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I problemi della nostra terra sono cambiati

13 marzo 2025

I problemi della nostra terra sono cambiati

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Eccellenze Reverendissime; Pregiatissime Autorità religiose, civili e militari; Magnifico Rettore  dell’Università degli studi di Parma, Professor Paolo Martelli; Stimato Prorettore delegato del Polo di Piacenza del Politecnico di Milano, Professor Dario Zaninelli; Stimati Prorettore Vicario, Presidi di Facoltà e Delegati; Chiarissime Professoresse e Chiarissimi Professori; Reverendissimo Assistente Ecclesiastico Generale e assistenti pastorali della sede; Illustri Esponenti del Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo e del Comitato di indirizzo dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori; Direttore Generale e Direttori di sede dell’Ateneo; Stimato personale tecnico-amministrativo; Care studentesse e Cari studenti,

rivolgo a ciascuno un cordiale benvenuto alla cerimonia di inaugurazione delle attività della sede di Piacenza-Cremona dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per l’anno accademico 2024/2025.

Esprimo un deferente saluto a Sua Eccellenza Reverendissima, Monsignor Adriano Cevolotto, per aver presieduto la celebrazione eucaristica. La sua vicinanza all’Ateneo è per noi motivo di sincera gratitudine.

Saluto la Senatrice Elena Murelli e il Prefetto di Piacenza, Paolo Ponta. Ringrazio il Sindaco di Piacenza, Katia Tarasconi, e l’Amministratore Unico di EPIS oltre che Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Piacenza, Monica Patelli, che ci onorano della loro presenza e che tra poco avremo il piacere di ascoltare. La vostra partecipazione è un segnale concreto del lavoro sinergico della sede con le istituzioni locali per il progresso educativo e scientifico del territorio.

Rivolgo un pensiero riconoscente al compianto Professor Franco Anelli, illustre accademico, insigne studioso e fine giurista. Lo faccio con particolare commozione qui a Piacenza, la sua città natale, alla quale era profondamente legato. Un legame che, anche in qualità di Rettore, ha sempre coltivato con passione e disponibilità. Fra le tante iniziative, ricordo il suo impegno nel promuovere il Protocollo Atenei per fare della “sua” Piacenza una città universitaria accogliente e all’avanguardia. A lui dedico un ringraziamento immenso. Sono certa che la nostra famiglia e la città lo ricorderanno per le sue qualità e per le molteplici progettualità da lui promosse.

Colgo altresì l’occasione per rivolgere un vivo ringraziamento ai Presidi delle quattro Facoltà – attive su Piacenza e Cremona – per il loro incessante impegno, volto a intercettare le esigenze del territorio attraverso il dialogo e le collaborazioni con istituzioni, imprese ed enti locali. Un saluto particolare desidero indirizzare al Prorettore Vicario, la Professoressa Anna Maria Fellegara, altra illustre cittadina piacentina, e al Coordinatore delle attività del campus di Cremona, il Professor Lorenzo Morelli. Ognuno di voi con quotidiana operosità e dedizione contribuisce a rendere la sede un interlocutore autorevole delle comunità locali in cui è inserita e per questo vi ringrazio.

Rivolgo un saluto non di circostanza all’intera famiglia universitaria, colleghe e colleghi docenti, ricercatrici e ricercatori, assegniste e assegnisti di ricerca, dottorande e dottorandi. Un pensiero affettuoso va alle studentesse e agli studenti, esortandoli a essere orgogliosi di appartenere a questa grande famiglia che è l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Nella nostra comunità educante – e questo non mi stancherò mai di ripeterlo – siete voi i protagonisti e i nostri ambasciatori nel mondo.

Come ho già sottolineato nelle cerimonie di inaugurazione che si sono tenute a Milano, Roma e Brescia, il Piano Africa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore è al centro di tutti i dies delle sedi dell’Ateneo, declinato secondo le specificità disciplinari di ciascuna. Il programma della giornata odierna ne è l’ulteriore conferma. Rivolgo, dunque, un particolare benvenuto a Nosipho Nausca-Jean Jezile, Presidente del Comitato per la sicurezza alimentare mondiale presso la FAO e Ambasciatrice della Repubblica del Sud Africa a Roma. A nome di tutto l’Ateneo, le formulo un sentito ringraziamento per aver accolto il nostro invito, nonostante la sua fitta agenda di impegni multilaterali nell’anno del G20 in Sud Africa. Siamo, infine, particolarmente lieti di poter ascoltare la testimonianza di Gabriele Bellotti, dottorando di Agrisytem, che ci racconterà delle sue esperienze in Mali nell’ambito di un progetto del Centro di Ateneo per la Solidarietà internazionale (CESI) sulla sostenibilità dei sistemi agricoli.

1.

Il campus di Piacenza, con i suoi 3.026 iscritti, ha accolto 1.130 nuovi immatricolati nell’anno accademico 2024/25. A Cremona, gli iscritti sono 549 e gli immatricolati 229, con una crescita notevole nell’ordine del 14% che tanto deve agli splendidi spazi del complesso di Santa Monica, che sarà ulteriormente ampliato con uno studentato grazie al sostegno della Fondazione Arvedi Buschini.

Entrambi i campus si caratterizzano per un’offerta formativa che guarda al mondo, combinando due esigenze fondamentali: tener conto delle trasformazioni in atto e dare piena attuazione all’interdisciplinarità. Rispondono a tali intenti diversi percorsi di laurea e dottorato che si basano sulla consolidata collaborazione tra le Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali, di Economia e Giurisprudenza, di Scienze della formazione e di Psicologia. Emblema di questo circolo virtuoso, che trova ampi riconoscimenti a livello globale, è il dottorato interdisciplinare Agrisystem, con i suoi 107 dottorandi in corso, di cui 4 Marie Curie. Un dottorato che, anche grazie al programma di ospitalità per giovani ricercatori PORTUS, vanta il 18% di studenti provenienti da altri paesi e in particolare dal continente africano.

Un prestigio internazionale che è stato acquisito nel tempo anche in virtù del valore assegnato al fruttuoso dialogo con il territorio in cui la sede è immersa, ossia la Food Valley che, come noto, rappresenta uno dei distretti chiave dell’agro-alimentare italiano. La nostra sede e la Food Valley sono realtà accomunate dalla capacità di saper far convivere due coordinate diventate nel tempo assi portanti per il successo delle rispettive iniziative: qualità e internazionalizzazione. Intense sono, infatti, le collaborazioni in termini di ricerca e consulenza su temi di frontiera con le imprese del distretto. A Piacenza-Cremona operano 6 Dipartimenti, 17 Centri di ricerca e l’Alta Scuola di management ed economia agro-alimentare (Smea). Una sede che da sempre si contraddistingue per la sua spiccata vocazione alla ricerca scientifica, come confermano gli oltre 27 milioni di euro di finanziamenti per progetti attualmente in corso.

Senza dimenticare le attività di terza missione, tra le quali mi limito qui a ricordare il progetto di service learning presso la casa circondariale di Piacenza con l’apertura di uno sportello giuridico grazie al quale i detenuti sono assistiti dalle studentesse e dagli studenti di questo campus.

La sede esprime i tratti propri di un microcosmo internazionale. Lo dicono chiaramente i numeri delle iscrizioni. È infatti interessante notare che gli studenti internazionali sono ben 386, dei quali il 13% proviene da un paese africano. Non meno rilevanti i dati degli studenti in uscita, 323 sono quelli che hanno deciso di arricchire il loro curriculum con esperienze in atenei esteri. Una proiezione internazionale che la sede attua da diversi anni. Del resto, Piacenza è stato il primo campus dell’Ateneo a istituire, con un’estesa rete di università, un double degree, quello in International management, del quale ricorre il ventennale dal primo accordo. E a questo ne sono seguiti molti altri, qualificando la sede come un perno per rendere a tutti gli effetti Piacenza e Cremona un polo universitario globale, in cui l’Africa riveste già un ruolo significativo.

2.

Secondo l’ultimo rapporto Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo, a cura di cinque agenzie specializzate delle Nazioni Unite, nel 2023, circa 733 milioni di persone hanno sofferto la fame, equivalenti a 1 persona su 11 a livello globale. Lo stesso rapporto evidenzia che oltre 2,3 miliardi di persone nel mondo affrontano livelli moderati o gravi di insicurezza alimentare, il che significa che quasi 1 persona su 3 non ha accesso regolare a cibo nutriente e sufficiente. Dati che sono in aumento significativo e pertanto indicano l’urgenza di interventi per combattere la fame e la malnutrizione. In particolare, è l’Africa la regione con la più alta percentuale di popolazione che non ha cibo a sufficienza: circa il 20 percento a fronte dell’8 percento in Asia e del 6 percento in America Latina. Dunque, ben 298 milioni di africani hanno affrontato tale condizione nel 2023.

La fame e la denutrizione che colpiscono tante persone nel mondo sono il risultato di profonde ingiustizie e polarizzazioni. Povertà alimentari che mettono in luce i numerosi limiti del modello economico dominante. Sono un sintomo delle laceranti disuguaglianze tra paesi e all’interno dei paesi e del numero crescente di donne e uomini che sono in condizioni di povertà estrema. Se definiamo la povertà come un reddito inferiore a 5,5 dollari al giorno, sono quasi 3 miliardi le persone che si trovano in tale situazione. La maggioranza della popolazione mondiale rischia dunque di essere esclusa ed emarginata. Una questione che non si limita alla sfera economica, ma si estende a quella sociale con ripercussioni nell’accesso, oltre che al cibo e all’acqua, anche alle cure mediche e all’educazione.  L’inaccessibilità di queste risorse per molti costituisce un affronto alla dignità personale.

I limiti del modello economico dominante trovano ulteriore conferma nel cambiamento climatico, descritto dall’economista Nicholas Stern, nostro laureato honoris causa, come “il più grande fallimento del mercato che il mondo abbia mai sperimentato”. Numerose evidenze scientifiche hanno accresciuto la consapevolezza nei confronti della sostenibilità ambientale, tanto da portare al Green Deal europeo e alla riforma costituzionale italiana. Se ne è parlato poco, eppure nel febbraio 2022 è stata approvata una riforma dei principi fondamentali della Costituzione che riguarda proprio le questioni ambientali, con l’inserimento nell’articolo 9 della “tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”. Non solo, il riformulato articolo 41 stabilisce che l’iniziativa economica privata è libera, ma non può svolgersi in modo da recare danno, tra gli altri, all’ambiente.

Queste iniziative sono state sospinte dall’accademia attraverso l’elaborazione di nuovi modelli economici, ponendo in primo piano la questione antropologica. In questa rigenerazione di pensiero sono due gli errori comuni da evitare. Il primo è l’inversione dell’ordine tra mezzi e fini. Più un mezzo è potente più tende a essere percepito come il fine, come ben si comprende pensando al rapporto tra finanza ed economia reale in cui la prima è spesso equivocamente considerata il fine. Il secondo errore è la tendenza a ritenere che tutto si limiti agli scambi di beni materiali, dimenticando che questi sono il veicolo di beni immateriali – come la fiducia e la solidarietà – che determinano la qualità delle stesse relazioni economiche e sociali.

Tali premesse ci aiutano a capire l’importanza di orientare il paradigma verso la sostenibilità sociale e ambientale, oltre che economica. Un tema che riceve grande attenzione, peraltro con toni sempre più polarizzati, da parte di opinione pubblica, governi e imprese. Sebbene nei mercati finanziari siano ingenti i flussi di capitali indirizzati su titoli cosiddetti sostenibili, la loro reale efficacia nel favorire la sostenibilità dipenderà dal modo in cui le imprese riorienteranno investimenti, attività e processi decisionali. In caso contrario potrebbero emergere pericolose pratiche opportunistiche, come il green o social washing. Per evitare rischi di questa natura, l’accademia è chiamata a delineare, con maggiore profondità concettuale e analitica, il significato, la valutazione e le metriche di sostenibilità.

In termini generali, la sostenibilità sottintende uno sviluppo nel presente non realizzato a scapito dello sviluppo futuro; è quindi già intuitivamente molto più di quanto possano cogliere i cosiddetti indici ESG (environmental, social and governance). Rimanda, cioè, a un profilo di etica intergenerazionale, basata su un’alleanza tra generazioni. Un concetto con radici antiche, introdotto da von Carlowitz, amministratore contabile forestale in Sassonia, nella sua opera del 1713 Sylvicultura Oeconomica. Dato che la ricrescita del patrimonio boschivo richiede decenni, il modello di von Carlowitz stimava le quantità di legname prelevabili sulla base della loro ricrescita.

Questa stessa prospettiva di etica intergenerazionale si esprime nella sede di Piacenza-Cremona che ha saputo tradurre in azioni concrete la sensibilità verso la salvaguardia dell’ambiente. Molti gli esempi tra i quali l’attivazione già nel 2020 di una laurea triennale in Management per la Sostenibilità, la realizzazione lo scorso anno del parco agrivoltaico e la costituzione - con Fondazione EDUCatt - della prima comunità energetica rinnovabile in ambito universitario. La casa circondariale di Piacenza è già stata invitata ad aderire alla CER, un invito la cui portata è densa di significati. Un modello virtuoso che verrà applicato anche a Cremona, dove la Diocesi ha manifestato l’intenzione di costituire una comunità energetica rinnovabile.


3.

Alla salvaguardia dell’ambiente sono strettamente connessi i problemi di fame e denutrizione, che se non adeguatamente affrontati possono determinare instabilità globali molto preoccupanti. La rapida espansione demografica in atto in alcune regioni del mondo, specie nel continente africano, comporta infatti un aumento della domanda di beni alimentari ed energetici, causando pressioni competitive per l’approvvigionamento di terra e di risorse naturali, basti pensare alle terre rare – tema, come sappiamo, di stringente attualità. Le questioni di sicurezza alimentare, accentuate dalla crisi dei prezzi agricoli, hanno spinto a un’acquisizione transnazionale di terre fertili senza precedenti. Questo fenomeno ha intensificato le pressioni commerciali sulla terra, favorito la finanziarizzazione dei prezzi agricoli e causato l’esproprio di piccoli produttori e comunità indigene dai loro territori. Queste dinamiche, unitamente alle povertà alimentari, impongono di riconsiderare le politiche di accesso alla terra, con un approccio orientato alla sostenibilità e alla giustizia sociale.

Si rendono dunque necessarie azioni congiunte per sviluppare un sistema agricolo e alimentare più inclusivo che, sostenuto da ricerca scientifica e innovazione tecnologica, promuova un’agricoltura sostenibile e rispettosa dell’ambiente. L’ottica è quella dell’ecologia integrale avanzata con lungimiranza da Papa Francesco nella Laudato si’. L’idea di fondo è quella di tener conto delle necessità di ciascuno e di tutti nonché di proteggere la dignità della persona nelle relazioni con gli altri e in stretta connessione con il creato. Fra le tante sollecitazioni, l’enciclica invita a riflettere sul profondo legame tra poveri e terra. Gli effetti del cambiamento climatico, il degrado della fertilità del suolo, la crescente scarsità d’acqua hanno conseguenze devastanti, colpendo soprattutto le fasce più povere della popolazione. In questo scenario, le attività economiche che limitano l’accesso alla terra per i più vulnerabili – come la delocalizzazione produttiva e l’urbanizzazione crescente – amplificano la loro fragilità, spesso innescando tensioni sociali se non addirittura conflitti.

Quello tracciato nella Laudato si’ è un paradigma che può essere declinato – seppur con prospettive diverse – sia nella Food Valley, in cui ci troviamo, sia nei paesi africani, con i quali collaboriamo, e sempre più lo faremo, attraverso il Piano Africa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Infatti, l’Ateneo dei cattolici italiani si rende disponibile come interlocutore nel dibattito nazionale per delineare piani di sviluppo in ambito educativo con l’Africa e non per l’Africa, su una molteplicità di discipline, dall’economia alle scienze agrarie. La consapevolezza è che la giustizia sia un requisito indispensabile per realizzare l’ideale della fraternità universale. In tal senso, il Piano Africa si qualifica come un’opera di giustizia, non tanto di carità.

Attualmente l’Ateneo ha già attivi 123 progetti con 40 paesi africani, dei quali 10 nella sola sede di Piacenza-Cremona. Tra questi ne ricordo tre. Il primo SIRAM (Sustainable Innovations for Regenerative Agriculture in the Mediterranean), operativo in Marocco e Tunisia, che intende promuovere approcci di agricoltura rigenerativa al fine di assicurare una corretta produzione di cibo e contribuire a uno sviluppo rurale bilanciato. Il secondo, FOCUSER è un campus interuniversitario per l’alta formazione e la ricerca per favorire un trasferimento dell’innovazione al settore produttivo dell’area arabo-mediterranea. Il terzo, “Produzione di cibo appropriato: sufficiente, sicuro e sostenibile” – attivo in Etiopia, Repubblica Democratica del Congo e Uganda – si propone di alleviare i problemi di povertà e malnutrizione che caratterizzano le piccole aziende familiari. Un progetto quest’ultimo finanziato dalla Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi, che colgo l’occasione di ringraziare nella persona del suo Presidente, Professor Giuseppe Bertoni, per il sostegno che costantemente assicura al nostro Ateneo.

Sono queste iniziative che si sviluppano in un contesto come quello di Piacenza fecondo di esperienze di solidarietà internazionale molto significative, anche grazie all’operato di ordini religiosi e ONG quali “Africa Mission”. Fra le tante figure piacentine che si sono spese con dedizione per gli ultimi, un pensiero particolare va alla Beata Suor Leonella Sgorbati, che con tenacia ha dato vita a una scuola di formazione per infermieri prima in Kenya e poi in Somalia dove è stata uccisa.

Lo spirito che anima questi progetti ci riporta all’idea originaria di Padre Gemelli che individuò in Piacenza, situata nel cuore della pianura padana e centro dell’attività agricola italiana, la sede ideale per la nascita della Facoltà di Agraria della nostra Università. La posa della prima pietra della Facoltà, avvenuta il 30 ottobre 1949, alla presenza del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, rispondeva alla volontà del nostro fondatore di: «Creare un centro di studi che formi gli uomini e risolva i problemi della nostra terra». Se negli anni Quaranta e Cinquanta, l’agricoltura rappresentava un settore chiave per l’economia italiana, oggi questo vale per l’Africa. Si comprende quindi la rilevanza che nel Piano Africa avranno le questioni agro-alimentari, potendo far leva sulla lungimiranza del progetto di Padre Gemelli.

4.

Per contribuire a dare risposte alle questioni legate al continente africano, capaci di tradursi in uno sviluppo inclusivo dell’intera comunità internazionale, non si può prescindere dal dare ascolto a voci che giungono direttamente dall’Africa. Nel fare ciò abbiamo pensato nei dies di Brescia e Piacenza-Cremona di coinvolgere esponenti delle organizzazioni delle Nazioni Unite proprio nell’anno in cui si celebra il loro 80simo anniversario.

Il confronto con esponenti delle più autorevoli organizzazioni internazionali offre spunti di riflessione – scevri da stereotipi – utili per la nostra attività didattica e di ricerca, contribuendo alla creazione e al rafforzamento di alleanze strategiche. Un intento che è ancora una volta in sintonia con gli auspici del Santo Padre e con le parole pronunciate durante il suo primo incontro con l’Assemblea generale dell’ONU nel settembre 2015, quando ha riaffermato «l’importanza che la Chiesa Cattolica riconosce a questa istituzione e le speranze che ripone nelle sue attività». Un’occasione storica che – ripercorrendo le orme dei suoi tre predecessori, Paolo VI nel 1965, Giovanni Paolo II nel 1979 e nel 1995 e Benedetto XVI nel 2008 – ha portato ad approvare l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.

Conosciamo e apprezziamo i numerosi contributi che l’ONU ha dato alla pacifica convivenza sociale, grazie alla codificazione e allo sviluppo del diritto internazionale, alla costruzione della normativa internazionale dei diritti umani, al perfezionamento del diritto umanitario, alla soluzione di molti conflitti e operazioni di pace e alle pratiche in ambito agro-alimentare per il diritto al cibo e alla sicurezza alimentare. Tuttavia, sappiamo che una riforma dell’ONU è ormai necessaria per dare maggiore forza al multilateralismo e quindi per affrontare il complesso quadro geopolitico determinato dalla «terza guerra mondiale a pezzi». Il rischio altrimenti è che venga disatteso ciò che la Carta delle Nazioni Unite enuncia nel Preambolo, quando invita a «promuovere il progresso sociale e un più elevato livello di vita all’interno di una più ampia libertà».

Eppure, tale auspicio non ha ancora trovato una risposta compiuta. Basti pensare che già la Pacem in Terris suggeriva un rinnovo dell’ONU, nelle strutture e nei mezzi, per adeguarlo sempre più «alla vastità e nobiltà dei suoi compiti» (Pacem in Terris, 75). Forse, per promuovere un passo in avanti si potrebbe partire anche dal reale riconoscimento dell’essere umano come parte dell’ambiente. Infatti, l’abuso e la distruzione dell’ambiente si associano anche a un inarrestabile processo di esclusione economica e sociale, che a sua volta implica una negazione della fraternità umana. A subirne i danni peggiori sono i poveri, generando quella che è la «cultura dello scarto».

Contrastare la povertà estrema e quindi dare accesso universale ai beni primari - un aspetto questo che assume un significato particolare nell’anno giubilare - significa innanzitutto rispettare la dignità di ogni persona. Una condizione che passa dal pieno diritto all’educazione, anche per le bambine. Un diritto che però non si risolve nell’offrire il solo accesso all’istruzione, bensì richiede il totale rispetto della persona umana.

Nei discorsi inaugurali ho utilizzato l’espressione education power per evidenziare il ruolo decisivo dell’educazione come base per lo sviluppo integrale e sostenibile. La riprendo qui, con ancora maggiore enfasi proprio alla luce delle complessità determinate dal mutamento nello scenario geopolitico globale, per sottolineare come anche nella ricerca, nella didattica e nelle attività dell’ambito agro-alimentare l’education power può essere risolutivo. Un esempio su tutti: per il raggiungimento dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030, l’azione della FAO risulta indispensabile. Nel 1945, la sua istituzione fu proprio il frutto della determinazione dei governi a combattere la fame attraverso lo sviluppo agricolo. Riflettere oggi sul legame tra sicurezza alimentare e mobilità umana significa riaffermare e rinnovare l’impegno originario di questo importante organismo. Un impegno fondamentale per garantire la produzione e la distribuzione del cibo e, al contempo, per riconoscere a ogni individuo il diritto a un’alimentazione adeguata, alla partecipazione alle decisioni che lo riguardano e alla possibilità di realizzare le proprie aspirazioni senza essere costretto a lasciare la propria terra.

***

Formare donne e uomini di valore e risolvere i problemi della nostra terra. In questa storica enunciazione di Padre Gemelli, che ho prima ricordato, si celano ancora le missioni della sede di Piacenza-Cremona dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Rispetto ad allora, i problemi della nostra terra sono cambiati, anche notevolmente. Le vorticose trasformazioni del settore agricolo sono ormai legate alle innovazioni tecnologiche. Per governare e indirizzare tali cambiamenti dobbiamo affidarci a un lavoro inter e trans-disciplinare che qui si esprime in maniera evidente ed efficace.

Mi piace infine mettere in luce un tratto comune alle persone che lavorano nella sede di Piacenza-Cremona che rende ancora validi, dopo molti anni, gli intenti di Padre Gemelli. Mi riferisco alla vostra instancabile operosità. È un’attitudine esemplare, e dunque da preservare, perché consente di cogliere in anticipo i problemi nuovi e soprattutto di convertirli in opportunità per tutti.

Il discorso di

Elena Beccalli

Elena Beccalli

Rettore Università Cattolica del Sacro Cuore

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