Il 15 luglio 2024, il Ruanda ha tenuto le sue elezioni presidenziali, nelle quali il presidente in carica Paul Kagame, di 66 anni, ha ottenuto una vittoria schiacciante, confermandosi al potere per un quarto mandato consecutivo. Secondo i dati ufficiali, Kagame ha ricevuto il 99,15% dei voti, un risultato che, sebbene atteso, ha sollevato dubbi sulla trasparenza e la libertà del processo elettorale. I suoi principali avversari, Frank Habineza, di 47 anni, del Partito Verde, e altri candidati minori, hanno ottenuto percentuali irrisorie, evidenziando la mancanza di una reale competizione politica nel piccolo paese dell'Africa equatoriale.
Paul Kagame è una figura centrale nella storia contemporanea del Ruanda, avendo assunto la presidenza nel 2000 dopo aver guidato il Fronte Patriottico Ruandese (RPF) durante il genocidio del 1994. La sua leadership è stata caratterizzata da un forte controllo politico e da un’efficace strategia di sviluppo economico, ma è anche segnata da accuse di violazioni dei diritti umani e repressione dell’opposizione. Kagame ha perseguito politiche che hanno condotto a una significativa crescita economica e stabilità, ma il suo governo è criticato per la mancanza di libertà di espressione e per la persecuzione di dissidenti.
Il contesto storico del Ruanda è fondamentale per comprendere il ruolo di Kagame. Il genocidio del 1994, che ha portato alla morte di circa 800.000 persone, ha avuto un impatto duraturo sulla società ruandese. Il 6 aprile 2024 ha segnato il 30° anniversario del genocidio in Ruanda, durante il quale quasi un milione di persone, per lo più Tutsi, furono massacrate a colpi di machete in circa 100 giorni. Numerose concause hanno contribuito alla tragedia, tra cui il favoritismo dell’era coloniale verso i Tutsi, che ha suscitato l’invidia sociale e il risentimento di altri gruppi, un panorama mediatico fertile per diffondere odio e la lenta, se non assente, risposta della comunità internazionale.
Trent’anni dopo, nonostante il paese continui a ricostruirsi e a riconciliarsi anche grazie ai fondamentali tribunali del perdono (Gacaca, prato in kinyarwanda), le scoperte sporadiche di fosse comuni di vittime del genocidio servono da durevoli promemoria degli orrori che si sono verificati nel 1994. Solo pochi giorni prima del 30° anniversario, funzionari ruandesi hanno annunciato il ritrovamento dei resti di 119 persone ritenute vittime del genocidio. Recentemente, nel 2020, è stata scoperta una delle più grandi fosse comuni, contenente 30.000 corpi.
A questo riguardo, l’analista Gatete Nyringabo Ruhumuliza, intervistato da Al Jazeera International, ha discusso il caso di Paul Rusesabagina, direttore del famoso albergo ‘Le Mille Colline’ che nel 1994 nascose e salvò la vita di 1.268 persone. Ruhumuliza ha affrontato l’attuale contesto politico del Ruanda, evidenziando le dinamiche attuali e le implicazioni del processo a Rusesabagina, noto per il suo ruolo durante il genocidio del 1994 e per le sue critiche al governo di Kagame, che nel 2021 hanno condotto a una condanna a 25 anni per terrorismo, risoltasi nel 2023 in un accordo per la sua liberazione. Ruhumuliza ha condiviso le sue opinioni su come il caso di Rusesabagina si inserisca nel più ampio panorama politico-istituzionale del Ruanda, sottolineando le sfide affrontate dall’opposizione e le preoccupazioni relative ai diritti umani nel paese.
Sul piano regionale, le relazioni del Ruanda con la Repubblica Democratica del Congo (RDC) sono complesse e storicamente tese. Kagame ha spesso giustificato le sue azioni militari nella RDC come necessarie per combattere i gruppi armati che minacciano la sicurezza del Ruanda. Tuttavia, queste operazioni hanno portato ad accuse di ingerenza e violazioni della sovranità congolese. La RDC ha accusato il Ruanda di sostenere gruppi ribelli, contribuendo a un ciclo di conflitti che hanno devastato la regione dei Grandi Laghi.
Negli ultimi anni, vi sono stati tentativi di normalizzare le relazioni tra i due paesi, ma le tensioni rimangono elevate, specialmente in seguito a incidenti di violenza al confine e accuse reciproche di sostegno a milizie. La situazione è ulteriormente complicata dalla presenza di rifugiati e dalla questione delle risorse naturali - soprattutto rame e cobalto provenienti dalla vicina RDC -, che sono spesso al centro dei conflitti regionali. Ciononostante, “È a un albero di mango maturi che la gente lancia pietre”, recita un proverbio africano.
Il Ruanda è una delle storie di successo più impressionanti dell’Africa, ora una realtà politica sicura e dinamica, che guarda al futuro con speranza. Si vanta di essere uno dei paesi più stabili del continente. Ogni anno viene visitato da migliaia di turisti, imprenditori, politici e leader mondiali. Ha ospitato competizioni sportive di rilievo, conferenze tecnologiche e di investimento, tra innumerevoli altre riunioni regionali e globali. È sede di diverse prestigiose istituzioni universitarie internazionali, come l’Università Carnegie Mellon - Africa e l’Università della Salute Globale, affiliata alla Harvard Medical School.
Sotto la leadership di Paul Kagame, in 30 anni, il Ruanda si è ricostruito e si è trasformato in un paese di affari, investimenti e opportunità. È ora uno stato sociale ben funzionante con assistenza sanitaria universale, educazione e alloggi fortemente sussidiati dallo stato. Si è guadagnato la reputazione di aver ridotto le disuguaglianze di genere (61,2% di presenze femminili in parlamento in Ruanda contro il 35,7% in Italia), e allo stesso tempo di attrarre talenti internazionali. Il Forum Economico Mondiale l’ha inoltre classificato primo nella sua lista dei paesi africani capaci di trattenere i propri talenti migliori. Oggi ci sono più di 1.000 milionari in dollari nel Ruanda, che conta una popolazione di quasi 14 milioni di abitanti. Secondo il rapporto Africa Wealth 2024 della società di consulenza britannica Henley and Partners, si prevede che questo numero di facoltosi ruandesi aumenti di un impressionante 80% nei prossimi dieci anni.
Con la recente rielezione di Kagame, il Ruanda sembra destinato a continuare sulla strada della stabilità economica, ma a costo di una crescente repressione politica. Le preoccupazioni per i diritti umani e la libertà di espressione potrebbero intensificarsi, soprattutto in un contesto di crescente insoddisfazione tra la popolazione, in particolare tra i giovani che desiderano un maggiore coinvolgimento politico. Inoltre, le relazioni con la RDC potrebbero rimanere tese, con il rischio di nuovi conflitti di frontiera se non verranno affrontate le cause profonde delle tensioni. La comunità internazionale, compresi i paesi africani vicini, dovrà monitorare attentamente la situazione, poiché la stabilità del Ruanda è cruciale per la sicurezza regionale.