dell’Ue per la soluzione del conflitto in Libia. La presenza e il lavoro di IRINI ha anche l’effetto di aumentare la sicurezza dei traffici marittimi nel Mediterraneo centrale».

Per Lapo Pistelli, direttore Pubblic Affairs di Eni spa, l’Italia ha le carte in regola per giocare un ruolo di primo piano nello scenario mediterraneo: «Dobbiamo superare le due retoriche che caratterizzano il nostro dibattito su questo bacino. Il Mediterraneo non è solo la punta dell’iceberg dell’immigrazione illegale ma nemmeno un mare di pace e di incontro tra religioni. Non è più un mare nostrum ma un’area molto affollata dove grandi potenze come Usa, Russia e Cina si confrontano. Noi dipendiamo dalle rotte del commercio marittimo come non immaginiamo. Esportiamo lungo le rotte marittime il 79 per cento dei nostri beni e servizi totali e il 96 per cento dei beni e servizi extra-Ue. Importiamo dalle linee marittime l’84 per cento dei beni e servizi totali e il 99,4 per cento dei beni e servizi extra-Ue. Eppure il nostro porto principale, quello di Trieste, processa 62 milioni di tonnellate l’anno. Tangeri, Marsiglia, Barcellona e Atene fanno meglio. Un risultato strano se guardiamo la mappa e il ruolo che potrebbe giocare l’Italia». 

Anche secondo Fabio Tambone, direttore delle Relazioni Esterne di Arera, l’Autorità nazionale di regolazione per energia reti e ambiente, l’Italia può tornare protagonista: «È tempo di tornare a investire in Africa. Ci sono tanti soggetti, come la Cina, che lo stanno facendo bene e in fretta. Ricordo che non c’è solo il sud del Mediterraneo ma anche una zona chiave per il mercato dell’energia e del gas come i Balcani. L’Energia è una occasione di sviluppo economico ma anche un ponte tra paesi. Noi lavoriamo come regolatori sia con Israele che con l’Autorità Autonoma della Palestina. Arrivare a definire un set di regole chiare per tutti è la strada da percorrere per favorire gli investimenti, non solo in infrastrutture di grande capacità ma anche per i piccoli investimenti».

Un articolo di

Michele Nardi

Michele Nardi

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