La tragedia che ha colpito l’ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci si è verificata in uno scenario tra i più drammatici dell’Africa subsahariana troppo a lungo ignorato dall’Italia e dal mondo.
Il paese più grande dell’Africa subsahariana, pari a circa un quarto degli interi Stati Uniti d’America, con circa 100 milioni di abitanti possiede una quantità così straordinaria di risorse naturali che se la sua ricchezza fosse distribuita equamente, ogni abitante potrebbe possedere un jet privato. Si pensi solo a oro, cobalto, diamanti, rame e al coltan, minerale fondamentale per la costruzione di microchip dei computer. In realtà il 63% della popolazione vive sotto la soglia di povertà (Cia Worldfactbook, 2014).
Possedimento personale (Stato Libero del Congo) di Re Leopoldo II del Belgio (1835-1909) che sfruttò con metodi brutali, attuando un genocidio di 10 milioni di persone su una popolazione di 25 milioni, prima l’avorio e poi la coltivazione e la commercializzazione della gomma, divenne indipendente dal Belgio nel 1960 per poi inoltrarsi nel percorso delle dittature anni Ottanta di Mobuto Sese Seko (1930-1997) e della famiglia Kabila, ancora oggi molto potente nel paese.
La pervasività della violenza, la porosità dei confini politici, le problematiche relative agli sfollati (IDP’s) dai paesi contigui e soprattutto dal Rwanda, la debolezza delle leadership politiche, la presenza di oltre cento gruppi armati, l’incapacità di garantire la sicurezza sia interna sia ai confini, il lavaggio di denaro sporco, la corruzione e l’human trafficking sono alcuni dei numerosi aspetti drammatici del Paese.
Dal 1999 la missione di peacekeeping delle Nazioni Unite (MONUC) con 18.500 peacekeepers, di cui 14.000 truppe militari in uniforme, si trova nel Paese per combattere le milizie armate a nord-est, il gruppo armato del Lord’s Resistance Army che ora si rifugia nel parco nazionale del Garamba, altri gruppi che si disputano le risorse di idrocarburi lungo il fiume Semliki, e rivalità di confine sia a ovest con l’Angola, sia con l’ Uganda per l’isola di Rukwanzi nel Lago Alberto, e le rive del fiume Lunkinda con lo Zambia.
L’ex Zaire, il paese dal simbolo del leopardo, dove la violenza macabra affligge da troppo tempo la popolazione privata di ogni strumento di difesa assiste all’impunità di continui crimini, stupri e massacri, necessita di nuovi approcci, di nuove consapevolezze e di concreti provvedimenti all’insegna della conoscenza e soprattutto di nuovi sguardi non più con occhi ciechi secondo le forti parole del Premio Nobel 2018 Denis Mukwege: “The violence in the DRC, it’s enough! Enough is enough! Peace now!”.
Quale può essere il motivo dell’assalto? Sembra da un recentissimo comunicato ufficiale della RDC che i ribelli delle forze dell’Hutu Power del Rwanda, che possiedono il santuario della loro ribellione nel Nord Kivu, abbiano rapito e condotto l’ambasciatore e il carabiniere italiani e il loro autista nella foresta per ucciderli forse con lo scopo di attirare l’attenzione verso i disegni delle Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda (FDRL) per rovesciare l’attuale presidente del Rwanda: Paul Kagame.