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I “limiti dello sviluppo”: il monologo di Massimo Popolizio in Cattolica

14 novembre 2022

I “limiti dello sviluppo”: il monologo di Massimo Popolizio in Cattolica

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“Crescita di cosa? Perché? Per chi? Chi paga i costi? Quanto può durare, e qual è il costo per il pianeta?”. Sono gli interrogativi proiettati nell'Aula Magna dell'Università Cattolica, alternati al logo “Milano Digital Week”, identificativo della più grande manifestazione italiana dedicata a educazione, cultura e innovazione digitale in programma nel capoluogo lombardo dal 10 al 14 novembre che, come tema dell’edizione 2022 ha scelto “Lo sviluppo dei limiti”.

In occasione dell’apertura della Milano Digital Week, l’attore genovese Massimo Popolizio, giovedì 10 novembre, ha aperto la rassegna nell’Ateneo del Sacro Cuore interpretando il testo tratto dalla ricerca del Mit, l'Istituto di tecnologia del Massachusetts, “I limiti dello sviluppo” del 1972, caso editoriale, culturale e politico di risonanza planetaria. Il rapporto annunciava che l’umanità era in una situazione difficile e lanciava un monito quanto mai attuale: in un mondo finito, una crescita infinita è impossibile. Il testo, sui dilemmi dell’umanità, è un rapporto del ‘72 commissionato dal centro di ricerca ‘Club di Roma’ – think tank di altissimo livello con premi Nobel, leader politici e figure intellettuali di orientamento comunista fondato dall’imprenditore e manager Aurelio Peccei, ispiratore del Rapporto - a quattro ricercatori del Mit.

A presentare Popolizio, sul palco dell’università Cattolica, il curatore della Milano Digital Week Nicola Zanardi, il quale illustra l’argomento di questa quinta edizione sostenendo che «il tema di quest'anno ha a che fare non solo con le tecnologie, ma anche con la sostenibilità. La sostenibilità è un passaggio di conoscenza tra le generazioni, perché nella complessità bisogna avere più strumenti cognitivi, mentre invece fino a quaranta/cinquant'anni fa si parlava più che altro del pianeta, di lasciare il pianeta come l’abbiamo trovato, di trovare un modo di avere un equilibrio con una crescita molto importante. Diciamo che ciò non è avvenuto compiutamente. In questi anni – prosegue Zanardi - con la conoscenza che abbiamo, probabilmente abbiamo l’occasione di invertire il senso delle cose e anche di provare a rifletterci».

Nel suo monologo Popolizio parte dicendo che «la crescita è uno degli scogli più stupidi mai inventati: ne abbiamo già avuti abbastanza». Continua poi interrogandosi su quale sia la crescita, di che cosa, di chi, e quale sia il costo per il pianeta, le stesse domande sopra citate. Parla di come il rapporto del Mit evidenzi che l’umanità è in una situazione difficile. Un verdetto che oggi suona tristemente familiare. «Qui da noi, in Italia, Pier Paolo Pasolini è uno dei primi a comprendere di lanciare l’allarme ecologico», racconta l’attore. Nel 1975, infatti, Pasolini denuncia la scomparsa delle lucciole sul Corriere della Sera, articolo divenuto famoso, a causa dell’inquinamento di aria e dell’acqua. Popolizio cita anche il disastro di Seveso, il nome con cui si ricorda l'incidente avvenuto il 10 luglio 1976 nell'azienda ICMESA di Meda, che causò la fuoriuscita e la dispersione di una nube di diossina TCDD, una sostanza artificiale fra le più tossiche. Una tragedia che innesca molte riflessioni, fino alla nascita di movimenti ecologisti.

Il monologo torna poi sul Rapporto, il quale evidenzia chiaramente che all’aumento della popolazione mondiale si accompagna una diminuzione di risorse ed un inquinamento irreversibile dell’ambiente, e lo fa passando per episodi di cronaca, come la prima crisi petrolifera del 1973, fino ad arrivare ad Aurelio Peccei, ex dirigente Fiat e partigiano. «Peccei aveva compreso che, in questo piccolo mondo dominato da interdipendenze, uomo, società, tecnologia e natura si condizionano reciprocamente mediante rapporti reciprocamente vincolanti».

Ed è proprio parafrasando Aurelio Peccei, nel suo libro La qualità umana, che Popolizio conclude il suo monologo: «Il frutto principale del seme piantato cinquant'anni fa è la consapevolezza dei limiti con i quali scegliamo di confrontare, e che la terra è un’astronave in viaggio nello spazio, nessuno la può colpire dall’esterno, e noi ne siamo l’equipaggio”.

Un articolo di

Sara Fisichella e Giovanni Corzani

Scuola di giornalismo

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