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Morelli e la sostenibilità: «Essere ecologisti? Un raffinato atto di egoismo»

08 febbraio 2021

Morelli e la sostenibilità: «Essere ecologisti? Un raffinato atto di egoismo»

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«Essere ecologisti è un raffinato atto di egoismo. D’altronde salvare l’ambiente significa salvare il genere umano, non la vita sulla terra. Quella continuerebbe comunque».

Lorenzo Morelli, microbiologo, docente dell’Università Cattolica, chiude con queste parole il primo incontro dei  “Venerdì della sostenibilità”, organizzati dal campus di Cremona dell’Università Cattolica, all’interno delle attività di Ircaf, Centro di riferimento Agro-Alimentare Romeo ed Enrica Invernizzi, del CRaft (CRemona Agri-Food Technologies, promosso da Università Cattolica con il finanziamento di Fondazione Cariplo e Regione Lombardia) e in collaborazione con Assolatte, Associazione Italiana Lattiero Casearia.

Il primo appuntamento, moderato dal giornalista Federico Mereta, attraverso le sfaccettature ambientali, economiche e sociali del concetto di sostenibilità ha acceso alcune riflessioni e sfatato qualche luogo comune.

Roberto Zoboli, Delegato del Rettore per il coordinamento e la promozione della ricerca scientifica e della sostenibilità e direttore di ASA, è entrato subito in argomento sottolineando il disorientamento di tanti davanti al termine “sostenibilità”. «Come accade per la moneta - dice - che quando ce n’è troppa in circolazione vale poco, sembra che il concetto di sostenibilità abbia perso il suo rigore». Per riafferrarlo Zoboli si è soffermato su quattro chiavi di lettura: la continuità patrimoniale, i limiti, l’integrazione dei valori, i dilemmi che scaturiscono trattando di sostenibilità.

Quello che emerge dal suo intervento, ma che è presente anche nelle parole di chi seguirà, è che «quando muoviamo nella direzione di un’economia verde operiamo delle selezioni per le quali qualcuno nella società può perdere qualcosa a vantaggio di altri». È la conseguenza di un concetto che collega più saperi: la sostenibilità, così come promossa dagli obiettivi a cui tende l’European Green Deal e l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, è perseguibile mettendo in connessione ed equilibrando valori diversi. È evidente nell’esempio portato da Massimo Iannetta, ricercatore dell’Enea, parlando di innovazione sostenibile nella filiera agroalimentare. «Nel 1950 - dice - il suolo agrario disponibile pro capite a livello globale era di 6mila metri quadrati cadauno, nel 2000 è sceso a 2mila metri quadrati, nel 2050 si presume sarà di mille cadauno. Ci sarà una crescita della domanda di mais, soia, grano e riso che supererà l’offerta, con conseguenze sui prezzi. Questo per dire che l’obiettivo sarà riuscire a tenere in equilibrio l’aspetto ambientale con quello economico e sociale».

Laura Rossi, nutrizionista e ricercatrice del Crea Nut, invita allora a un approccio globale. Calzante il suo intervento quando mostra una ricerca scientifica che promuove la dieta vegana per ridurre l’impatto ambientale. «È come se volessi osservare il panorama di Roma attraverso la serratura, perdendo la globalità delle cose - afferma - se spingessimo verso un modello di dieta vegano, da nutrizionista dovrei poi dare alle persone integratori di vitamina B12». «Per diminuire del 50% i gas serra - dice - non è necessario cancellare la carne rossa, è sufficiente ridurla, avere una dieta varia e aumentare, quello sì, il consumo di legumi».

Il prossimo appuntamento con i venerdì della sostenibilità è fissato per il 12 febbraio alle 14: il focus sarà sul latte, tra valore nutrizionale e impatto ambientale.

Un articolo di

Sabrina Cliti

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