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"I chiostri davano pace. Era importante studiare nella pace”

05 aprile 2021

"I chiostri davano pace. Era importante studiare nella pace”

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Ho cominciato l’università nel 1980. L’estate della maturità, al mare, quando ho condiviso con i vicini di ombrellone il voto finale e una signora ha commentato: “Be’, sei brava, quindi devi fare economia.” Be’, io veramente volevo fare lettere classiche. Qualche giorno dopo è scoppiata la bomba alla stazione di Bologna. Gli anni di piombo, il marzo grigio del rapimento Moro, i ragazzi che sparavano in via De Amicis, era tutto ancora così vicino: e intanto veniva avanti la Milano con le spalle imbottite, la Milano dell’aperitivo imperativo, del progresso rapido e corrotto.

Non era un tempo semplice in cui crescere - non esiste un tempo semplice in cui crescere. Studiare greco e latino - soprattutto greco - era un bel modo per dare un senso ai giorni: guardare indietro per imparare a guardare avanti. I miei compagni erano soprattutto compagne, però ce n’era uno, un velista, che spezzava cuori, un altro portava con eleganza una mantella di loden verde senza tempo, un altro ancora brandiva una valigetta da commesso viaggiatore e mi diceva ‘hai gli occhi marzolini’. Le ragazze erano quasi tutte gentili. Paola era la più elegante, Maria Concetta la più divertente, Carla la più salda.

I chiostri davano pace, la cappella, quel Cristo che ti segue con lo sguardo, dava pace. Era importante studiare nella pace. Ho finito in quattro anni precisi, mi sono laureata in aprile, a pochi giorni dal mio compleanno: senso del dovere, voglia di vedere che cosa veniva dopo. Potevo anche metterci un po’ di più.

Una testimonianza di

Beatrice Masini

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