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Open adoption, quali sfide

29 gennaio 2024

Open adoption, quali sfide

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La nuova frontiera dell’adozione prevede la possibilità che il minore adottato entri ufficialmente a far parte di una nuova famiglia acquisendone il cognome, pur mantenendo i contatti con uno o più membri della famiglia d’origine, espressamente indicati dal giudice. Si chiama Open Adoption ed è stata introdotta da una sentenza della Corte costituzionale lo scorso luglio 2023.
 
Questa innovazione rappresenta «uno strumento in più nella “cassetta degli attrezzi” di cui il giudice dispone - come ha sottolineato la psicologa dell’adozione dell’Università Cattolica Rosa Rosnati -, per poter scegliere quello che meglio si adatta a rispondere a bisogni specifici del singolo minore con la sua storia e le sue peculiarità». 
 


Il tema è stato oggetto del convegno “Quali aperture per l’adozione nazionale?venerdì 2 febbraio in Università Cattolica (Cripta dell’Aula Magna in largo Gemelli 1 a Milano dalle ore 9 alle 13), promosso dal master “Affido, adozione e nuove sfide dell’accoglienza familiare: aspetti clinici, sociali e giuridici” in occasione della settima edizione in partenza a marzo 2024. 

Al seminario, dopo i saluti del direttore del Centro di Ateneo Studi e ricerche sulla famiglia Camillo Regalia, sono intervenuti Carlo Rusconi, ricercatore in Diritto privato in Università Cattolica sul tema “L’adozione aperta negli ordinamenti europei: modelli e problemi; Elisabetta Lamarque, docente di Diritto costituzionale all’Università degli Studi Milano Bicocca a proposito di “Adozione aperta davanti alla Corte costituzionale. Il principio personalista in azione”; Antonella Brambilla, già magistrato presso il Tribunale per i minorenni di Milano sul tema “L’esperienza del giudice nella valutazione del “best interest” in tema di adozione nazionale”. Discussant è stata Eugenia Scabini, emerita di Psicologia sociale dell’Ateneo.

A fronte della legislazione precedente che prevedeva automaticamente un’interruzione definitiva con la famiglia d’origine, negli ultimi anni la cosiddetta adozione mite e la legge sulla continuità degli affetti hanno introdotto alcune deroghe che permettono al Tribunale per i minorenni di decidere come corrispondere al meglio al best interest del bambino. 

 

In questo senso l’Open adoption può rappresentare in alcuni casi una buona soluzione per garantire la stabilità emotiva del bambino in modo che al tempo stesso senta l’appartenenza alla famiglia adottiva e possa mantenere una continuità nei legami con la famiglia d’origine, ad esempio uno dei nonni o degli zii, persone che si sono rivelate affidabili e benefiche anche se non in grado di assumersi la responsabilità genitoriale. 

Per quanto questa opportunità possa rivelarsi proficua nel tempo per accompagnare una crescita equilibrata del bambino, l’Open adoption presenta dei rischi, come ha evidenziato Rosa Rosnati: «Questa forma di adozione non può certo diventare il paradigma dominante di adozione.  Infatti, il contatto con un membro della famiglia di origine non può essere ritenuto per sua natura positivo e non corrisponde in modo automatico al miglior interesse del minore, ma dovrà essere attentamente valutato. Inoltre, teniamo presente che i contatti oggi possono essere positivi, ma domani potrebbero cambiare». Si apre così la questione della mediazione e del monitoraggio. Posto che i genitori adottivi non possono essere caricati anche di questo compito, chi seguirà l’andamento del rapporto nel tempo? Dovrebbero essere i servizi sociali, «ma questi saranno pronti e disponibili ad assumersi questa ulteriore responsabilità? Nel caso saranno necessarie una formazione specifica e apposite risorse».

 

Per parte sua, l’Università Cattolica, in quanto luogo preposto alla formazione e depositario di una lunga tradizione di studio delle relazioni familiari dagli anni Ottanta, propone diversi percorsi fruibili da operatori del settore, psicologi, assistenti sociali, giuristi, genitori. A cominciare da un corso di Psicologia dell’adozione nell’ambito della laurea magistrale in "Psicologica clinica e della salute: persona, relazioni familiari e di comunità” e uno in quella di "Lavoro sociale e servizi per le famiglie, i minori e le comunità”, volti a preparare i futuri psicologi e i futuri assistenti sociali. 

Inoltre, dagli anni Ottanta, il Centro di Ateneo Studi e ricerche sulla famiglia ha realizzato diverse ricerche anche di respiro internazionale, promosso seminari, convegni, oltre al master di secondo livello “Affido, adozione e nuove sfide dell’accoglienza familiare: aspetti clinici, sociali e giuridici” con termine delle iscrizioni il 22 febbraio. 

Durante le lezioni tutte le tematiche saranno affrontate secondo una prospettiva centrata sulla famiglia, con particolare riguardo alla genitorialità sociale. Il contatto con le più innovative esperienze e la conoscenza dei più recenti contributi di ricerca e strumenti per l’intervento in ambito nazionale ed internazionale favoriranno lo sviluppo delle capacità di leggere ed intervenire in queste situazioni complesse. Ai partecipanti verrà proposta una metodologia didattica fondata sull’attivazione personale, volta a stimolare la riflessione e tesa a favorire l’apprendimento dall’esperienza e dal confronto in gruppo.


Foto di Orlando Allo su Unsplash

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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