Solidarietà e sussidiarietà. Ma anche volontariato e associazionismo di chi opera per i giovani, soprattutto in questa fase pandemica che sta generando problemi nuovi e aprendo a scenari sociali e culturali inediti. Sono stati i temi protagonisti del webinar Giovani del Sud. Associazioni e reti sociali al tempo del Covid, secondo incontro organizzato dall’Osservatorio Giovani Sud dell’Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica e la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, svolto il 23 febbraio sui canali social d’Ateneo.
A fornire le chiavi di lettura del dibattito è stata la moderatrice Miriam Della Mura, ricercatrice dell’Università di Salerno, delineando il quadro della condizione giovanile nel Sud del Paese. Ma è toccato soprattutto a Niccolò Morelli, assegnista dell’Università Cattolica, far capire cosa succede in queste aree meridionali e qual è il sosteno delle associazioni circa i nuovi e vecchi bisogni illustrando i risultati della ricerca curata dall’Osservatorio.
Nell’area metropolitana di Napoli, dove la ricerca è stata condotta, sono notevoli i rischi della crisi economica acuita dal Covid. Anche le pratiche adottate dalle associazioni si sono adeguate e quindi hanno subito delle trasformazioni in termini di nuovi bisogni emersi e del come i giovani si sono posti di fronte ai cambiamenti.
Per Morelli le associazioni si muovono tra preoccupazioni e speranze. «Le preoccupazioni nascono dal fatto che l’emergenza sanitaria ha aumentato le disuguaglianze in essere - si consideri, ad esempio, il caso della Dad -, e sono venute meno relazioni sociali positive, come quelle con le istituzioni, in questo periodo più occupate su altri versanti.
In positivo, ha rilevato Morelli, è emersa la grande disponibilità dei giovani a rendersi utili. «In tal senso il volontario non è solo chi offre un servizio ma chi crea una situazione di fiducia, mostra una faccia che viene riconosciuta come amica, stringe legami consolidati in tanti anni di presenza sul territorio. Le associazioni sono state accanto alla popolazione in modalità inclusiva per i nuovi bisogni sorti durante la pandemia. La sfida per l’impegno futuro delle associazioni è di progettare interventi multidimensionali, rendendo i giovani protagonisti. L’impegno più immediato sarà il ripartire da relazioni autentiche con la popolazione del territorio, tenendo presente il cambio generazionale in campo associativo e superando il distanziamento sociale, non appena Il Covid allenterà la morsa».
Sul rapporto tra solidarietà e nuove esigenze è intervenuta Ilaria Pitti, ricercatrice dell’Università di Bologna, la quale si è soffermata sui giovani come soggetti delle nuove reti di comunità, sulle pratiche relative a nuove comunità più dedite a uno stile di mediazione, sul territorio come campo d’azione di promozione di politiche socio educative.
La parola è passata a chi quotidianamente opera in un territorio ricco di contraddizioni. Tra loro Barbara Pierro, dell’Associazione “Chi Rom e chi no” presente a Scampia con servizi di pedagogia attiva, che ha messo in guardia, in vista della ripresa, dalle temute ricadute disastrose per chi è tagliato fuori. Facendo riferimento al suo impegno nei campi Rom, ha fatto notare che mancano servizi essenziali come l’energia elettrica e la connessione internet, quindi sono frustrati i bisogni essenziali e anche quelli della formazione. Qui anche la gastronomia contribuisce alla multiculturalità, tramite la preparazione comune di piatti delle varie tradizioni. «Sogni e bisogni sono sullo stesso piano per far sentire la voce di chi non parla, tramite azioni culturali e pedagogiche».
Giovanni Savino, della Cooperativa Sociale “Il Tappeto di Iqbal”, che da oltre vent’anni opera nella zona di Barra in difesa dell’infanzia, ha illustrato le attività teatrali curate dall’associazione, che hanno avuto il duplice effetto di coinvolgere gli artisti che non stanno lavorando, valorizzandone le competenze a vantaggio degli adolescenti a rischio di quel territorio.
A chiudere gli interventi, con un colpo d’ala letterario, è stato lo scrittore Maurizio de Giovanni, autore di tante storie di quartieri metropolitani, ribadendo il ruolo positivo e propositivo delle associazioni sul territorio per garantire la prossimità. «A Napoli, in un contesto di dispersione scolastica del 34%, dove uno studente su tre non va a scuola, affidare la formazione scolastica alla dad vuol dire dare un permesso ufficiale a non avere più rapporti con la scuola. Ecco allora l’intervento delle associazioni che cercano di mettere riparo a queste storture».
Dalle ricerche svolte, insomma, emerge che oggi i giovani sono molto isolati e poche sono le realtà che cercano di coinvolgerli. Se poi si aggiunge che la pandemia ha complicato tutto, proprio perché una comunità non si può costruire da uno schermo, diventa sempre più urgente che si dedichi attenzione al mondo giovanile e, appena sarà possibile, si elimini il distanziamento a favore di relazioni personali e in presenza.