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Il Sudan e la piaga del traffico di essere umani

19 maggio 2021

Il Sudan e la piaga del traffico di essere umani

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Un racconto a più voci sul traffico di esseri umani in Sudan. A proporlo il webinar “Human trafficking in Sudan” che l’11 maggio ha avuto come protagonisti Giuseppe Dentice, analista del CeSi che studia la situazione geopolitica in Corno d’Africa, Abdalla Ounour, ricercatore sudanese dell’Università di Gadarif, e Daniele Albanese, operatore di Caritas Italiana per i corridoi umanitari in Corno d’Africa e Niger.

Dopo i saluti del Direttore del Dipartimento di Storia moderna e contemporanea Pietro Cafaro, l’incontro è stato introdotto dall’intervento di Beatrice Nicolini, docente di Religioni, conflitti e schiavitù nella facoltà di Scienze politiche e sociali, sulla storia della schiavitù, in particolare nel Corno d’Africa, e sulle sue interconnessioni storiche con il continente asiatico e la Penisola Arabica. Una relazione che, attraverso il commento di mappe e il racconto storico, ha fatto comprendere come parlare della storia del Sudan, in realtà, significa parlare della storia del mondo.

Giuseppe Dentice, da parte sua, ha fatto emergere le principali problematiche che oggi si trova a vivere il Corno d’Africa: fra conflitto in Tigray e instabilità regionale, la crescita economica di alcuni stati del Corno, in realtà, è minata dalle mire espansionistiche della Penisola Arabica e di attori internazionali, come ad esempio la Cina.

Si è poi entrati nel vivo del tema con la testimonianza del ricercatore sudanese Abdalla Ounour che si è connesso da Port Sudan per raccontare le difficoltà della sua ricerca sul campo, sul tema del traffico di esseri umani all’interno e ai confini del suo Paese. Le raccomandazioni finali della ricerca in questione invitavano a riflettere sulle difficoltà di tracciare all’interno del continente africano i movimenti dei trafficanti e sottolineavano l’urgenza di portare avanti un’azione congiunta di cooperazione internazionale su diversi livelli.

Abdalla Ounour ha mostrato, inoltre, come la problematica del traffico di esseri umani, che vede il Sudan tra i paesi con il maggior numero di rifugiati e dispersi all’interno dei propri confini, sia in realtà per alcuni gruppi etnici locali, come i Rashaida, una fonte di reddito primaria e per questo risulta molto complesso riuscire a disincentivare tale pratica. Inoltre, a seguito del conflitto del Tigray nelle zone a est, negli stati di Kassala e Red Sea, il traffico è chiaramente aumentato e la pandemia Covid-19 ha reso ancora più difficile identificare le vittime.

Il ricercatore ha poi messo in luce anche le difficoltà concrete del suo lavoro quotidiano, che comporta dei rischi per la sua incolumità personale, soprattutto quando si trova a dover intervistare i trafficanti. Il suo intervento, ha suscitato molta curiosità da parte del pubblico, che ha contribuito con diverse riflessioni e domande e ha permesso di intavolare un dialogo aperto sul ruolo dei ricercatori, sulla necessità di una cooperazione anche a livello accademico e su come il traffico di esseri umani sia in realtà strettamente collegato a numerose altre dimensioni della criminalità, come lo sfruttamento minorile, la violenza sessuale, la tortura, la corruzione.

Infine, Daniele Albanese ha raccontato la sua esperienza di operatore umanitario in Niger e Corno d’Africa, evidenziando le possibili vie d’uscita per rifugiati e migranti a rischio di essere trafficati che possono nascere grazie ai corridoi umanitari. Tale sistema, infatti, incentiva la migrazione legale per alcuni piccoli gruppi di persone e si mette in dialogo con i governi e le comunità di accoglienza.

Gli spunti nati dall’incontro sono stati numerosi e può darsi che questo evento sia l’inizio di interessanti future collaborazioni.

Un articolo di

Giulia Tringali

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