NEWS | AserIncontra

Il precariato ieri e oggi: incertezze a confronto

21 maggio 2022

Il precariato ieri e oggi: incertezze a confronto

Condividi su:

Diritti approssimativi, salari bassi e contratti a termine sono le basi di quella che può essere definita oggi società del Quinto Stato. Questi i temi centrali approfonditi da Maurizio Ferrera, professore di Scienza politica della Statale di Milano nel suo ultimo libro, “La società del Quinto Stato”, presentato il 16 maggio in occasione del consueto appuntamento del lunedì con AserIncontra. All’incontro hanno partecipato il direttore di Aseri Vittorio Emanuele Parsi, il direttore del Dipartimento di Scienze politiche Damiano Palano e Manos Matsaganis, docente in Scienza delle finanze del Politecnico di Milano.

Nei primi del Novecento, il Quarto Stato veniva descritto come classe oppressa ma allo stesso tempo autoconsapevole e compatta con un unico obiettivo comune: l’emancipazione. Operai, contadini e braccianti chiedevano che venisse loro riconosciuto un potere politico fatto di diritti e che fosse in linea con la loro rilevanza economica e sociale. Ma cos’è cambiato oggi? La classe “oppressa” è ancora presente anche se più nascosta e meno organizzata rispetto ad un secolo fa. I protagonisti del Quinto Stato sono i lavoratori sottopagati e precari, tutti coloro che hanno un lavoro instabile e quindi una realtà economica fortemente vulnerabile: «Oggi – ha spiegato Ferrera - se si è in una condizione di precarietà è importante avere accesso a delle opportunità come formazione avanzata, politiche attive, servizi di reinserimento nel mercato del lavoro. Ma nella maggior parte dei casi la disponibilità di questi servizi dipende dall’area di residenza».

«Il libro – ha aggiunto il professor Matsaganis – non parla solo di temi attuali, ma anche di temi nuovi relativi ad altre discipline. Si dà anche una grande attenzione alle disuguaglianze territoriali, un aspetto che il più delle volte viene trascurato».

Per il professor Palano «il libro affronta un tema cruciale da sempre, la questione del Quinto Stato è fondamentale perché se fino a qualche anno fa potevamo rassegnarci all’idea di una società in cui un terzo della popolazione viveva di disagio maggiore, nella società europea di oggi invece gli individui che vivono in costante precarietà sono crescenti. E l’aspetto peggiore è che a questa situazione non si riesce a dare una risposta politica e neppure una prospettiva; questa è la grande differenza rispetto alla seconda metà del Novecento».

Le società europee di oggi appaiono dunque molto diverse rispetto a quelle dei primi decenni dopo il secondo conflitto mondiale. L’autore, all’interno del suo libro si è soffermato poi sul concetto di “Grande Trasformazione 2.0” e cioè un movimento nato verso la fine degli anni Settanta strutturato su tre livelli tra loro collegati. Si parla di transizione post-industriale, ossia la trasformazione strutturale per cui il peso del settore dei servizi in termini occupazionali è diventato preponderante rispetto a quello dell’industria. Tale dinamica, quindi, ha contribuito ancor di più ad una segmentazione del mercato del lavoro.

La crescita delle disuguaglianze rappresenta poi il secondo livello per cui l’esternalizzazione di interi settori produttivi e la competizione con i lavoratori di altri paesi ha spiazzato gran parte del vecchio Quarto Stato che ha visto peggiorare progressivamente le proprie condizioni di vita. In ultimo poi vi è la rivoluzione tecnologica e digitale che ha completamente cambiato il modo di produrre, lavorare e consumare designando nuovi rischi e opportunità. L’insieme di questi processi hanno contribuito a trasformare la struttura sociale dei paesi europei che oggi si compone di cinque strati: in alto l’élite, seguita dal ceto borghese, una massa media formata da nuovi occupanti nei settori della conoscenza e dal vecchio ceto medio industriale e infine il Quinto Stato, l’universo dei precari. Cosa fare di fronte a tutto ciò? La risposta è “Investimento sociale”, una strategia fondata sull’idea che l’azione pubblica debba investire sul capitale umano delle persone rendendole così capaci e in grado di perseguire il proprio benessere nel corso della vita.

Un articolo di

Bianca Terzoni e Melissa Scotto di Mase

Scuola di giornalismo

Condividi su:

Newsletter

Scegli che cosa ti interessa
e resta aggiornato

Iscriviti