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Luci e ombre del Bonus Psicologo

18 luglio 2022

Luci e ombre del Bonus Psicologo

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Il cosiddetto “bonus psicologo” sta diventando operativo. Grazie a questo provvedimento del Governo un sostegno finanziario è messo a disposizione di chi intende fruire di una prestazione di psicoterapia per problemi di salute mentale legati al periodo pandemico. Che dire al riguardo? Da un lato ci si può ritenere soddisfatti per il riconoscimento di una serie di problematiche di natura psicologica che, come attestano ormai numerosi studi, hanno colpito la popolazione, in Italia come in tanti altri Paesi, durante questi anni di diffusione del Covid e di relative restrizioni. Ci si può ritenere soddisfatti anche per il riconoscimento del ruolo che gli psicologi possono ricoprire per aiutare le persone in questo frangente. E poi, ovviamente, “a caval donato non si guarda in bocca”. Però… Però qualche domanda questo provvedimento la sollecita.

Per esempio, ci si può chiedere perché, almeno in questo periodo e per le finalità legate ai disagi e alle sofferenze dipendenti da Covid, gli interventi psicologici necessitino di supporti esterni “extra” per affermarsi e diffondersi. Così è stato per la possibilità di fruire di psicologi nelle scuole (possibilità peraltro sfruttata non completamente dagli istituti scolastici, e anche questo dovrebbe indurre a una riflessione) e ora è per l’accesso ai trattamenti psicoterapeutici. Tra l’altro, proprio per la psicoterapia, almeno secondo alcuni orientamenti teorici, una ferma motivazione interna a seguire il percorso di cura, che porti l’individuo ad anteporlo ad altre esigenze (anche con un sacrificio economico personale), è indispensabile per il successo di quest’ultimo. Ci si può chiedere se non vi saranno allora accessi a questa opportunità non dettati da una forte convinzione circa la sua necessità ed efficacia, cosa che produrrebbe un inutile dispendio di risorse.

In secondo luogo, questo provvedimento contribuisce a rimarcare un’idea diffusa, ossia che allo psicologo si ricorre per “metterci una pezza”, ossia quando c’è qualcosa da riparare, sanare, raddrizzare. Ciò che invece la psicologia può fare per prevenire i problemi e per promuovere le risorse di individui e comunità raramente cade sotto i riflettori dell’opinione pubblica e così si produce un’immagina parziale e distorta della disciplina e dei potenziali benefici che può arrecare alla collettività.

 

È anche interessante rilevare come sotto l’etichetta “bonus psicologo” di fatto il provvedimento in questione includa solo uno dei tanti tipi di interventi che la psicologia può mettere a disposizione, la psicoterapia appunto. Questo dice come nel pensiero comune la psicologia tenda a identificarsi con la psicoterapia, e quindi risulta ancora rimarcato il carattere “rimediale” della psicologia, che è chiamata in causa solo per curare. Più correttamente il provvedimento dovrebbe essere chiamato “bonus psicoterapia”. E comunque resta ignorato un complesso di strumenti, procedure e modalità di azione dello psicologo, alternative alla psicoterapia, che potrebbe essere messo in campo per fronteggiare il malessere (o il suo aggravarsi o estendersi) della popolazione a seguito del Covid.

La psicoterapia è una forma di intervento che ha un rapporto costi-benefici molto elevato e che non è proponibile a tutte le tipologie di utenti e in tutte le circostanze. Per esempio, vi sono aree geografiche in cui è difficile trovare psicoterapeuti (competenti); non tutti i cittadini sono in grado di seguire un percorso che prevede una (relativamente) lunga serie di incontri; non tutti riescono a stare in una situazione di rapporto duale basata (prevalentemente, se non esclusivamente) sullo scambio verbale; non tutti riescono ad accettare lo stigma che si accompagna all’essere dei “pazienti” (se “terapia” è il nome del trattamento che si segue). Per questo forse sarebbe stato meglio investire su altre modalità per alleviare le sofferenze mentali associate al Covid, modalità che siano oggi maggiormente “sostenibili”, economicamente e culturalmente. Purtroppo anche gli enti professionali nel periodo pandemico hanno rinforzato forme tradizionali di lavoro per fronteggiare il disagio psichico anziché incentivare la conoscenza e acquisizione da parte degli psicologi di nuove strade. Il futuro della psicologia non può certo fare affidamento solo su interventi ope legis.

Un articolo di

Alessandro Antonietti

Alessandro Antonietti

Preside - Facoltà di Psicologia

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