“I regni passano, le città restano”: con questa citazione di Giorgio La Pira la professoressa Simona Beretta, direttrice del Centro di Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa, ha aperto i lavori del seminario organizzato il 20 ottobre sul futuro delle metropoli, a partire dal volume pubblicato da Fondazione Sinderesi, a cura di mons. Samuele Sangalli: Rome: Three millennia as capital. What’s next? (2021, G&B Press). Fine dell’incontro è stato promuovere un confronto sul futuro delle metropoli in un mondo caratterizzato da sfide globali radicate nel vivere insieme nelle città, «il luogo dove si concentra la maggior parte della sofferenza».
Una sfida che riguarda il futuro delle città occidentali tra sostenibilità, cura dell’ambiente, inclusione sociale, come ha ribadito Nino Galetti, direttore della Konrad-Adenauer-Stiftung in Italia, organizzatore dell’evento insieme al Centro di Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa.
A moderare l’incontro è stato il professor Ferdinando Citterio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore che, partendo dal volume su Roma, ha invitato «a trovare ispirazione e metodo per capire anche Milano dato che la capitale è sette volte più grande di Milano e ha più del doppio come popolazione».
Esaminando la situazione milanese, Cristina Pasqualini, sociologa e ricercatrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha svolto la sua relazione sul tema “Innovazione e inclusione nelle metropoli occidentali: il caso di Milano” e ha evidenziato fragilità ma anche risorse della città. La comunità ha bisogno di luoghi fisici ma anche nel digitale si possono creare comunicazioni e prossimità. Tra i luoghi fisici ha citato vari esempi virtuosi come i condomini solidali, che stanno incentivando uno stile di vita fraterno e sostenibile, o le biblioteche di condominio che hanno preso il posto delle vecchie portinerie degli stabili, offrendo spazi comuni a servizio di tutti, non solo dei condomini che neppure si conoscevano. Si tratta di esperienze che aprono alla città, come gli orti urbani, i giardini condivisi, gli spazi di coworking. Venendo al digitale ha citato i casi di Social Street, cioè di vicini di casa che decidono di iniziare a conoscersi a partire da Facebook, con gruppi chiusi, ma non si fermano alla piattaforma digitale iniziando a incontrarsi, a scambiarsi informazioni e cortesie, passando dal virtuale al reale al virtuoso. «E’ un’esperienza generativa che produce imitazione in quanto coloro che poi ritornano nelle loro città di provenienza ripropongono queste formule di vicinato di prossimità in cui tutti si mettono in servizio secondo le proprie potenzialità. E il lockdown è stato fondamentale per questa innovazione».
A fronte dell’aspetto solidale, su quello economico è intervenuto Fabrizio Zucca, coordinatore del Laboratorio sulla sostenibilità EURISPES, con la relazione “Città circolari, la via alla sostenibilità urbana”: «Una città circolare è una città che ricostruisce il processo circolare, che riporta in città i processi produttivi e di rigenerazione, che riutilizza le risorse in modo che la città diventi più resiliente, che non ha bisogno di smaltimento continuo dei rifiuti e utilizza una energia che è rinnovabile. Il rischio è che, come accaduto negli ultimi anni, il recupero dei territori prima utilizzati industrialmente faccia aumentare il costo delle abitazioni, spingendo le persone ad abitare fuori dai centri urbani e creando un grosso problema di inclusione».
In coda al seminario si è svolto anche un interessante confronto tra chiesa e istituzioni civili a Milano. Dal punto di vista delle istituzioni è intervenuto Marco Granelli, assessore alla Sicurezza, il quale ha citato «le scelte strategiche della mobilità di tutti i giorni, la forte iterazione tra i soggetti delle città, la grande capacità aggregativa di vivere e cambiare un territorio, gli strumenti per fare evolvere le relazioni tra istituzioni grazie ai principi di trasparenza, pluralità, libera concorrenza, cura dei beni comuni». Per il sociale è toccato a Luciano Gualzetti, direttore Caritas Ambrosiana, fare riferimento a coloro che non conducono una vita dignitosa e alle forme di sostegno che evitino di cadere nella trappola dell’assistenzialismo: «Si riduce il divario tra poveri e ricchi quando si promuovono le condizioni positive per tutti e quando ci si prende cura responsabilmente dei beni collettivi».
Tale confronto è stato apprezzato dal curatore del volume monsignor Samuele Sangalli, presidente della Fondazione Sinderesi, che – nelle conclusioni al seminario – ha illustrato lo spirito del libro e la validità del metodo per ogni ricerca su questi temi.