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Investimenti squilibrati, gas e Amazzonia: spunti di riflessione per la COP27

04 novembre 2022

Investimenti squilibrati, gas e Amazzonia: spunti di riflessione per la COP27

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Agire prima che sia troppo tardi. I lavori della ventisettesima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP27) sono ai nastri di partenza e i leader mondiali sono chiamati a dare risposte concrete all’emergenza climatica che sta minacciando lo stile di vita dell’umanità, della fauna e dalla flora così come le conosciamo oggi. L'innalzamento del livello del mare, lo scioglimento dei ghiacciai, la siccità e gli incendi sono eventi catastrofici che si verificano con una frequenza preoccupante e colpiscono soprattutto le persone vulnerabili nei Paesi in via di sviluppo. La comunità scientifica ha da tempo dimostrato il nesso tra l’aumento della temperatura del pianeta e questi fenomeni, invitando a più riprese a rispettare l’obiettivo di limitare la crescita della temperatura media globale tra 1.5 e i 2 gradi Celsius rispetto ai livelli pre-industriali, come stabilito dagli Accordi di Parigi del 2015. Gli esperti della Strategic Alliance of Catholic Research Universities (SACRU) hanno fornito alcuni spunti di riflessione sul tema, sottolineando il ruolo attivo che le Università esercitano nella promozione di politiche sostenibili. SACRU è una rete composta da otto università cattoliche presenti su quattro continenti, coordinate dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, che cooperano assieme con l’obiettivo di promuovere un’istruzione globale per il bene comune e una eccellente ricerca interdisciplinare.

«Il cambiamento climatico, il cui principale motore è il forte aumento dei livelli di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera terrestre, minaccia la salute e il benessere di tutte le persone, è radicato nell'ingiustizia e inibisce il bene comune» spiega Philip J. Landrigan, direttore del programma Global Public Health del Boston College. Secondo Landrigan, il futuro del mondo dipende dal «successo della COP27 e dalla capacità di attuare una trasformazione sociale ed economica, ponendo fine alla dipendenza dai combustibili fossili».

Proprio sulla transizione energetica si concentra l’analisi di Roberto Zoboli, professore ordinario di politica economica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, e Simone Tagliapietra, ricercatore presso la facoltà di Scienze Politiche del medesimo Ateneo. «La politica pubblica ha scoraggiato gli investimenti nei combustibili fossili, ma non ha accelerato a sufficienza la diffusione di fonti energetiche pulite alternative o la riduzione della domanda di combustibili fossili -dichiarano Zoboli e Tagliapietra-. Ciò ha provocato un profondo squilibrio tra domanda e offerta di energia nel contesto del rimbalzo della domanda globale di energia dopo il picco della crisi Covid-19. Poi è arrivata la leva della Russia sull'energia e l'invasione dell'Ucraina». I due accademici analizzano la crisi energetica europea del 2022, propiziata dagli effetti del Covid-19 e dalla guerra in Ucraina, sottolineando come gli investimenti in tecnologie energetiche pulite siano un elemento essenziale per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione dell'UE: «Le scelte su come gestire l'approvvigionamento energetico determineranno il futuro del sistema europeo. Se gestite correttamente, una maggiore integrazione e un'accelerazione degli investimenti possono consentire all'Europa di sconfiggere la strategia di Putin, spingendo al contempo la transizione verso un'energia più pulita e accessibile».

Núria Llaverías, coordinatrice del Piano climatico dell’Universitat Ramon Llull, si sofferma sul progetto Omukisa lanciato in Uganda, che ha condotto alla progettazione di un sistema di raccolta e distribuzione dell'acqua: «Il ruolo dell'Università come attore della cooperazione per lo sviluppo sostenibile è quello di trasmettere la conoscenza. Dobbiamo fornire soluzioni sostenibili, lavorare con manodopera e risorse locali e stimolare la partecipazione dei cittadini».

Una simile considerazione è mossa da Maryon Urbina, direttore dell’unità Sostenibilità della Pontificia Universidad Católica de Chile. Alla luce del messaggio di Papa Francesco nell’Enciclica Laudato Si’, che invita a prendersi cura della casa comune, le Università, in particolare cattoliche, non devono solo generare nuove conoscenze e figure professionali ma anche «diffondere consapevolezza nella società, contribuire alle politiche pubbliche e implementare uno stile di vita sostenibile tramite il funzionamento quotidiano dei campus».

La politologa dell’Australian Catholic University Kathryn Baragwanath si focalizza sulla deforestazione dell’Amazzonia, il polmone del mondo, che ha subito un’accelerata durante la presidenza di Bolsonaro: “Il risultato delle recenti elezioni è cruciale, dato che Lula ha manifestato un forte impegno a preservare l'Amazzonia, a tutelare i diritti delle popolazioni indigene e a raggiungere l'obiettivo della deforestazione zero. È una svolta positiva, ma le sfide impegnative sono appena iniziate».

Margarida Silva, professore presso la facoltà di Biotecnologia dell’Universidade Católica Portuguesa, rivolge una critica alla poca concretezza con cui l’emergenza climatica è stata affrontata negli ultimi cinquant’anni: «Il cambiamento è scomodo e fa paura. A meno che non vediamo l'oceano bussare alla nostra porta, preferiamo rimandare alla prossima COP. Ecco quindi da cosa abbiamo davvero bisogno di essere salvati: dall'avidità, dall'egoismo e dall'indifferenza. Che ne dite di inserirli in agenda?»

Un articolo di

Matteo Caoduro

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