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Media e pandemia, tra Fake News e propaganda

22 aprile 2021

Media e pandemia, tra Fake News e propaganda

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«Durante la pandemia sia i media tradizionali come la TV sia i media digitali hanno giocato un ruolo fondamentale. La tv generalista, in particolare, ha mostrato ancora tutta la sua centralità». Lo ha ricordato Massimo Scaglioni, docente di Storia dei media e direttore del Ce.R.T.A., introducendo il webinar “Un anno dopo. La pandemia nei media, il virus della comunicazione”, terzo appuntamento del ciclo delle Open Lectures promosse dal Master Fare TV. Gestione, sviluppo, comunicazione in collaborazione con il Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi (Ce.R.T.A.).

L’incontro online di giovedì 15 aprile è stato organizzato in occasione della pubblicazione aggiornata del volume a cura di Marianna Sala, Presidente del Corecom Lombardia, e di Massimo Scaglioni dal titolo “L’altro Virus. Comunicazione e disinformazione al tempo del Covid-19” (Vita e Pensiero), con un’appendice che si focalizza sullo scenario mediale e l’evoluzione dei consumi di televisione e streaming, il ruolo dei social media e il fenomeno delle fake news e dell’infodemia, a distanza di un anno dallo scoppio della pandemia.

Oltre agli autori del libro, Marianna Sala e Massimo Scaglioni, sono intervenuti i docenti dell’Università Cattolica Paolo Carelli e Anna Sfardini, Giovanni Boccia Artieri, direttore del Dipartimento di Scienze della Comunicazione, Studi Umanistici e Internazionali dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo e curatore con Emanuele Farci del volume “Shockdown. Media, cultura, comunicazione e ricerca nella pandemia", il massmediologo Carlo Freccero e Sebastiano Lombardi, direttore di Rete 4.

Ha dato inizio al dibattito Marianna Sala sollecitando gli ospiti sul tema social network e disinformazione. «Le fake news che circolavano soprattutto all’inizio della pandemia - ha osservato - hanno disorientato i cittadini, costringendo le piattaforme social a intervenire nella loro modalità di gestione, nella rimozione di alcuni contenuti, introducendo alert, banner e indirizzando gli utenti verso i siti istituzionali per evitare il proliferare di notizie false».

«Sotto la spinta sociale e politica della pandemia – ha confermato Giovanni Boccia Artieri – per la prima volta le piattaforme social, pur senza considerarsi pienamente responsabili dei contenuti editoriali, hanno tuttavia cercato di responsabilizzare le comunità che li fruiscono».

«Nel mondo della comunicazione, travolto anch’esso dalla pandemia, la televisione – ha osservato Anna Sfardini - si è riscoperta come uno strumento potentissimo, ancora capace di rappresentare il mezzo fiduciario degli italiani».

«All’inizio la moltiplicazione di voci molto contrastanti, ci ha spinto a fare degli errori nella scelta degli esperti cui dare la parola”, ha raccontato Lombardi. «Nella normalizzazione dell’emergenza - ha aggiunto - stiamo cercando di stabilire dei punti fermi: fare affidamento solo su ciò che è difendibile e consegnare solo agli interlocutori più onesti, quindi più capaci di rappresentare il dubbio scientifico, la responsabilità di comunicare sulla pandemia».

Quali sono le narrazioni che hanno popolato il paesaggio dei media in questi dodici mesi? Il panorama è molteplice. «Siamo passati da narrazioni belliche o securitarie a quelle di tipo emotivo, fino a un tipo di narrazione legata alle ripartenze», ha evidenziato Paolo Carelli.

Secondo Carlo Freccero si è imposta una narrazione di propaganda: «La TV generalista ha riconquistato una funzione sociale di informazione sanitaria capillare diffusa su dati sostenuti dal governo. In breve tempo quanto trasmesso dalla TV diventa un Ipxe Dixit, non discutibile e negoziabile». Azzarda un pronostico sul futuro. «Se la prima comunicazione politica di Conte si lega al momento più alto dell’apparizione mostruosa della pandemia, quella di Draghi sarà ricondotta al grande reset, in cui la rinascita passa attraverso il piano economico». La rete per Freccero non è soltanto fake news, ma rappresenta anche un’alternativa alla comunicazione politica ufficiale veicolata dalla TV generalista.

D’accordo con Freccero è Giovanni Boccia Artieri: «Credo che la rete sia un luogo di rappresentazione di diversità che vogliono affermare qualcosa di più profondo –  ha spiegato – Mi domando se le fake news, al di là della veridicità o meno delle informazioni, non assolvano una funzione identitaria per esprimere modi di essere».

Secondo Lombardi le bufale «creano una dialettica e costringono la verità a qualificarsi. Sarebbe troppo facile imporre un discorso non argomentato senza contestazioni, anche se di pura opinione o addirittura strumentali».

Lombardi ha poi osservato che la pandemia «ha premiato in modo particolare Tg1 e Tg5 con un incremento di audience impressionante. Il motivo? In televisione la distribuzione degli ascolti corrisponde al valore percepito di istituzionalità della fonte. L’autoritas dell’emittente - ha concluso -  conta più della verità stessa del messaggio, raddoppiando l’effetto propaganda»

Un articolo di

Valentina Stefani

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