NEWS | Dibattiti

“Mangiare Dio”, storia dell’eucaristia tra riti e sentire sociale

25 marzo 2022

“Mangiare Dio”, storia dell’eucaristia tra riti e sentire sociale

Condividi su:

Una prassi diventata quasi una routine ma che paradossalmente, con il lockdown, ha riacquistato una nuova vitalità. L’assenza della celebrazione eucaristica in presenza, infatti, ha fatto riscoprire il valore e la bellezza del “mangiare Dio” come pure l’importanza liturgica, sacramentale, fraterna dello “spezzare il pane” con i fratelli. A testimoniarlo il dibattito che, promosso dal Dipartimento di Scienze religiose dell’Università Cattolica, si è sviluppato mercoledì 23 marzo a partire dalla presentazione del volume di Matteo Al Kalak “Mangiare Dio. Una storia dell’eucaristia” (Einaudi, 2021).

A illustrare i capitoli fondamentali del libro è stata Raffaella Perin, docente di Storia della liturgia, che ha fatto riferimento al fatto che «oggetto di indagine del volume è il sacramento della eucaristia non dal punto di vista dottrinale e liturgico ma culturale a partire dalla percezione dei fedeli attorno alla devozione eucaristica tra piano materiale e spirituale dai tempi apostolici e medievali fino all’età contemporanea».

Nei primi secoli del cristianesimo tutti i fedeli bevevano dallo stesso calice ed era praticato il “fermentum”, per cui un pezzo di pane consacrato veniva inviato dal papa ai vescovi e le chiese affermavano la comunione tra loro. Poi nel XII secolo fu operato un distanziamento tra il pane eucaristico e i laici, a motivo di un loro presunto senso di inadeguatezza per cui il clero ritenne che non fossero abbastanza puri per accostarsi al sacramento. I fedeli, quindi, trovarono un nuovo modo per adorare Cristo e riempirono il vuoto che si era creato rinnovando le devozioni popolari verso i Santi e la Madonna. Così tra il XII e XIII secolo acquistò particolare solennità anche la festa del Corpus Domini che guadagnò un posto speciale nelle feste liturgiche per il maggiore ruolo che dava ai laici, con riguardo all’adorazione eucaristica da parte dei componenti delle confraternite.

Inoltre, al fine di consentire una maggiore conoscenza del sacro, aumentò la tradizione omiletica e si diffusero testi come vademecum per i predicatori ma che risultavano utili anche ai fedeli desiderosi di approfondire la predicazione. Nel volume di Al Kalak sono presenti anche aspetti di attualità, basti pensare all’immagine di papa Francesco, solo davanti al Santissimo, il 27 marzo 2020, al diffondersi della pandemia da Coronavirus. E proprio durante la pandemia è cambiato il rapporto tra credente e sacramento, in base alle risposte date dall’autorità ecclesiastica.

Marco Rizzi, direttore del Dipartimento di Scienze religiose, relativamente alla percezione dell’eucaristia da un punto di vista televisivo, ha rilevato come «prima del Concilio Vaticano II la costruzione registica era sul sacerdote, e seguiva il suo movimento con l’eucaristia sollevata. Dopo il Concilio si è recuperata la dimensione comunitaria, la dimensione manducatoria del pasto rispetto all’elemento visivo, inquadrando anche il celebrante e la comunità».

Lo stesso autore Matteo Al Kalak, docente di Storia del cristianesimo all’Università di Modena e di Reggio Emilia, ha precisato che per quanto la chiesa si sia adeguata nel contatto di varia natura con i fedeli durante la pandemia, non c’è mai stata neppure velatamente la possibilità che quello che si stava approntando in via emergenziale potesse essere sostitutivo del rito nella sua funzione diretta, in presenza, da parte dei fedeli, pur tenendo conto dell’emergenza e della stagione inedita vissuta. Vale a dire che dopo il lockdown la percezione della dimensione fisica del sacramento non si è spenta ma si è acutizzata. E ha ribadito che la pandemia ha cambiato, destrutturato e scosso una pratica che si era in qualche modo incancrenita, standardizzata circa la fruizione del sacramento in presenza. «Il lockdown ha rotto una routine e ha ribilanciato due componenti che nella prassi si erano sfilacciate, in seguito ai cambiamenti avvenuti nella società: la fruizione fisica non è sufficiente e va preparata con una adeguata preparazione spirituale».

 

Un articolo di

Agostino Picicco

Condividi su:

Newsletter

Scegli che cosa ti interessa
e resta aggiornato

Iscriviti