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La “nuova Europa” del terzo decennio prende forma

17 luglio 2021

La “nuova Europa” del terzo decennio prende forma

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Pubblichiamo la prima parte dell’articolo che il professor Alberto Quadrio Curzio ha scritto per il Blog di Huffingtonpost. Secondo l’economista della Cattolica l’approvazione del Programma di ripresa e resilienza europeo nella cornice del Next Generation Eu rappresenta, per ora, una vittoria degli innovatori che si sono imposti su frugalisti e sovranisti grazie a un programma di investimenti, da qui al 2026, di quasi 1.000 miliardi di euro su sei anni finanziato con l’emissione di eurobond emessi dalla Commissione europea e garantiti dal bilancio comunitario. Ma in questa fase se l’Italia fallisse nel suo Pnrr, tutto l’impianto innovativo della “Nuova Europa“ del terzo decennio andrebbe male, perché il nostro Paese, date le dimensioni e il debito pubblico, è il nodo centrale


I ministri finanziari dei 27 Stati dell’Ue (Ecofin) hanno approvato nei giorni scorsi i Pnrr (Piani nazionali di ripresa e resilienza) di 12 Stati, tra i quali l’Italia. I motivi di soddisfazione per questa notizia sono sia europei che italiani. Vediamo il perché senza naturalmente lasciarci prendere dagli entusiasmi, perché risalire la china della crisi da pandemia con una serie di riforme radicali sia nella Ue che in Italia non sarà una passeggiata.

La “nuova Europa”: terzo decennio

È passato un anno dal luglio 2020, quando nel Consiglio europeo Angela Merkel e Ursula von der Leyen hanno fatto approvare il Programma di Ripresa e Resilienza europeo nella cornice del Next Generation Eu. A quel tempo, gli oppositori di questa radicale innovazione si potevano dividere in due categorie, fatte da una miscuglio di Stati e di forze politiche che, paradossalmente, pur essendo agli opposti, arrivavano alla stessa conclusione. Disastrosa per l’Europa. I frugalisti non volevano che risorse aggiuntive per contrastare la crisi potessero in qualche modo creare debiti della Unione europea per il timore che poi questi ricadessero anche su di loro. Al massimo avrebbero consentito prestiti limitati agli Stati in maggiori difficoltà, ma con garanzie e controlli molto stringenti. I sovranisti non volevano nulla dall’Ue perché per loro la sovranità avrebbe potuto e dovuto portare all’autarchia, magari ricreando qualche vecchia valuta con l’uscita dall’euro. Una terza categoria, quella degli euro-innovatori, non veniva presa sul serio, perché i frugalisti pensavano di picchettare il percorso dei prestiti da tanti e tali paletti da impedire un esito positivo. Lo stesso pensavano i sovranisti, perché così avrebbero potuto dare una spallata alla costruzione europea.

Per ora hanno vinto gli innovatori con un programma di investimenti da qui al 2026 di quasi 1.000 miliardi di euro su sei anni finanziato con l’emissione di eurobond emessi dalla Commissione europea e garantiti dal bilancio comunitario. La costruzione istituzionale e tecnica di tutto ciò è stata fatta con una rapidità e competenza straordinaria che dimostra il livello eccellente della cosiddetta “burocrazia di Bruxelles”. Ma anche dimostra la volontà politica della presidente della Commissione europea Von der Leyen e di vari commissari europei tra i quali spiccano il francese Thierry Breton e l’italiano Paolo Gentiloni. In definitiva i “rappresentanti” dei tre grandi Paesi della Ue.


[continua a leggere su Huffingtonpost]

Un articolo di

Alberto Quadrio Curzio

Alberto Quadrio Curzio

Professore emerito di Economia politica

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