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Il curatore di mostre è un direttore d’orchestra

22 giugno 2022

Il curatore di mostre è un direttore d’orchestra

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Dalla combinazione di sapere storico-artistico e competenze manageriali nasce il mestiere del curatore di mostre, che ha la responsabilità dei contenuti scientifici ma anche di molti degli aspetti logistico-organizzativi connessi alla realizzazione del progetto.

Tra questi: l’allestimento e il marketing, le pratiche di richiesta/prestito di opere e la composizione di un comitato scientifico ad hoc. Non solo: anche le scelte grafiche afferenti il catalogo e la comunicazione così come la logistica dei trasporti e le assicurazioni. «Compito del curatore è far suonare tutti questi “strumenti” nel modo più armonioso possibile».

A spiegarlo con una metafora è Davide Dotti, franciacortino, classe 1985 e alumnus della Cattolica (nella sede di Brescia si è laureato in Scienze dei beni culturali, a Milano ha concluso il biennio magistrale in Lettere).

«27 mostre curate in prima persona in Italia ed Europa, di cui la prima quando avevo 19 anni, all’Accademia Carrara di Bergamo “Paesaggi, vedute e capricci lombardi e veneti del 6-700”» racconta Dotti, che si è specializzato alla Fondazione di Studi di Storia dell'Arte Roberto Longhi di Firenze.

In quell’occasione «nei depositi del Museo, feci una scoperta significativa: 2 originali di Bernardo Canal, padre del più noto Canaletto, fino ad allora date per copie. L’episodio mi fece capire a cosa potessi ambire facendo questo lavoro» spiega.

Tra i vari progetti che sono poi seguiti: “Pittura barocca italiana” (2014) «con cui ho messo in mostra tele di Caravaggio e Canaletto a Budapest”» mentre con “Caravaggio e la nascita della natura morta” alla Galleria Borghese di Roma, nel 2016 quando aveva 31 anni «fui il primo in assoluto che riuscì a farsi prestare la celeberrima "Canestra di frutta" dalla Pinacoteca ambrosiana di Milano» commenta Dotti.

Un capitolo a parte riguarda le mostre promosse nella sua città, Brescia, dove dal 2014 cura un allestimento semestrale a Palazzo Martinengo Cesaresco di via Musei 30 (spazio espositivo della Provincia di Brescia).

Nel 2014 iniziò con “Moretto, Savoldo, Romanino. 100 capolavori dalle collezioni private bresciane”, nel 2015 di Expo fu la volta de “Il cibo nell'arte. Capolavori dei grandi maestri dal Seicento a Warhol”, poi “Lo splendore di Venezia. Canaletto, Bellotto, Guardi e i vedutisti dell'Ottocento” (2016), “Picasso, De Chirico, Morandi. 100 capolavori del XIX e XX secolo dalle collezioni private bresciane” (2018), “Gli animali nell'arte: dal Rinascimento a Ceruti” (2019) e “Donne nell’arte” (2020, riallestita post pandemia nel 2022).

«Lavorare per la propria città consente una restituzione tattile. Andando dal fornaio, incontrando persone per strada, riscontri ed opinioni di chi ha visto la mostra sono quotidiani».

L’attività di curatela rappresenta tuttavia solo il 50% del lavoro. Ad essa si affianca infatti un’attività di consulenza (stimabile attorno al 25%) che comprende, tra le varie, indirizzare collezionisti e opere presso studi di restauro specializzati, fornire pareri nella suddivisione di raccolte per l’asse ereditario, effettuare stime per acquisti e vendite.

Il restante 25%? «Continuare e studiare».

Un articolo di

Bianca Martinelli

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