NEWS | Giornata Mondiale dei Sogni

Il sogno in letteratura

25 settembre 2024

Il sogno in letteratura

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Immagine di freepik


Il 25 settembre di ogni anno si celebra la “Giornata Mondiale dei Sogni”, una giornata speciale creata per promuovere la consapevolezza sull’importanza dei sogni e sul loro impatto positivo nelle vite di tutti gli uomini. La parola sogno richiama da sempre un mondo misterioso, in cui mente e inconscio creano liberamente immagini, emozioni e sensazioni che trasportano in un’altra dimensione, spesso sospesa tra passato e futuro. Proprio per questo l’arte, in ogni sua forma, dalla letteratura al cinema, ha rappresentato nel corso dei secoli il mondo onirico. Da sempre, infatti, il sogno ha influenzato molti scrittori e l’elemento onirico è al centro di tante opere letterarie. Un approfondimento di Silvia Cavalli, docente di Letteratura moderna e contemporanea dell’Università Cattolica, racconta il legame tra letteratura e sogno, tra realtà e inconscio, attraverso un vero e proprio viaggio onirico tra i principali scrittori e, in particolare, romanzieri del ‘900.


Sarà perché all’invenzione degli scrittori è connaturata una componente immaginativa oppure perché i libri disegnano spesso la realtà come vorremmo fosse e non com’è. Sta di fatto che a ripercorrere l’avventura dei sogni nei testi del canone occidentale ci sarebbe l’imbarazzo della scelta: dalle premonizioni che annunciano a Penelope il ritorno a casa di Ulisse, nell’Odissea, a quelle che nel poema virgiliano salvano Enea dalla distruzione di Troia e lo rassicurano nella missione di fondare una nuova patria. Per non parlare delle profezie che costellano Antico e Nuovo Testamento, dalle peripezie di Giuseppe nel libro della Genesi fino all’Apocalisse giovannea, e creano un intreccio di anticipazioni e rimandi che ha catturato nei secoli l’attenzione dei lettori. Con l’eccezione di Lucrezio, che nel De rerum natura dà un quadro per nulla rassicurante delle visioni che accompagnano il sonno, nel corso del tempo la letteratura ha fatto proprie le immagini oniriche e le ha rimodellate per offrirle al pubblico sotto altra forma: dal Roman de la rose alla Commedia dantesca, dall’Orlando furioso al teatro di Shakespeare, dalle imprese di don Chisciotte agli incubi di Mary Shelley.

Bisogna però attendere Freud e le soglie del Novecento per osservare un florilegio di sogni nelle pagine di chi, frequentata o lambita la psicanalisi, è pronto a esibirne il gioco interpretativo. In contesto italiano impossibile non nominare Svevo e La coscienza di Zeno (1923), esempio scolastico di scrittura influenzata dalle teorie freudiane, oppure il più intrigante dei suoi nipotini, Guido Morselli, che in Dissipatio H.G. (1977) ricostruisce un delirio di distruzione tanto perfetto da non permettere al lettore di capire se ciò a cui assiste è accaduto davvero nel campo della finzione o se il narratore lo sta ingannando. Le ragioni del fascino esercitato dal romanzo di Morselli possono essere ben spiegate dalla definizione «sogni della morte» trovata da Luigi Malerba. «La morte degli altri, dei parenti, degli amici, dei conoscenti», scrive Malerba in Diario di un sognatore (1981), «si accompagna al timore della solitudine. Più che i sentimenti, amore e dolore, questi sogni mettono in scena l’abbandono: se “gli altri” muoiono noi resteremo soli nel mondo». Malerba non parla di Morselli, certo, ma dei propri sogni, cerca di categorizzarli e dividerli per tematiche, pur sapendo che ogni tentativo di classificazione, nel caso di una materia tanto instabile, è pretestuoso. Il suo diario è l’esempio tipico di un Novecento che combatte con i propri fantasmi. Uomo di cinema oltre che di letteratura, Malerba intrattiene con il codice delle immagini un rapporto così stretto da riuscire a trasformare in narrazione le proprie frammentate invenzioni notturne e non sarà un caso se appartiene a un regista, Federico Fellini, Il libro dei sogni (2007) più noto, dove i disegni prendono il sopravvento sulle parole e i lettori-spettatori ritrovano le fantasie che hanno animato i suoi film.

In questi ultimi anni non stupisce allora la tentazione di costruire un falso, un quaderno apocrifo di ossessioni e incubi appartenuto al fondatore della psicanalisi: L’interpretatore dei sogni (2017) di Stefano Massini è questo, ma è anche un’indagine sul metodo cui Massini è tornato di recente per esporsi in prima persona sul palcoscenico del Piccolo e provare a sciogliere l’enigma del rapporto tra il sogno, la realtà e la sua rappresentazione. Come a dire, l’enigma del rapporto tra sogno e teatro, tra sogno e narrazione. Malerba lo aveva del resto scritto in apertura del proprio Diario: «C’è un luogo dove accadono le cose più strane, dove il tempo e lo spazio sono oggetto di una beffa continua, dove convivono il tragico, il grottesco, l’assurdo. Questo luogo è il sogno». I sogni come territorio del possibile sono dunque parenti stretti della letteratura e al pari di essa «talora non lasciano tracce sensibili e svaniscono nel nulla, in altri casi si imprimono profondamente nella memoria e ci perseguitano per giorni o anni».

Un articolo di

Silvia Cavalli

Silvia Cavalli

Docente di Letteratura moderna e contemporanea - Università Cattolica

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