Sono parole tuonanti quelle che sono risuonate nei corridoi del campus di Brescia dell'Università Cattolica per ammonire i giovani sul pericolo della mafia. A pronunciarle il generale di Corpo d'armata Giuseppe Governale, già direttore della Direzione investigativa antimafia, ex comandante nazionale del Ros, il Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri, invitato mercoledì 11 maggio dal professor Michele Brunelli a tenere una lezione aperta agli studenti del corso di Relazioni internazionali.
«Negli ultimi trent' anni, per la prima volta, siamo in vantaggio nella lotta alla mafia. Ma per vincere abbiamo bisogno che entrino in campo altri corpi sociali: la scuola, la Chiesa, la cultura e il senso civico. I ragazzi conoscono ancora troppo poco la Costituzione, proprio loro che saranno i dirigenti di domani».
Ne è fortemente convinto Governale il quale ha sottolineato che le mafie hanno cambiato pelle e per queste non si riconoscono. «Sono arretrate sul piano militare, ma sono molto presenti negli affari e nelle dinamiche finanziarie».
Eppure le sentenze di condanna per associazione di stampo mafioso o per metodo mafioso a Brescia sono pochissime e non certifichino la presenza della criminalità organizzata- chiede il giornalista del Giornale di Brescia Pierpaolo Prati. «Questo perché le organizzazioni criminali mafiose si muovono secondo i principi di asimmetricità e mettono le Forze di polizia in posizioni di svantaggio».
Nel Nord Italia la mafia è molto pervasiva e pericolosa. In Lombardia esistono 27 locali di 'ndrangheta. Per combattere e sconfiggere la criminalità mafiosa il generale Governale insiste sull'impegno civico e sull'affidabilità dello Stato. «Soprattutto nel meridione del Paese - ha aggiunto - per tanti anni è stato assente. E in assenza di potere, altri si fanno punto di riferimento perla società civile. Sono arrivati ad offrire welfare alla popolazione, non possiamo consentirlo».
Valerio Corradi, docente di Sociologia del territorio, ha proposto uno sguardo all’indietro, quando già negli anni Settanta e Ottanta la provincia di Brescia cominciò a diventare un contesto «adatto», per varie ragioni, alla latitanza di alcune personalità di spicco di clan e gruppi criminali. «Questo perché le caratteristiche economiche del Bresciano, con la sua capacità di produrre ricchezza e la presenza di molte piccole-medie imprese, con il passare degli anni, hanno attirato investimenti di sodalizi mafiosi che si sono radicati in segmenti importanti dell'economia locale».
Un ruolo di primo piano è occupato dai cospicui investimenti illeciti nel settore immobiliare, in quello dei rifiuti, nella filiera della ristorazione e del divertimento notturno. Secondo le più recenti informative delle forze dell'ordine, di pari passo, Brescia è diventata un'importante piazza di smistamento di sostanze stupefacenti, e ha visto aumentare i reati collegati alle estorsioni e all'usura.
La lezione del generale Governale ha messo in evidenza che la volontà di fare affari delle mafie trova terreno fertile nell'indebolimento delle difese sociali e culturali; a questo si aggiunge che oggi le mafie si mimetizzano e cambio pelle più che nel passato.