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La carità del “sapere necessario alla vita”

25 ottobre 2023

La carità del “sapere necessario alla vita”

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(Letture: 1Gv 4,11-16; Sl 8; Rm 8,18-27; Mt 25,31-40)

 

«Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi». Con queste parole della 1ª Lettera di Giovanni, possiamo riassumere il messaggio dell’odierna liturgia ispirata dalla figura e dall’opera del beato Carlo Gnocchi di cui facciamo memoria con tutta la chiesa milanese. Sacerdote sopravvissuto alla tragica campagna di Russia durante la seconda guerra mondiale, ha dedicato la sua vita ai mutilatini di guerra e ai disabili fondando e guidando innumerevoli opere di assistenza e di riabilitazione. La sua figura è importante e significativa anche per l’Università Cattolica del Sacro Cuore dove per due anni dal 1946 al 1948 ha svolto il compito di Assistente spirituale. Lo aveva chiamato P. Agostino Gemelli che apprezzava le sue doti di animatore spirituale e di predicatore, di cui aveva dato prova nei diversi incarichi ricoperti in ambito educativo, soprattutto presso l’Istituto Gonzaga e attraverso alcune sue pubblicazioni di taglio spirituale. Dei due anni trascorsi a servizio dell’Ateneo ci restano testimonianze che attestano la sua grande capacità di accompagnamento spirituale e la corrispondenza con P. Gemelli con cui i rapporti si incrinarono, non per il venir meno della stima reciproca, sempre sinceramente attestata e documentata nelle stesse lettere, ma per la crescente difficoltà da parte di Don Gnocchi ad assicurare una presenza costante e a tempo pieno, come richiesto da P. Gemelli (Cfr Don Carlo Gnocchi, Dio è tutto qui, Lettere di una vita, Mondadori 2005, pp. 232-244 )

Gli impegni gravosi nelle istituzioni caritative di cui era divenuto responsabile - e da cui per la verità aveva anche cercato di liberarsi -, in realtà lo assorbiranno sempre di più fino ad essere considerati da P. Gemelli inconciliabili con quanto era necessario garantire per un efficace accompagnamento spirituale degli universitari. A fronte della rinnovata disponibilità, P. Gemelli, che nella sua finezza psicologica aveva compreso come la vocazione di Don Gnocchi fosse maggiormente rivolta alle opere di carità, lo congeda spiegando qual era l’impegno richiesto ad un assistente spirituale dell’Università Cattolica, ma confermando nello stesso tempo la stima e il desiderio di avvalersi della sua collaborazione in particolari occasioni. Più che due diversi approcci educativi (Cfr. Daniele Bardelli, Don Gnocchi e Gemelli, due visioni educative, pubblicato sul numero 4/2009 della rivista Vita e Pensiero, pp.108-112), a separare queste due straordinarie personalità è stata piuttosto la chiamata a svolgere due missioni diverse, entrambe radicate nella passione per il Vangelo e nella dedizione agli altri: l’una motivata dalla formazione accurata dei giovani nella ricerca sincera della verità e l’altra orientata ad una radicale testimonianza della carità verso i più piccoli e bisognosi.

È interessante leggere le motivazioni date da Gemelli nella lettera del 24 giugno 1948 in risposta a quella del giorno precedente con cui Don Gnocchi chiedeva di poter comunque proseguire il suo servizio in Ateneo: «Le dico chiaramente il mio pensiero, perché io amo essere con il mio prossimo sincero all’estremo. Io concepisco l'assistenza ai nostri studenti come una funzione parrocchiale, la quale richiede la completa dedizione e la continua assistenza: solo in questo modo è possibile fare un lavoro fruttuoso per la formazione dei giovani; poiché, come in ogni parrocchia, vi sono gli ottimi, i mediocri e i pessimi, così è necessaria un’azione continuativa per rincorrere quelli che sfuggono, e perciò l'assistente deve stare sempre in luogo e attendere il momento buono per agire. L'azione dell'assistente non può essere sporadica. [...] Naturalmente mi varrò sempre, come ho detto nella mia lettera precedente, della di lei opera in occasione di corsi di Esercizi, di giorni di Ritiro, di giorni di Spiritualità e, se lei vuole, le posso promettere di chiamarla molto di frequente a svolgere questa attività e io spero che ella accetterà…» (AS UCSC, cart. 181, fasc. 324).

Il paragone della parrocchia che Gemelli utilizza per sottolineare la totalità dell’impegno richiesto a chi svolge il ministero di assistente pastorale in Ateneo, ci fa capire quanto fosse importante per lui la formazione integrale degli studenti e il costante accompagnamento spirituale. L’immagine utilizzata conserva una sua attualità e non deve trarre in inganno facendoci pensare che sia una pericolosa involuzione poco adatta ad un Ateneo moderno. Con le dovute distinzioni e le necessarie precisazioni, è importante cogliere il senso di un tale raffronto che ovviamente non riguarda solo gli assistenti, ma tutta la comunità: docenti, studenti e personale tecnico-amministrativo. Ricorda a tutti che, come in una comunità parrocchiale, l’Università Cattolica ha il suo centro nel mistero Eucaristico, ossia nel Sacro Cuore ispiratore e modello dell’impegno educativo, la sua forma nella comunione fraterna e nel sostegno reciproco tra tutti i suoi membri; la sua missione nella formazione e nella testimonianza della carità, intese come capacità di contribuire alla formazione personale e al bene dell’umanità.

Nonostante il breve periodo di collaborazione con l’Ateneo, la presenza del Beato Don Gnocchi all’interno della nostra realtà accademica assume un grande valore umano, culturale e spirituale. Come rilevava il Rettore Ornaghi in una conferenza in prossimità della beatificazione avvenuta il 25 ottobre 2009: «per tutti gli studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore - quelli di oggi, e quelli di domani - don Carlo è e resterà, un modello di eroismo delle virtù. Un modello da guardare ammirati e da imitare: perché è anche un po’ “nostro”, così come noi siamo un po’ “suoi”». E per ricordarci che è davvero “nostro” e che abbiamo ancora bisogno della sua saggezza spirituale e della sua passione caritativa a servizio degli altri, soprattutto i più bisognosi, accoglieremo una sua reliquia nella cripta della Cappella dell’Ateneo. Andrà ad arricchire quella schiera sempre più numerosa di testimoni di santità che costituiscono il vero basamento su cui continua ad edificarsi e a fruttificare, come miracolo vivente, l’Università Cattolica del Sacro Cuore.

In questi dieci anni in cui ho svolto il ministero di Assistente Ecclesiastico Generale ho potuto toccare con mano il fiume di santità, a volte evidente e pubblico ma il più delle volte silenzioso e carsico, che fluisce in questa comunità e ne anima dal profondo la vita accademica. Quando sono arrivato nel 2013 era stato appena proclamato beato Giuseppe Toniolo (29 aprile 2012) che dell’Ateneo è stato il grande ispiratore. La scorsa settimana abbiamo celebrato la memoria del beato Contardo Ferrini, sepolto nella cripta della Cappella del Sacro Cuore e voluto da P. Gemelli come modello di santità per i professori e gli studenti dell’Ateneo. Nel 2013 sono state riconosciute le virtù eroiche ed è stato proclamato venerabile Giuseppe Lazzati, rettore di questo Ateneo per quindici anni, dal 1968 al 1983. Venerabile è anche Ludovico Necchi, figura decisiva per la conversione di Padre Gemelli, avvenuta in questa Basilica di Sant’Ambrogio centoventi anni fa, nella Settimana Santa del 1903, come attesta una targa apposta all’ingresso della Cripta.

Ma soprattutto dobbiamo ricordare la particolare grazia che abbiamo ricevuto con la beatificazione di Armida Barelli, nel contesto del centenario dell’Ateneo. Portiamo tutti nel cuore la gioia per il rito celebrato il 30 aprile dello scorso anno nel Duomo di Milano e sentiamo vibrare ancora nel nostro animo le parole di Papa Francesco in occasione dell’udienza concessa lo scorso 22 aprile, ad un anno dalla beatificazione, che ha visto la straordinaria partecipazione di seimila membri della nostra comunità accademica assieme ad altrettanti soci dell’Azione Cattolica Italiana. In quell’occasione il Santo Padre ci ricordava come la comunità universitaria sia stata e debba continuare ad essere “generativa”: «Questa grande istituzione accademica è chiamata - ci diceva - ad avere oggi lo stesso slancio educativo e la stessa intraprendenza formativa che hanno guidato P. Agostino Gemelli e la Beata Armida Barelli» (Udienza del 22 aprile 2023). Il senso del rapporto tra realtà universitaria e santità lo spiegava già P. Gemelli nel discorso per l’inaugurazione dell’AA 1936-1937 «questa storia della santità universitaria, dimostra a tutti noi che la Chiesa considera l’Università non solo come il tempio in cui si coltiva la scienza, ma soprattutto come l’organismo che educa la gioventù e la prepara alla vita» (Storia dell’Università Cattolica…, Vol. I, p. 210).

Seguendo allora l’esempio e la testimonianza di santità di questi giganti dell’educazione possiamo alimentare e tenere sempre ben acceso quel fuoco di cui ci ha parlato Papa Francesco nel messaggio per il centenario dell’Ateneo: «Come avevano ben compreso già gli antichi: educare non è riempire dei vasi ma accendere fuochi. L’Università Cattolica custodisce questo fuoco e quindi può trasmetterlo perché l’unico modo di farlo è “per contatto”, cioè attraverso la testimonianza personale e comunitaria. Prima ancora di trasmettere quello che si sa, si accende il fuoco condividendo quello che si è. Questo contatto avviene grazie all’incontro, al fatto di mettersi a fianco uno all’altro e fare qualcosa insieme» (Messaggio per il Centenario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, 19 dicembre 2021).

Qui comprendiamo come le due strade percorse da P. Gemelli e da Don Gnocchi non siano poi così lontane avendo la comune matrice nel fuoco della carità acceso nei loro cuori e in un cammino autentico di santità. Non si possono separare carità e verità. Dobbiamo sempre ricordare che alla verità si può arrivare solo attraverso la carità come insegna San Paolo nella lettera agli Efesini: «agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo» (Ef 4, 15-16). Una comunità accademica come quella dell’Università Cattolica che indaga ogni ambito del sapere cercando la verità e il senso autentico delle cose può farlo solo coltivando nel contempo la carità fraterna. Sono lapidarie le parole di San Paolo nell’Inno alla carità: «Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla...» (1Cor 13, 1-2). Lo stesso Gemelli nel discorso per l’apertura dell’Anno Accademico 1932-1933 ringraziava per la carità ricevuta a sostegno dell’Ateneo e rivendicava per il lavoro intellettuale una speciale valenza caritativa: «La Provvidenza di Dio ha fatto intendere ai cattolici italiani che vi è una carità più pressante, più generosa, più benefica di quella del pane quotidiano; ed è questa quella del sapere necessario alla vita» (Storia dell’Università Cattolica…, Vol. I, p. 156).

È questa carità del “sapere necessario alla vita” che ispira il nostro lavoro accademico, ci fa stare dentro le pieghe della storia e ci fa sentire protagonisti di un tempo travagliato che sembra corrispondere alla descrizione ascoltata nella seconda lettura: «Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo». Davanti alla crisi climatica richiamata con vigore da Papa Francesco nella Laudate Deum e di fronte ai conflitti che rischiano di far deflagrare il pianeta, è richiesto a tutti un di più di impegno e responsabilità nello spirito del Vangelo odierno. E proprio perché è fondamentale contrassegnare con la carità ogni nostra attività mi permetto, concludendo, di parafrasare il testo del Vangelo di Matteo.

Tutte le volte che avete cercato con onestà e passione la verità senza rincorrere l’opinione dominante o il consenso della maggioranza; tutte le volte che avete posto al centro il bene degli studenti e la loro educazione in sintonia con la missione dell’Ateneo; tutte le volte che avete operato per formare personalità mature, professionisti qualificati, credenti consapevoli; tutte le volte che avete aiutato gli studenti a rispondere alla loro vocazione e ad assumere con coraggio la loro missione; tutte le volte che avete costruito relazioni fraterne e collaborazioni positive; tutte le volte che avete contribuito a promuovere il bene comune secondo la Dottrina sociale della Chiesa; tutte le volte che avete aperto nuove strade nei diversi campi del sapere per promuovere la solidarietà, la giustizia e la pace e non avete ceduto alla dittatura del relativismo e dell’individualismo… Ecco, facendo queste cose nel lavoro di ogni giorno, rendiamo presente il Signore Gesù e facciamo risplendere la verità nella carità. I nostri fondatori P. Gemelli e la beata Armida Barelli assieme al “nostro assistente” Beato Don Carlo Gnocchi, sotto lo sguardo dei nostri padri e maestri Sant’Ambrogio e Sant’Agostino, ci guidino e ci proteggano. Amen.

L'omelia di

Mons. Claudio Giuliodori

Mons. Claudio Giuliodori

Assistente ecclesiastico generale di Ateneo

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