Ripercorrendo le tappe principali della storia di “Cosa nostra” e delle organizzazioni mafiose, ricordando le persone simbolo del sacrificio e delle stragi, Padre Pino Puglisi, Piersanti Mattarella, Pio La Torre, Don Giuseppe Diana, fino ad arrivare agli omicidi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, De Lucia ha parlato del carattere attuale delle mafie e del lavoro delle Procure per sconfiggerle: «La mafia è una struttura complessa ed elastica: contemporaneamente sempre e mai uguale a se stessa, che esiste sullo stesso territorio dello Stato e che attualmente, dopo i colpi subiti dallo Stato stesso nei decenni scorsi, tenta di darsi nuovamente una struttura e di tornare ricca, soprattutto grazie al traffico di droga».
L’analisi del linguaggio mafioso, il lavoro quotidiano e continuo della Procura e delle Forze dell’ordine, il ruolo delle donne nelle famiglie mafiose, il modo di rapportarsi agli altri, l’osservanza formale delle regole religiose, la legislazione antimafia e il processo penale, il dovere civico dei cittadini, le misure di prevenzione e di educazione, la nuova Cosa nostra. Tutto questo è stato al centro degli interventi e del dibattito che è seguito grazie alle domande, curiose ed emozionate delle studentesse e degli studenti, particolarmente sulla società attuale dove Cosa nostra ancora esiste e opera: «È vero che esiste un ambiente che ha condiviso fini e interessi della mafia, soprattutto a causa della povertà, del deficit culturale, e della convenienza di alcuni – ha risposto De Lucia - ma oggi c’è un movimento di giovani molto impegnato. Gli applausi per la strada dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro ne sono stati la prova: cittadini non organizzati che, spontaneamente, scendono dalle automobili per applaudire e ringraziare i Carabinieri sono stati il segno che la speranza esiste».
Fino alla domanda finale, quella che tutti vorrebbero porre, che ha concluso l’incontro in un senso di impegno, realismo e speranza: “Procuratore, è possibile un mondo senza mafia?”
«I latitanti si catturano lavorando, ogni giorno, in maniera seria e meticolosa – ha detto il Procuratore - E di certo, se sconfiggiamo l’omertà, sconfiggiamo la mafia. Ma per farlo occorre la cosiddetta “antimafia dei diritti”: uno Stato che non solo reprime, ma costruisce. Un mondo senza mafia ancora non esiste, ma ho dedicato trent’anni della mia vita a questo scopo e non posso credere che alla fine la mafia possa vincere sui cittadini di questa Repubblica».
“Avvenire in campus: un’occasione di formazione e di crescita grazie alla lettura ragionata delle notizie”
«In un tempo in cui i social media e la diffusione su scala mondiale dei modelli comunicativi hanno radicalmente cambiato il modo di fare e di intendere l’informazione e in un tempo in cui non solo le informazioni, ma anche noi giovani, ci muoviamo con una velocità infinitamente superiore, il giornale ci appare come un utile strumento che possa aiutarci a fermare un attimo questa sfrenata rincorsa contro il tempo, trovando tutti noi una guida ragionata dentro e attraverso le notizie di ogni giorno» – hanno commentato studentesse e studenti al termine dell’incontro – la lettura del giornale, cartaceo e non, infatti, “obbliga” al ragionamento e alla riflessione, richiede rigore interpretativo e un’analisi metodica di ciò che leggiamo. Non offre scorciatoie al pensiero e impone un quotidiano ripensamento su più aspetti della realtà, facendo di noi persone capaci di avere prospettive infinitamente più ampie».
«Proprio per questo - hanno continuato i collegiali - un giornale come Avvenire, il cui pensiero non è del singolo, ma della comunità e degli ideali ai quali si affida, offre una visione più oggettiva e armonica della realtà. Il progetto “Avvenire in Campus” ci appare dunque oggi una preziosa occasione di formazione per tutti i collegiali; gli incontri che vedono presenti le personalità del mondo dell’informazione e dell’attualità possono rappresentare dei momenti di crescita comunitaria che ci possono portare ad ampliare il nostro pensiero critico e a riconoscere e potenziare aspetti di noi stessi ancora sconosciuti».