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Milan Kundera, una vita contro tutti i totalitarismi

14 luglio 2023

Milan Kundera, una vita contro tutti i totalitarismi

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La vastissima fama di Milan Kundera (Brno 1929 - Parigi 2023) è legata a L’insostenibile leggerezza dell’essere, il romanzo che, negli anni ’80 del secolo scorso, lo rese universalmente celebre, quanto un decennio prima lo era stato un altro grande autore che veniva dall’esperienza dello stalinismo, Aleksandr Solženicyn. 

Il paese totalitario che Kundera raffigurava sin dagli esordi nei suoi romanzi senza mai chiamarlo Cecoslovacchia - la denominazione, spiegava, “è troppo giovane, non ha radici nel tempo, non ha bellezza” - faceva parte del blocco sovietico dell’Europa Centrale, un’inclusione forzata che, per Kundera, aveva determinato non solo un tragico cambiamento politico, ma un vero scontro di civiltà: “Solženicyn, nel denunciare l’oppressione comunista, non fa certo appello all’Europa come a un valore fondamentale per il quale valga la pena morire”. Nelle sue pagine non troviamo neppure l’aggettivo “sovietico”, che agli occhi dello scrittore moravo risultava conveniente “non solo al nazionalismo aggressivo della Grande Russia comunista, ma anche alla nostalgia nazionale dei dissidenti”, perché permetteva loro di non fare i conti con la propria storia. 

Kundera fu accolto con grandissimo favore anche in Italia, ma non immediatamente, nonostante il primo romanzo, Lo scherzo (1967), fosse apparso presso Mondadori già nel 1969, e nonostante i tentativi compiuti da Serena Vitale (a lungo docente di Letteratura russa presso l’Università Cattolica) per promuoverne la fortuna editoriale traducendo Amori ridicoli (1973), La vita è altrove (1976), Il valzer degli addii (1977), Il libro del riso e dell'oblio (1980). Per Kundera - che riteneva consolatorio il tragico, e più crudele il comico - la notorietà giunse in Italia attraverso il comico. 

Nel 1985 L’insostenibile leggerezza dell’essere (tradotto da Giuseppe Dierna con lo pseudonimo di Antonio Barbato - non gli avrebbero permesso di tornare in Cecoslovacchia se avesse firmato col suo vero nome; avrebbe quindi ritradotto, sempre per Adelphi, Lo scherzo e Amori ridicoli) conquistò il grande pubblico grazie al programma cult “Quelli della notte”. Un po’ come sarebbe accaduto, un quarto di secolo più tardi, a Varlam Šalamov grazie a Roberto Saviano e a “Che tempo che fa”, con la differenza che Saviano parlava con convinto impegno dei Racconti di Kolyma, mentre Roberto D’Agostino (come ha lui stesso ricordato) non aveva letto il romanzo di cui usava il titolo nella sua irresistibile parodia dell’intellettuale italiano. 

Riflettendo sulla portata “profetica” dei romanzi dell’amatissimo Kafka, Kundera la spiegava paradossalmente col loro non essere impegnati, e con la scoperta del “totalitarismo” nella vita intima, familiare. Anche lo schivo scrittore moravo ha in una certa misura prefigurato, prima dell’invenzione dei social, il secolo a venire: “Viviamo in un’epoca in cui la vita privata è stata distrutta. La polizia l’ha distrutta nei Paesi comunisti, i giornalisti la minacciano nei Paesi democratici, e poco per volta la gente perde l’idea stessa che la vita privata sia importante. Vivere senza potersi nascondere dallo sguardo altrui è l’inferno”.
 

 


Photo by Elisa Cabot - (CC BY-SA 2.0)

Un articolo di

Maurizia Calusio

Maurizia Calusio

Docente di Letteratura russa - Facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere, Università Cattolica

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