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Il “Popolo”, cos'è e perché esiste

13 luglio 2021

Il “Popolo”, cos'è e perché esiste

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Per celebrare l’anno del centenario, la Facoltà di Scienze politiche e sociali ha scelto tre parole che caratterizzano la propria visione del mondo: Potere, Politiche e Popolo. A partire dall’individuazione di questi termini è stato realizzato un progetto che ha coinvolto docenti e studenti con dei Focus Group, per riflettere insieme sul loro significato e sulle declinazioni che possono assumere. I tre termini sono stati anche oggetti di altrettanti seminari che hanno visto confrontarsi vari docenti della Facoltà.


Cos'è un popolo? Quando un gruppo di persone si può definire tale? E, soprattutto, perché è così importante nei tempi che stiamo vivendo? Il primo seminario della Facoltà di Scienze politiche e sociali si è interrogato su un concetto molto complesso che da sempre anima analisi, studi e discussioni su vari fronti da quello politico, innanzitutto ma anche filosofico, giuridico, storico, sociologico e psicologico.

Nell'introdurre la discussione il preside Guido Merzoni ha posto il tema sulla crisi tra individuo e comunità di appartenenza: «La polverizzazione dei legami e l'individualismo crescente – ha spiegato - ha delle ripercussioni sui meccanismi di rappresentanza politica e quindi ha a che fare con i temi dei limiti al potere e dell'orientamento rispetto al potere come strumento per raggiungere un bene comune, collettivo. Se non c'è una coscienza politica diffusa che nasce anche da un'appartenenza forte si fa più fatica a limitare il debordare di un potere molto concentrato, penso per esempio al potere economico che negli ultimi decenni è passato dalle multinazionali a singole persone fisiche. Senza contare che questa crisi incide sulla rappresentatività e quindi sulla possibilità di incidere nei grandi processi».

A stimolare il dibattito ci ha pensato poi il professor Paolo Gomarasca che ha rilanciato il grande tema sulla questione: «La domanda non è tanto cos'è il popolo ma a quali condizioni esiste. Ammesso e non concesso che esista, cos'è che rende un popolo tale? Uno spartiacque della modernità se pensiamo che Hobbes disse “Prima che lo Stato sia costituito il Popolo non esiste” e che un termine collettivo soddisfacente non fu trovato neanche Diderot e D'Alembert...»

«L'etimologia della parola 'Popolo' – ha detto il professor Mauro Magatti raccogliendo la domanda - è quella di mettere insieme, riunire... non può esistere se non in relazione a qualche cosa che può essere uno Stato, una religione, un accadimento, qualcosa che definisce contorni, forme e senso di appartenenza. Un piccolo esempio lo abbiamo visto in occasione dei festeggiamenti per la vittoria degli Europei da parte della nostra Nazionale».

«Tuttavia – ha aggiunto Magatti - nella contemporaneità post-moderna, nella società liquida, il concetto di popolo è molto più evanescente e instabile. Variando le forme di relazione, questa unione cambia la sua struttura e in una fase come questa i fattori di riunione sono molto diversi rispetto a quelli del passato. Definirlo è un concetto molto problematico».

«Quello visto con la vittoria degli Europei non è tanto il luogo comune degli italiani che sventolano la bandiera, ha detto il professor Paolo Colombo, quanto la dimostrazione di come alcuni eventi permettano di riunirsi in “riti” collettivi che fanno sentire le persone coese. Questo suggerisce una riflessione: ovvero che popoli differenti si riconoscono in riti diversi. Per gli italiani forse sono leggeri, come la vittoria della squadra di calcio, ma chissà se lo sono davvero...così leggeri. Quel che è certo, soprattutto parlando con i più giovani, è che non sono molti: in Italia abbiamo una carenza di elementi identificativi».
 


L'improvviso riversarsi nelle piazze di tanti italiani suggerisce però una riflessione sulla differenza, sostanziale, tra un popolo e una folla: «Quest'ultima – ha precisato la professoressa Simona Beretta - è per sua natura effimera, mentre il primo è una nozione dinamica, difficile da imbalsamare perché è un processo, un fluire. Un popolo per essere definito tale ha bisogno di un'appartenenza».

«Entriamo nel mondo con un'identità oggettiva ha aggiunto - nasciamo in una Storia che ci avvolge, che definisce la nostra identità e che noi poi liberamente possiamo accettare o meno. Un concetto che definirei “guardiniano” di una polarità sempre in tensione. Non può esistere un popolo se non ci sono deglio “Io” che liberamente scelgono di aderire. E, viceversa, non possono esserci degli “Io” che aderiscono senza un “Noi” che ha trasmesso una tradizione. Questioni ineludibili, che sono concetti molto noti della tradizione sociale della Chiesa e nei contributi di Papa Francesco che nei suoi scritti, quando era cardinale di Buenos Aires, fa un'ulteriore, e molto interessante, distinzione fra “cittadini” e “popolo”».

La notte di festa per gli Europei è spunto di riflessione anche per il professor Giulio Valtolina: «Condividere un'emozione non equivale ad avere un'identità. La prima è unica mentre le seconde possono essere multiple. La definizione di popolo in un'epoca contemporanea come la nostra ha a che fare con una certa volatilità. Siamo “popolo” nella notte della vittoria, ma domani? Se dura due ore, due giorni, un mese è un insieme di identità, non un popolo. Questo esiste solo quando si sviluppa un processo di acculturazione come accaduto nella storia delle migrazioni che poi è la storia dell'umanità».

Un concetto, quello di umanità, ripreso anche dalla professoressa Claudia Mazzucato: «Un popolo è un insieme di persone che hanno dei diritti inviolabili pregiuridici, metagiuridici riconoscibili e riconosciuti che non possono non essere concessi. E tornando alla domanda iniziale: un popolo non è dunque l'insieme delle persone?».

E, sempre sull'aspetto giuridico si concentra la riflessione del professor Ennio Codini che ha posto l'accento sul tema dell'uguaglianza: «Una conquista estremamente importante: vale per tutti, non per un popolo rispetto a un altro. La legge è uguale per tutti è un concetto che vale per tutti coloro che sono soggetti alla giustizia che appartengano o meno a un popolo, quale che sia».

Ad approfondire il tema sotto il punto di vista storico ci ha pensato il professor Pietro Cafaro: «Il concetto di popolo nasce da una serie di relazioni ma, per essere definito tale, quest'ultime devono essere immerse nel tempo, all'interno di un fluire continuo che poi è la Storia. L'Italia, per esempio, è il risultato di un crogiuolo di culture, di diversi popoli che si sono susseguiti sul nostro territorio. Molte cose di cui noi siamo giustamente orgogliosi (l'arte, il cibo, la moda) sono il frutto buono di questo melting pot originario. Un percorso lungo in cui siamo immersi che, è vero, è fatto di simboli, ma che continuano a cambiare nel corso del tempo, pur rimanendo alcuni fattori costanti».

E sul tema dell'uguaglianza precisa: «Il Popolo non è fatto da uguali, ma dai più umili. Da qui il termine Popolare, appunto. E qui torna d'attualità la lezione di don Sturzo con la distinzione tra populismo e popolarismo ovvero la differenza tra una massa di persone orientabili dal volere di un capo da una parte e dall'altra tanti diversi, complementari, che liberamente rispondono a una chiamata».

Un articolo di

Luca Aprea

Luca Aprea

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