Ma perché c’è questa stretta correlazione tra cambiamento tecnologico e disuguaglianza economica? Per Kurz non si tratta di mettere in discussione la tecnologia, che è necessaria perché «incrementa la produttività, determina la crescita dell’economia di un Paese, raggiunge produzioni di scala, abbassa i costi marginali, guadagna reputazione sul mercato, conquista nuovi consumatori». Nello stesso tempo, però, introduce anche un «monopolio della conoscenza», protetto dalla legge in quanto l’innovazione tecnologica crea nel mercato un bene privato (ossia un brevetto), e considerato «legale» nel momento in cui le aziende innovatrici fanno accordi di cooperazione per raggiungere il potere di mercato e per fissare i prezzi.
Così Kurz, dati alla mano, ha mostrato come queste pratiche monopolistiche rappresentino una costante del processo economico, sin da quando le prime grandi innovazioni tecnologiche hanno fatto la loro comparsa. Un meccanismo che si è evoluto nel tempo, consolidandosi fino ad arrivare ai giorni nostri e agli enormi profitti monopolistici realizzati dalle Big Tech: Microsoft, Google, Meta, Amazon. L’esempio più calzante di questo monopolio basato sull’innovazione tecnologica, secondo Kurz, sono gli introiti di Apple legati agli smartphone: nel 2021 il tasso di vendite di cellulari a livello mondiale del colosso informatico è stato pari al 16%; i ricavi registrati sono stati pari al 44%. Tale comportamento si riscontra anche nelle imprese innovatrici più giovani che puntano esclusivamente a essere monopoliste. In altre parole, il cambiamento tecnologico una volta introdotto fa ripartire l’intero processo.
Come uscire, allora, da questo circolo vizioso del «techno-winner-takes-it-all capitalism»? A detta del professore di Stanford l’unico strumento in grado di abbattere i profitti monopolistici è la politica economica. Infatti, ha osservato, «quando non ci sono adeguate policy vince il libero mercato e i profitti delle imprese salgono al 24%; viceversa se si interviene con adeguate decisioni di politica economica essi scendono al 6%». In sostanza, le innovazioni vanno promosse ma, nel contempo, sono necessarie azioni per contenerne gli effetti, che, se non controllati, possono mettere a rischio la democrazia. Tra le cose da fare suggerite da Kurz c’è, per esempio, «prevenire le acquisizioni tecnologiche che possono creare un impero, riformare l’anti-trust, modificare la legislazione sul lavoro, promuovere la sindacalizzazione e migliorare l’equilibrio di potere nel mercato». In questo modo si può evitare che il costo più alto dell’innovazione sia pagato dai lavoratori. Un punto fondamentale per Kurz, che attribuisce il successo del trumpismo proprio al malcontento dei milioni di americani che hanno perso il lavoro a causa dei cambiamenti tecnologici. Ecco perché è necessario «ripristinare una distribuzione egualitaria del reddito per limitare il potere di mercato». Altrimenti la democrazia è sotto minaccia. Un tema che Kurz approfondisce in un nuovo libro, che dovrebbe uscire nel prossimo anno nelle librerie americane.